DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.
"Questa settima non riuscivo a scrivere la storia, non trovavo l'ispirazione, ovvero quella voglia matta che mi porta a non voler mai smettere di scrivere. Mi scuso del mega ritardo, ma prima di postarvi qualcosa di brutto ho preferito aspettare.
La prossima settimana scoprirete come farà Henry a salvare il natale, secondo voi come fa?, scrivetemelo nei commenti.
La prossima settimana scoprirete come farà Henry a salvare il natale, secondo voi come fa?, scrivetemelo nei commenti.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata l'8 Dicembre".
CAPITOLO 5: 1 DICEMBRE - PRENDERE DELLE DECISIONI
Claus
era rimasto lì, al centro di quella stanza immensa, che lentamente si stava
svuotando, rimanendo così vuota, come il vuoto che si era creato nel suo cuore.
Sentiva
i passi delle persone che scendevano le scale. Dopo qualche minuto, la stanza
si svuotò completamente.
C’era
un silenzio spaventoso, c’era troppo silenzio.
“Come farò a salvare il natale”. Si
chiese Claus, mentre dai suoi occhi scendevano delle lacrime.
Ora,
erano così disperati da essere alla canna del gas; era impossibile salvare il
natale, come poteva salvarlo senza i soldi; ci sarebbe voluto un miracolo.
Claus,
s’alzò da terra e guardò per qualche istante, il fratello negli occhi.
Dopo
qualche secondo, fece un passo verso il fratello e l’abbracciò; aveva davvero
bisogno di lui, aveva bisogno di un conforto.
«Ti
voglio aiutare». Gli disse Sulac, