DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.
"Sorpresa!, ho finito di scrivere la puntata prima del previsto e l'ho postata subito. Scusatemi per il ritardo di qualche settimana, ma credetemi che ne è valsa la pena, non vi anticipo nulla, lo scoprirete solo leggendo. Doveva essere una puntata corta, invece poi mi è venuta più lunga rispetto alle altre. Ecco la l'ultima puntata, molto bella e commovente in qualche punto. Mi è venuta molto lunga, spero che vi piaccia.
Mi piacerebbe scrivere il continuo di questa storia, perché sento che questi personaggi hanno ancora molto da dire e voi vi piacerebbe?. A voi vi piace questa storia e io mi sono divertita molto mentre la scrivevo. Onestamente, ora non saprei come continuarla, ma, mi potrebbe venire in mente qualcosa. Voi come la continuereste, fatemelo sapere con un commento qua sotto.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ma lo sapete che avete letto 123 pagine!".
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CAPITOLO 10: 6 GENNAIO: RITORNO AL PASSATO
Mentre
erano lì in piedi, l’uno di fronte all’altro si guardavano negli occhi. In quegli
occhi, un po’ tristi. Non si parlavano, eppure si capivano. Nessuno di loro
sapeva che fine aveva fatto Claus. Certo, gli aveva lasciato un biglietto, ma
questo non gli bastava.
Tutti
quanti stavano in un silenzio assoluto e lentamente, la sveglia digitale, che
avevano messo sopra al caminetto, stava per segnare le ore “00:00”. Mancavano
veramente pochi secondi a mezzanotte.
Tutto
a un tratto, i loro silenzi furono interrotti dal rumore dei fuochi d’artificio
che le persone facevano esplodere all’esterno.
Un
elfo prese la bottiglia di spumante, per aprirla allo scoccare della
mezzanotte. Sì, avrebbero festeggiato lo stesso, ma non avevano più tutta
quell’allegria di prima. La scomparsa di Claus, gli aveva portato via la gioia.
Allo
scoccare della mezzanotte, l’elfo stappò lo spumante e il tappo saltò per aria,
rischiando, perfino di colpire la televisione.
Si
sa, che quando salta per aria il tappo dello spumante, è un segno di “buon augurio”.
Ma
in questo momento, non riuscivano a pensare in modo positivo.
Claus
se ne era andato.
Henry,
era molto triste, ma questa cosa la sapeva soltanto William.
Dopo,
l’elfo versò lo spumante dentro ai flute di cristallo. Tutti quanti presero il
bicchiere, cominciarono a brindare e a esprimere i loro desideri.
C’è
chi in questi momenti chiede cose futili.
William,
Daniel, Henry e i loro genitori esprimevano sempre lo stesso desiderio, ogni
volta che dovevano brindare, ma da un anno a questa parte, non si era mai
avverato.
Non
avevano mai smesso di sperare che un giorno qualcuno bussasse alla loro porta e
gli dicesse che avevano ritrovato Neal.
Allo
stesso tempo, erano anche consapevoli, che questa cosa non si sarebbe mai
potuta avverare.
Volevano
che il loro figlio, Neal ritornasse a casa, ma ogni giorno era uguale agli
altri e ogni mattina, a ogni loro risveglio non trovavano il loro fratellino.
Mangiarono
una fetta di pandoro e di panettone e dopo, non cantarono e ne ballarono, come
avevano fatto fino a poche ore prima.
Lasciarono
la sala, s’avviarono verso le scale, per poi andare nelle loro camere.
William
prese una fetta di pandoro e l’avvolse in un tovagliolino. La voleva portare a
Henry, perché prima, quando l’aveva visto s’era accorto che era molto triste.
Non
appena entrò nella loro camera, lo trovò a letto, sotto le coperte e con le
braccia stringeva le gambe che aveva portato all’altezza del petto.
Sembrava
che volesse proteggersi da qualcosa che lo aveva turbato. Si rese conto che in
quel momento non stava piangendo. Non si sapeva spiegare per quale motivo, ma
era sicuro che Henry prima aveva pianto. Il mattino successivo, gli avrebbe
chiesto delle spiegazioni.
Andò
in bagno a lavarsi i denti e incontrò suo fratello.
«Sai perché Henry, non era con noi a
festeggiare?. Gli chiese Daniel non appena vide arrivare William.
William
entrò in bagno e prese il suo spazzolino, s’avvicinò allo specchio e prima di
rispondergli sospirò.
«Non
lo so di preciso, ma quando cercavamo Claus sono entrato nella nostra stanza e
ho avuto la sensazione che Henry avesse pianto».
Daniel
smise di lavarsi i denti, per guardare il fratello con lo spazzolino ancora in
mano.
«Come?,
perché?». Gli chiese, semplicemente. Forse aveva fatto due più due: Claus
sparito e Henry triste. Forse c’era un collegamento, che ora nel bel mezzo
della notte e mezzo assonnato, non riusciva trovare.
Daniel
si voltò verso lo specchio e dopo qualche istante, William sospirò e chiuse gli
occhi; non voleva dire quello che aveva pensato fin da quando aveva visto Henry
triste.
«Glielo
chiederemmo, domani, con gentilezza. Ma… l’unica volta che l’ho visto così
triste è stato quando…, è stato quando….». William smise di parlare, non
riusciva a continuare quella frase, perché una parte del suo cuore non lo
voleva ammettere, una parte di lui, quella più piccola e irrazionale, voleva
pensare che questo era soltanto un brutto sogno e che al mattino seguente, si
sarebbe svegliato accorgendosi di aver fatto un incubo e di ritrovare il suo
fratellino perduto.
Dai
suoi occhi cominciarono a scendere delle lacrime, d’altronde le emozioni del
cuore non le puoi imprigionare dentro una gabbia; certo, puoi anche farlo, ma
prima o poi esploderanno e dovrai fare i conti con la realtà.
Come
per non farsi vedere dal fratello, si portò una mano sugli occhi per
asciugarseli, ma Daniel lo vide piangere attraverso il vetro dello specchio.
Dopo,
si voltò verso di lui e lo guardò per qualche istante. Daniel s’avvicinò al
fratello e dopo pochi istanti, lo strinse forte a se, con un abbraccio pieno
d’amore e d’affetto.
«So
cosa stavi per dire!». Gli disse, prendendolo alla sprovvista.
Per
qualche istante smise di parlare, chiuse gli occhi e anche a lui s’inumidirono;
quel dolore era presente anche nel suo cuore.
«Anche
se ho qualche anno meno di te, ti capisco e so che cosa ti passa per la testa.
So che l’ultima volta che l’hai visto così triste è stato quando si sentiva in
colpa per aver perso di vista nostro fratello. Se devi piangere fallo pure». Lo
strinse ancora più forte a se.
Rimasero
così, fermi nel silenzio più assoluto e solo quando ritrovarono le loro paci
interiori, si sciolsero dall’abbraccio.
Daniel andò in camera si mise il pigiama e s’infilò sotto le coperte,
tappandosi fin sopra la testa, per fare in modo che i brutti pensieri uscissero
fuori.
Anche
William, dopo essere uscito dal bagno andò subito a dormire.
Così
era passata una notte, una notte diversa dalle altre, la prima notte; quella in
cui, anche simbolicamente, si poteva dire di poter cominciare da capo e
prefissarsi nuovi obiettivi.
Si
svegliarono quando le prime luci della mattina cominciarono a invadere la loro
stanza.
S’alzarono,
si vestirono e dopo, andarono in cucina dove l’elfo cuoco gli stava preparando
la colazione.
Si
misero a sedere e l’elfo cuoco, gli versò il latte e il caffè nelle loro tazze.
I tre ragazzi erano ancora assonnati, visto che ieri erano andati a letto tardi
per festeggiare l’anno nuovo.
«Notizie
di Claus?». Gli chiese, William.
«No,
purtroppo». Rispose l’elfo. Henry guardò l’elfo in un modo veramente strano; un
misto tra triste e preoccupato.
A
questo punto non c’era più dubbi, secondo William, Henry sapeva qualcosa sulla
scomparsa di Claus.
Quando
incominciarono a mangiare, videro comparire sulla porta i loro genitori.
«Salve
ragazzi». Disse il loro padre e dopo, s’avvicinò a ognuno dei suoi figli per
scompigliargli i capelli in una maniera affettuosa.
«Dai,
papà!». Esclamarono in coro i tre ragazzi.
Il
loro padre si mise a sedere per fare colazione.
Anche
la loro madre s’avvicinò ai suoi figli per dargli un bacino affettuoso sulla
guancia.
«Dai,
mamma!». Esclamarono ancora in coro i tre ragazzi.
Dopo,
anche la loro madre si mise a sedere per fare colazione.
«Allora
che cosa fate di bello?». Gli chiese il loro padre.
«Davvero
t’interessa?, In questo ultim’anno non siete stati tanto presenti». Gli disse
Daniel.
Il
loro padre prima di rispondergli, guardò intensamente la loro madre e dopo, le
prese la mano e la strinse forte tra la sua.
«Le
cose possono cambiare». Gli rispose il loro padre.
«Lo
voglio sapere, lo vogliamo sapere». Gli disse la loro madre.
«Prima
di natale abbiamo aiutato Claus a confezionare i regali e adesso stiamo
aiutando sua moglie, la Befana a confezionare le calze». Gli fece sapere
William.
«Perché
non venite con noi a confezionare le calze?». Gli chiese Henry.
I
loro genitori smisero di bere il latte e guardarono negli occhi Henry.
«Certo».
Gli risposero in coro.
Quando
tutti quanti finirono di fare colazione s’alzarono da tavola, andarono nelle
loro camere per lavarsi e dopo, si recarono davanti alla porta d’ingresso dove
un elfo li stava attendendo per portarli a confezionare le calze a casa della
befana.
Uno
dopo l’altro uscirono dalle loro camere e s’avvicinarono all’elfo autista.
«Siete
tutti?». Gli chiese l’elfo.
Henry
si voltò a guardare la sua famiglia e li contò.
«Sì,
siamo tutti». Disse Henry.
Uscirono
dalla casa di Claus e s’avviarono a piedi fino alla macchina che si trovava
dentro al garage. Dopo pochi istanti partirono.
I
tre ragazzi sapevano bene la strada e conoscevano molto bene il panorama;
mentre, per i loro genitori era tutto nuovo e suggestivo.
In
pochissimo tempo arrivarono alla casa della Befana. I ragazzi e i loro genitori
scesero dalla macchina per avviarsi fino al citofono.
Henry
pigiò il pulsante del citofono.
«Chi
è?». Gli chiese un elfo.
«Siamo
noi ragazzi e i nostri genitori».
Il
cancello s’aprì e dopo, videro che anche la porta si stava aprendo. Dietro la
porta intravidero la Befana.
«Entrate
dentro, veloci, si gela». Gli disse, mentre con le mani si scaldava le braccia.
Tutti
quanti fecero una corsa e in pochi secondi entrarono in casa. Il primo dell’anno
aveva portato un clima veramente freddo. La neve era aumentata, perché aveva
nevicato molto durante la notte.
Infatti,
dietro di loro lasciarono una scia d’impronte delle scarpe; mentre camminavano,
i loro piedi affondavano nella neve.
Quando
tutti quanti entrarono dentro la casa, la Befana chiuse la porta; si
spogliarono appoggiando i giacchetti e tutta la lana che avevano addosso
all’attaccapanni, che si trovava di fronte alla porta.
Dopo,
si spostarono fino alla cucina, per scaldarsi per qualche minuto al fuoco della
legna che bruciava nel camino.
Dopo
essersi riscaldati, i tre ragazzi mostrarono quella casa ai loro genitori.
Quando
finirono, li portarono nella stanza in cui la Befana confezionava le sue calze.
«È
qui che la Befana confeziona le calze che porta in tutto il mondo». Disse Henry
ai suoi genitori.
I
loro genitori osservarono attentamente quella stanza e s’accorsero che molti
elfi stavano già confezionando delle calze.
«Ci
volete aiutare a confezionare le calze?». Gli chiese Henry.
«Ma
certo, solo che ci dovete far vedere come si fa». Gli rispose sua madre.
«Non
c’è alcun problema». Risposero i tre fratelli in coro.
Henry
s’avvicinò a un bancone e i suoi fratelli si posizionarono su un altro, per
cominciare a confezionare le calze.
«Allora
dovete prendere una calza, prendere una manciata di cioccolatini, di caramelle,
di chewingum e di frutta. E alla fine, quando la calza è piena, tirate questo
leghino per chiuderla, ci fate un nodo e poi un fiocco». Gli disse Henry.
Così,
dopo questa spiegazione i genitori di Henry, si posizionarono su un bancone e
iniziarono a confezionare le calze.
A
meno di un ora dal pranzo, passò la Befana a salutare i ragazzi e i loro
genitori. Anche se era concentrata sul suo lavoro e controllava che tutte le cose
stessero procedendo secondo la sua tabella di marcia, si vedeva che nei suoi
occhi c’era un velo di tristezza e allo stesso tempo, di preoccupazione.
«Non
essere triste». Le disse Henry, non appena la vide un po’ giù. La Befana, si
girò verso Henry, fino a incontrare i suoi occhi.
«Sono
sicuro che dovunque sia, stia bene». Disse Henry, per tranquillizzarla, ma per
William stava utilizzando un tono di voce troppo sicuro di se.
William
non aveva ancora trovato l’occasione di scambiare due chiacchiere con suo
fratello; in quella mattinata non aveva ancora avuto l’occasione di trovarsi a
quattrocchi con Henry; ma alla prima occasione, gli avrebbe chiesto delle
spiegazioni.
Ne
era certo, Henry sapeva perché Claus se ne era andato. Il fatto che nella
stessa sera Claus se ne fosse andato e che Henry fosse stato triste, non potevano
essere delle coincidenze.
La
Befana se ne andò e tutti quanti si rimisero a confezionare le calze. Verso
mezzogiorno smisero di confezionare le calze, per andare a mangiare.
Lì,
nella cucina, l’elfo cuoco aveva preparato un pranzo davvero con i fiocchi. Una
salsa di pesce per la pasta e poi, aveva perfino preparato un dolce fatto in
casa, di quelli buoni e genuini.
Dopo
qualche minuto, arrivò anche la Befana e si mise a sedere, mentre aspettava che
l’elfo cuoco scolasse la pasta.
«Claus…».
Disse la Befana e dopo, si fermò per qualche secondo. Come se pronunciare quel
nome le facesse venire un dolore nel profondo del suo cuore.
Chiuse
per qualche istante gli occhi, come per ritrovare la sua calma interiore.
«Mi
aveva detto che vi aveva portato con lui la notte in cui ha consegnato i
regali, se volete potrei portarvi anch’io a fare il giro del mondo». Gli
propose la Befana.
Henry
sorrise prima di parlare.
«Ma
certo». Le rispose Henry.
«Veniamo,
certo che veniamo». Esclamò Daniel.
«Non
vedo l’ora». Disse anche William.
Nel
frattempo l’elfo cuoco scolò la pasta nel lavello, la mise nella ciotola, dove
prima aveva preparato il sugo fatto in casa.
Dopo,
cominciò a versare la pasta nei loro piatti.
«C’è
solo un problema?». Disse la Befana e dopo, tutti quanti la guardarono negli
occhi.
«Ovvero?».
Le chiese William.
«Non
potete venire con la mia scopa, perché ogni scopa può far volare una persona.
Dovete imparare a volare sulla scopa. Tutti i pomeriggi vi dovrete allenare con
me». Gli disse la Befana.
«Ci
stiamo, impareremo». Dissero in coro i tre fratelli.
Si
misero a mangiare sia la pasta e sia il dolce e dopo essersi riposati, sarebbero
andati subito in giardino.
I
loro genitori, continuarono invece a confezionare le calze, avevano deciso di
non andare con la Befana.
«Andiamo».
Gli disse la Befana.
Tutti
quanti, prima d’uscire, si misero le giacche, le sciarpe, i guanti e i
cappellini.
«Allora!,
ci siamo». Gli disse la Befana.
«Dovete
starmi a sentire e stare molto attenti, se cadete dalla scopa, mentre siete in
volo, vi farete molto male». Disse ancora la Befana, per fargli capire che non
era un gioco.
Un
elfo uscì dal garage con in mano quattro scope. I tre ragazzi le guardarono e
all’apparenza gli sembrarono quelle semplici scope che avevano nella loro casa.
L’elfo
posò per terra le scope, ai piedi della Befana.
«Venite
a prendere la scopa e appoggiatela per terra, di fianco a voi». Gli disse la
Befana.
I tre ragazzi fecero come gli aveva detto la
Befana.
«Che
figo!». Esclamò Henry.
William,
Daniel e la Befana si voltarono verso di lui.
«Sembra
di essere in Harry Potter, ve la ricordate quella scena in cui imparano a
volare e continuano a dire su alla scopa, troppo divertente quella scena. Lo conosci
anche te Harry Potter?». Chiese Henry alla Befana.
«Certo
che lo conosco». Gli rispose.
«Come
mai, queste scope volano e le nostre di casa no?». Chiese William alla Befana.
«È
un segreto, è una magia fatta dagli elfi e in parte, incide anche il legno
utilizzato. Il legno delle scope proviene dalla Lapponia». Gli disse.
Così,
i tre ragazzi cominciarono a prendere confidenza con la loro scopa.
«Ora
prendete la scopa e mettetela tra le gambe. E per partire vi dovete dare una spinta con i piedi».
I
ragazzi fecero come gli aveva detto la Befana e pochi minuti dopo, si
ritrovarono sospesi per aria a pochi metri da terra.
«Ora
è semplice, per girare a destra vi dovete piegare a destra con il corpo, per
andare a sinistra fate il contrario, per scendere inclinate dolcemente la scopa
verso il basso e per andare avanti prima inclinate la scopa verso l’alto e poi,
procedete in modo dritto».
I
ragazzi cominciarono a prendere confidenza con la scopa. Prima impararono a
frenare e poi, a tornare con i piedi per terra.
Dopo
diversi minuti, avevano già imparato questo procedimento. Sorridevano, mentre
il vento gli sfrecciava sulla faccia.
Non
erano mai stati così felici in tutta la loro vita.
Volavano davvero bene per essere saliti da poco in
sella a quelle scope. La Befana li controllava molto attentamente, perché in
caso di pericolo o di un loro errore, sarebbe dovuta intervenire.
Provarono
anche a cambiare direzione, prima lentamente e poi, imparando piano piano a
sterzare in un modo più brusco, nel caso in cui durante il volo avessero
trovato degli uccelli.
Alla
fine di questa lezione, sapevano volare con la scopa, d'altronde, loro sono
ragazzi e si sa che loro imparano sempre in fretta.
«Siete
stati bravi, ma ci dobbiamo allenare tutti i pomeriggi e da dopo domani,
dobbiamo volare anche di notte, perché quando andremo a consegnare le calze
sarà buio». Gli disse la befana.
Vista
l’ora tarda i tre ragazzi e i loro genitori cenarono a casa della Befana e
quando ritornarono a casa di Claus, andarono subito a dormire e
s’addormentarono all’istante.
Nei
giorni seguenti fecero sempre le stesse cose, mettevano le cose nelle calze e
poi, i tre ragazzi andavano a volare con le scope.
Nei
giorni successivi, cominciarono a volare anche di notte. Volare di notte era
ancora più affascinante rispetto al volo di giorno.
Il
giorno in cui avrebbero fatto il giro del mondo insieme alla Befana si stava
sempre più avvicinando, infatti, gli elfi cominciarono a mettere le calze
confezionate nel sacco della Befana.
La
sera prima di partire William ebbe l’occasione di parlare con suo fratello.
«Ciao».
Gli disse William, mentre vide Henry intento a costruire un pupazzo di neve. La
Befana gli aveva dato il pomeriggio libero, perché poi durante la notte
avrebbero dovuto fare il giro del mondo e perciò, dovevano essere belli svegli.
A
terra aveva una carota, per fare il naso, una sciarpa, due bottoni neri per
fare gli occhi, un filo rosso per fargli la bocca e dei rami secchi per fargli
le braccia.
Henry
si voltò verso il fratello.
«Ciao».
Gli disse e dopo si voltò verso il pupazzo.
«Ti
posso aiutare con il pupazzo di neve?». Gli chiese, mentre s’abbassava con le
ginocchia per mettersi a sedere sulla neve.
«Certo».
Gli rispose.
Per
qualche minuto, William aiutò Henry a costruire il pupazzo.
«Ti
voglio parlare, è già da qualche giorno che ti voglio parlare, ma non ho mai
trovato l’occasione giusta». Gli disse, con molta semplicità.
«Non
credo che quella sera sia stata una coincidenza». Gli disse per girare intorno
all’argomento, per non spaventarlo e per non farlo chiudere a riccio.
«Quale
sera?». Gli chiese ingenuamente, ma forse dentro di se aveva capito di quale
sera stava parlando.
«La
sera dell’ultimo dell’anno, quando Claus se ne andato e te eri triste e avevi
pianto. Non possono essere coincidenze, no, non possono». Disse ancora, poi, si
voltò e guardò in faccia suo fratello. Gli occhi di Henry stavano diventando
sempre più tristi e inumiditi da delle lacrime che stavano bloccate dietro ai
suoi occhi.
Henry,
voltò lo sguardo, non riusciva più a guardare negli occhi suo fratello. William
l’aveva messo di fronte a una costatazione che era la verità.
«Che
cos’è successo tra te e Claus? E come mai non eravate a festeggiare insieme a
noi?». Gli fece subito le domande dirette, voleva arrivare subito al dunque.
William
stava aspettando una risposta dal fratello, che se ne stava a sedere con la
testa chinata verso la neve.
«Perché
hai pianto quella sera?». Gli chiese ancora.
Dopo
questa domanda, Henry si voltò verso il fratello. I suoi occhi erano bagnati
dalle lacrime, che lentamente gli avevano rigato la faccia. Era un pianto
silenzioso, ma non per questo meno doloroso.
«È
vero, ho pianto quella sera e ho parlato con Claus». Ammise Henry. Dopo
s’avvicinò al fratello e gli si gettò tra le braccia, per abbracciarlo, allora,
William lo strinse a se e lo lasciò sfogare.
Quando
si calmò, Henry si mise a sedere davanti al fratello.
«Claus
aveva capito che in me c’era qualcosa che non andava, aveva capito che
nonostante fossi felice e sorridente, nel mio cuore aleggiavano le tenebre.
Allora,
gli ho dovuto raccontare di Neal». Gli disse Henry e dopo, gli raccontò tutti i
particolari della conversazione che aveva avuto con Claus.
«Allora
credi che sia andato a cercare Neal?». Gli chiese William.
«Certo,
sono abbastanza sicuro che sia questo il motivo». Gli rispose, mentre con una
mano stringeva la neve.
«Per
quale motivo, non l’hai detto agli altri?, perché non hai detto dov’è andato
Claus?». Gli chiese.
«Se
glielo dico e poi Claus torna a mani vuote, saranno un’altra volta tristi. E io
non voglio vedere ancora i nostri genitori in quello stato, non lo vedi come
sono felici, non lo vedi come ora sembriamo una famiglia felice e che ci
vogliamo bene. Io questa cosa non la voglio perdere, visto che in passato abbiamo
passato dei momenti non proprio belli». Gli faceva onore questa cosa.
«Ti
vuoi accollare, tutto il peso… anche
questa volta, perché?». Gli chiese.
«Perché
è successo tutto per colpa mia».
«No,
non è assolutamente vero, sarebbe potuto succedere a me o a Daniel».
«Però
è successo a me». Disse Henry e a quella frase secca, William non sapeva
rispondere.
«Perché
hai sempre difeso le mie idee?, perché hai voluto a tutti costi, far si che io
salvassi il natale?, perché mi hai appoggiato?, quando ci poteva essere la
possibilità che i nostri genitori s’arrabbiassero con te e che ti mettessero in
punizione a vita». Gli chiese, incuriosito. In passato gli aveva già fatto
questa domanda, ma gli aveva sempre dato
una risposta non del tutto sincera.
«Perché
anch’io mi sento in colpa nei tuoi confronti, se fossi stato li con te non
sarebbe successo niente». Gli occhi di William, s’inumidirono per sfogare in un
pianto straziante, stava buttando fuori di se tutte quelle lacrime, che durante
quest’ultimo anno aveva tenuto imprigionato dentro di se.
Henry
si sporse in avanti per poter abbracciare il fratello.
Nei
giorni precedenti, i tre ragazzi si erano fatti preparare dei vestiti su
misura, per far si che fossero uguali a quelli della Befana.
Gli
elfi sarti, gli avevano creato dei vestiti in stile moderno, facendo in modo
che sembrassero vecchi e rovinati.
Il
giorno prima di partire, i tre ragazzi si provarono i vestiti e s’accorsero che
gli stavano a pennello, insomma, gli stavano veramente bene.
La
sera del cinque gennaio partirono insieme alla Befana, per fare il giro del
mondo e consegnare a tutte le persone le calze piene di cose buone da mangiare.
In
alcune calze la Befana aveva messo anche il carbone vero, quello che si usa per
fare la brace; avrebbe consegnato quel tipo di carbone a tutte le persone che
non si erano comportate bene.
Per
la Befana, non era giusto dare il carbone dolce a chi si era comportato male.
I
tre ragazzi si misero a cavallo della
scopa e con uno slancio dei piedi, s’innalzarono nel cielo. Davanti ai loro
occhi vedevano solo il buio intenso della luna. Il cielo era illuminato
soltanto dal calore della luna, che era così tonda e risplendente. C’erano
anche delle stelle così luminose e splendenti, ogni tanto si fermavano a
guardarle e riuscivano anche a riconoscere le costellazioni.
Anche
i tre ragazzi avevano un sacco legato sulle spalle, infatti avevano deciso di
dividersi il peso, per non far portare
tutto alla Befana.
Fecero
il giro del mondo e come con Claus, entrarono casa per casa per lasciare la
calza sotto all’albero, poi, dopo aver mangiato il cibo che le persone gli
lasciavano, se ne andavano e passavano a un’altra casa.
Per
i tre ragazzi, fu un’esperienza ancora più bella di quella che avevano avuto
con Claus, perché erano loro a guidare la loro scopa; invece, quando avevano
fatto il giro del mondo insieme a Claus non avevano guidato la slitta.
In
questa notte magica, c’erano migliaia di cuori che battevano per una vecchietta
che portava dolcezza, in un mondo devastato dalla crisi. Il viaggio durò
ventiquattr’ore e il cielo era sempre scuro, perché passando da una nazione
all’altra, cambiava il fuso orario.
Si
sentivano stanchi, ma l’adrenalina, in qualche modo contrastava la loro
stanchezza. Erano felici, tanto che i tre ragazzi ogni tanto sorridevano.
William
e Henry, dopo quella discussione sulla scomparsa del loro fratellino, Neal
erano diventati un po’ tristi; anche se ormai era passato un anno, gli mancava
da morire.
Questo
viaggio era riuscito a rasserenarli e almeno per quelle ore, non avevano
sentito il dolore, per la scomparsa.
«C’è
l’abbiamo fatta». Disse la Befana, dopo aver consegnato l’ultima calza.
«Già!».
Le rispose Henry.
«Siete
stanchi?». Gli chiese la Befana.
«Un
po’». Le rispose William.
Si
rimisero a volare in fila indiana e uno dietro l’altro, seguivano la Befana.
Dopo qualche ora, arrivarono a casa di Claus, dove li attendevano i loro
genitori.
Non
appena videro da lontano la casa di Claus, cominciarono a scendere di quota,
per poi atterrare nel giardino di fronte alla casa.
Dopo
pochi instanti, videro la porta si stava aprendo e dietro, i loro genitori che
gli stavano sorridendo. Uscirono di casa per andare in contro ai loro figli e
dopo, gli abbracciarono per stringerli a se.
I
loro genitori gli strinsero uno per uno, poi gli dettero perfino dei bacini
affettuosi sulla guancia, da quando era sparito il loro fratellino Neal, non
erano più stati così affettuosi.
«Vi
siete divertiti?». Gli chiese la loro madre.
«Certo».
Le rispose Henry e dopo, le fece un sorriso veramente felice. I tre ragazzi
tenevano ancora in mano le scope.
«È
stato veramente divertente volare di notte con il vento che ci veniva in
faccia, è stato bello sentire i profumi di tutto il mondo e la cosa più bella è
il pensiero di aver strappato un sorriso a tutte quelle persone che apriranno
quelle calze». Le disse ancora Henry.
I
tre ragazzi si sciolsero dall’abbraccio dei loro genitori.
«Anche
questa volta, ho strappato un sorriso, per la seconda volta, a tutti quelli che
per colpa della crisi si sentivano vuoti dentro». Disse Henry ai suoi genitori,
mentre i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime di felicità.
In
quell’istante, per puro caso Henry e i suoi genitori si guardarono dritti negli
occhi; fu solo per un attimo, eppure, fu come se si fossero letti fin dentro il
loro io più profondo.
«Mi
dispiace». Disse sua madre.
«Mi
dispiace anche me». Disse anche suo padre.
«Non
dovevamo impedirti di venire qui». Disse ancora sua madre mentre, con le dita gli
massaggiava dolcemente la sua mano.
«Dovevamo
capirti». Disse ancora suo padre. Le parole dei suoi genitori venivano
direttamente dal loro cuore.
Henry,
non seppe resistere, andò in contro ai suoi genitori e li strinse a se in un abbraccio
pieno d’amore.
«Vi
avevo già perdonati». Gli disse, mentre teneva la testa appoggiata sulle spalle
dei suoi genitori. Anche i suoi genitori lo abbracciarono a se.
«Anzi,
a dire la verità, non c’è l’ho mai avuta con voi, io vi voglio bene». Gli disse
e in quell’istante chiuse gli occhi.
Un
vento leggero, gli scapigliava i loro capelli.
«Non
è mai stata colpa tua». Gli disse sua madre e in quell’istante, Henry spalancò
gli occhi.
«Non
è mai stata colpa tua se Neal è sparito,
lo so che ti senti in colpa e che non ne abbiamo mai parlato, ma non è stata
colpa tua, sarebbe potuto succedere a chiunque». In quell’instante, Henry
chiuse gli occhi per scacciare le lacrime. Allo stesso tempo, era sia triste
che felice; i suoi genitori gli avevano tolto un peso sulla coscienza.
«Anch’io
gli ho detto che non si doveva sentire in colpa». Disse William ai suoi
genitori.
«Non
ti devi sentire in colpa, sarebbe potuto accadere a ognuno di noi». Gli disse
Daniel.
«Figliolo,
ti vogliamo bene, non ti devi sentire in colpa, noi ti vogliamo vedere felice e
non con questo peso sul cuore». Gli disse anche suo padre. In quel momento
Henry, per la prima volta, incominciava a capire che forse, non si doveva
sentire in colpa.
Anche
William e Daniel, raggiunsero i loro genitori e insieme s’abbracciarono, con un
abbraccio pieno d’amore, finalmente erano tornati a essere la famiglia di un
tempo.
Dopo,
i tre ragazzi e la Befana, andarono a riposare per qualche ora. Ora sarebbero
andati a riposare in modo sereno, ora erano di nuovo una famiglia.
I
loro genitori aiutarono l’elfo cuoco a preparare il pranzo. Quel giorno e quel
pranzo, erano qualcosa di diverso, un nuovo inizio per una famiglia che si era
appena ritrovata e riuscita a perdonarsi.
I
loro genitori andarono nella loro camera per svegliarli.
«Sveglia».
Disse la loro madre e dopo, s’avvicinò ai suoi figli per scuoterli sulla spalla
e farli svegliare.
«È
pronto il pranzo, svegliatevi». Disse il loro padre.
«Svegliatevi!».
Esclamò la loro madre, mentre s’avvicinava alla finestra per aprire
l’avvolgibile. Dopo qualche istanti, una luce entrò dalla finestra e illuminò
tutta la stanza.
«Svegliatevi,
che dopo pranzo facciamo una partita a calcio con la Befana». Gli disse il loro
padre.
La
Befana era così stanca che non se l’era sentita di tornare a casa sua; ma aveva
deciso di dormire nella stanza di Claus. Si spogliò e dopo, si mise sotto le coperte, aveva bisogno di
sentire l’odore di Claus.
I
tre ragazzi scesero fino alla cucina per mangiare e dopo, aprirono le calze che
gli aveva regalato la Befana.
Per
loro non c’era il carbone, d’altronde erano stati molto bravi, arrivando
perfino a salvare il natale.
Quando
finirono di mangiare, si vestirono per fare una partita di calcio. Avevano
improvvisato le porte, con degli alberi.
Avevano
fatto due squadre: i tre ragazzi contro i loro genitori e la Befana. Giocavano
e sorridevano, anche se era una partita amichevole e per passare il tempo, non
si davano per vinti, infatti, i tre ragazzi non scherzavano quando tiravano la
palla.
Daniel
tirò un calcio alla palla, così potente che dopo aver rimbalzato per terra,
superò il muro di cinta per poi andare a finire lontana.
«Che
tiro fratello!». Esclamò William e dopo, s’avvicinò al fratello e gli dette una strinta di mano davvero forte.
«Già,
sono bravo». Gli rispose William.
«Vado
a prendere la palla». Disse Henry.
Henry
s’avvicinò al cancello per aprirlo e andare nella strada a recuperare la palla.
Per qualche istante, si mise a cercarla, ma non la trovò. Allora, si guardò
meglio attorno e s’accorse che era finita sotto una macchina.
S’abbassò
per terra, si sdraiò e allungò un braccio per recuperare la palla che s’era
incastrata in mezzo alla macchina. La tirò verso di se per prenderla, dopo
s’alzò. Stava per tornare nella casa di Claus, quando, per pura casualità,
guardò dritto davanti a se, c’era qualcosa che aveva attirato la sua
attenzione.
«Quanto
ci mette». Disse il loro padre. Attesero in silenzio il ritorno di Henry.
Henry
s’incamminò lungo la strada, quando all’improvviso i suoi occhi videro
qualcosa, che in quel preciso istante, non se lo sarebbe mai aspettato. Guardò
dritto davanti a se e rimase immobile e senza parole.
Gli
cadde la palla dalle mani e lentamente, cominciò a rimbalzare per terra. Bum…
bum… faceva la palla, come il suo cuore,
che in quel preciso istante, stava battendo all’impazzata.
All’improvviso,
gli cedettero le gambe e senza nemmeno accorgersene, s’accasciò per terra. Era
come in trance: i suoi occhi guardavano davanti a se e la sua parte più
razionale, non riusciva a capire se quello che vedeva con gli occhi era la
realtà.
Se
fosse stato un sogno, il suo io interiore gli stava giocando un tiro veramente
crudele.
Henry
rimase immobile e in quel preciso istante, gli sembrò che il tempo si fosse
fermato.
Guardava
solo davanti a se e dopo, i suoi occhi incominciarono a inumidirsi per poi,
sfociare in un pianto, che lentamente gli cominciò a rigare la faccia.
Dopo
qualche istante, s’accorse che quello che vedeva davanti agli occhi era reale.
Henry incominciò a sorridere e dopo qualche secondo, accadde una cosa che
avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita.
Spalancò
le braccia verso l’esterno, aprì i suoi occhi e sulla sua bocca comparve un
sorriso.
Lentamente
Claus, s’avvicinò verso di Henry; ma non era solo, con lui c’era suo fratello
Sulac.
A
fianco di Claus c’era qualcuno, che gli teneva la mano, camminavano fianco a fianco.
C’era
Neal a fianco di Claus, che lo stava tirando per andare da Henry. Era sempre il
solito bambino, un po’ più alto di qualche centimetro, aveva i capelli
leggermente più lunghi, ma i suoi riccioli erano sempre belli. I suoi occhi,
erano sempre uguali; non erano per niente tristi, come se per lui il tempo non
fosse mai passato.
Neal
incominciò a correre verso di Henry e dopo, spalancò la bocca per poi sfociare
in un sorriso.
Quando
si trovò a pochi centimetri da Henry, Neal fece un salto e si gettò tra le
braccia del fratello.
Neal
abbracciò il fratello e appoggiò la sua testolina sulla sua spalla. Anche
Henry, lo strinse forte a se e appoggiò la testa sulla spalla di suo fratello.
Quello
era un abbraccio pieno d’amore.
Henry
chiuse gli occhi e annusò il suo fratello, gli era mancato da morire il suo
odore; odore di bambino che si sporca e suda per giocare.
Si
sciolsero dall’abbraccio e tutti e due avevano le lacrime agli occhi.
«Non
è mai stata colpa tua». Gli disse Neal,
con la sua innocenza e la sua vocina da bambino.
Henry
lo guardò intensamente negli occhi, ora non aveva più il peso che gli schiacciava
il cuore, ora, era libero da tutto e da tutti.
Certo,
i suoi genitori l’avevano già perdonato, ma il perdono di suo fratello era
molto diverso; Neal era l’unica persona in grado di non farlo sentire più
incolpa.
Henry
s’alzò da terra e anche Neal si mise in piedi. Dopo, Henry, prese il suo
fratellino da sotto le ascelle, lo alzò da terra e lo fece volteggiare intorno
a se. Dopo qualche secondo, Henry lo strinse a se e Neal gli mise le mani
intorno al collo.
Claus
e Sulac, osservavano la scena dei due fratelli con le lacrime agli occhi,
perché quel momento era così magico.
«Grazie».
Disse Henry a Claus, eppure con quella sola parola gli disse tante cose, che in
quel momento, preso dall’emozione non riusciva a pronunciare.
«Ma
quanto ci mette?». Chiese Daniel a tutti quanti.
«Dov’è
andato a prenderla quella palla?, sulla luna?». Chiese anche William in un modo
veramente ironico.
I
loro genitori nel frattempo stavano parlando con la Befana. William e Daniel
uscirono dal cancello e andarono sulla strada. Stavano sorridendo, fino a
quando guardarono dritti davanti a loro.
Videro
Henry, la palla, Claus, Sulac e il bambino biondo che Henry aveva stretto a se.
Al’inizio
non capirono chi fosse quel bambino, anche perché si trovavano troppo distanti.
Incominciarono
a correre e in quell’istante, gli sembrava che il tempo si fosse fermato,
sarebbe stato molto bello se quello che gli era passato per la testa fosse
diventato la realtà. I loro cuori battevano all’impazzata e all’improvviso,
come per farsi coraggio si strinsero la mano.
Quando
arrivarono a pochi metri da Henry, s’accorsero che accanto a lui c’era lui,
il loro fratellino.
Incominciarono
a piangere, lacrime di gioia, lacrime che un anno fa erano uscite per il dolore
e il senso di vuoto, invece, ora erano di pura gioia.
Entrambi,
presero Neal in collo e lo strinsero dolcemente al loro petto.
Dopo
tutti e quattro i fratelli s’abbracciarono, stando immobili per qualche minuto.
Non
vedendoli arrivare i loro genitori e la Befana uscirono dal cancello. La Befana
vide il suo marito, Claus e i genitori dei tre ragazzi, videro che insieme ai
suoi figli, c’è n’era un altro, più piccolo e con i capelli biondi.
Anche
loro non potevano credere a quello che vedevano davanti ai loro occhi, ma non
erano sicuri, che quel bambino fosse Neal.
Certo, gli assomigliava tuttavia, era leggermente diverso.
S’incamminarono
verso i loro figli, camminando lentamente. L’attesa e la speranza, si
concentrarono tutti in quei pochi secondi. I loro cuori battevano all’impazzata
e i loro occhi, che avevano pianto tutte le loro lacrime, da quando era
scomparso, ora stavano piangendo dalla felicità.
Non
appena s’accorsero che li davanti a loro c’era Neal, il figlio che avevano
perso un anno fa.
«Neal?».
Lo chiamò sua madre.
Neal
si voltò verso la madre e le fece un sorriso.
«Ciao,
mamma». Le disse, non si era dimenticato di sua madre. Dopo aprì le braccia e
sua madre s’abbassò per prenderlo in braccio e stringerlo a se.
Stringeva
suo figlio, il figlio che ormai pensava di non vedere mai più, se non nei suoi
sogni durante la notte o quando chiudeva gli occhi.
Tutti
quanti entrarono in casa, si misero a sedere sulle sedie nell’attesa di sentire
come aveva fatto Claus a ritrovare Neal.
«Henry,
mi ha raccontato di Neal e io vedevo quanto soffriva, l’avevo già capito che
soffriva per qualcosa, ma mai mi sarei aspettato questa cosa.
Ho
capito che dovevo fare qualcosa, ritrovare il suo fratello era l’unica cosa che
potevo fare per non fare più soffrire Henry.
Così
me ne sono andato senza dire niente, non volevo darvi false speranze, in questo
modo vi avrei fatti soffrire di più.
La
sera stessa, ho contattato un investigatore molto bravo, che mi doveva un
favore e insieme ci siamo messi a investigare.
Sono
riuscito a prendere una foto di Neal dal profilo facebook di Henry e poi lo
studio del mio investigatore, è riuscito a fare un invecchiamento di un anno.
Dopo,
ho condiviso questa foto sul mio profilo di facebook e ho chiesto a tutti di
condividerla, perché quello nella foto era il fratellino scomparso di quello
che aveva salvato il natale.
Ci
sono state tante condivisioni.
Abbiamo
anche iniziato a prendere i fascicoli del caso della scomparsa di Neal per
vedere se avevano tralasciato qualche dettaglio. Siamo stati tante ore a
cercare tra quei fascicoli, fino quando mi arriva una notifica di facebook, di
una donna che mi diceva che aveva già visto quel bambino. Così, ho preso la
palla al balzo e le ho chiesto se aveva una foto di quel bambino, visto che io
e l’investigatore, non riuscivamo a trovare niente in quei fascicoli della
scomparsa di Neal.
Pochi
minuti dopo è arrivata quella foto, l’abbiamo vista, poi stampata e ci siamo
accorti che c’era troppa somiglianza. Allora, le abbiamo chiesto dove aveva
visto Neal.
Dopo,
abbiamo deciso di sfruttare mio fratello, Sulac, per capire come agire al
meglio.
Siamo
andati a casa di quella famiglia e poi, abbiamo scoperto che avevano rapito
vostro figlio.
Neal
aveva camminato tanto quel giorno, questa famiglia l’aveva rapito e avevano
detto a Neal che voi eravate morti. E alle altre persone dicevano che l’avevano
adottato, ma tutto bene quello che finisce bene.
Dopo
aver dimostrato che lui era veramente Neal, in modo veloce grazie all’aiuto di
mio fratello, l’abbiamo riportato qui». Disse Claus.
«Aspettate!».
Gridò la Befana, mentre correva verso i ragazzi. I ragazzi si fermarono e si
voltarono verso la Befana.
La
Befana aveva due scope per mano.
«Queste
sono vostre». Gli disse, mentre allungava le mano verso i ragazzi per dargli le
scope.
«Davvero?».
Gli chiese William.
«Certo,
così potrete volare, insegnarlo a Neal e tenervi in allenamento e… magari… e
magari tornare l’anno prossimo per consegnare le calze insieme a me?».
«Certo».
Gli rispose Henry e dopo, guardò i suoi genitori come per chiedergli il
permesso.
«Certo».
Gli risposero i suoi genitori in coro.
«Ehi!».
Esclamò Claus e dopo, mise un braccio sulla spalla della Befana.
«Dovete
anche consegnare i regali insieme a me». Disse ancora.
«Certo».
Gli rispose Daniel.
I
ragazzi e i loro genitori, andarono a fare le valigie e dopo, a due ore dal
loro volo, Claus, la Befana e Sulac li salutarono con baci e abbracci.
Se
ne stavano andando, stavano tornando a casa: erano venuti in tre, poi si erano
aggiunti i loro genitori e infine, si era aggiunto il loro fratellino.
Henry
aveva salvato il mondo e il mondo aveva salvato Henry.
RINGRAZIAMENTI.
Visto
che in tutti i libri ci sono i ringraziamenti, li voglio fare anch’io. Prima di
tutto voglio ringraziare tutti quei lettori, che mi hanno seguita fino a qui e
che si sono appassionati a questa storia, settimana dopo settimana.
Voglio
ringraziare te che hai letto la mia storia, anche se a volte non riuscivo a
essere puntuale con la pubblicazione dei capitoli. Mi scuso se a volte non
riuscivo a essere puntuale, ma a volte mi capita di non riuscire a scrivere e
prima di scrivere qualcosa che non mi convince preferisco, rimandare la
scrittura e la pubblicazione.
Ringrazio
anche tutti quelli che leggeranno in futuro questa storia e che la
condivideranno sui loro blog.
È
sempre dura mettere la parola fine a una
storia, perché a differenza di quando leggo un finale di un libro, sento più
miei quei personaggi. Allo stesso tempo è bello portare a termine una storia,
poi rileggerla e accorgermi d’aver scritto qualcosa che mi piace.
Era
già da un po’ di tempo che avevo in mente questa storia e sono contenta di
averla potuta condividere con voi. Trovo che sia una bella storia, piena di
speranza, con un bel messaggio e con dei personaggi davvero ben caratterizzati.
Ciao ^^ ho visto che sei passata da me qualche giorno fa :3 scusa se non sono passata subito ma me ne sono scordata :P ma ora eccomi qui, iscritta al tuo blog :3 sono pronta a farmi un bel giretto *.*
RispondiEliminaGrazie per esserti iscritta. Curiosa pure!. Ciao.
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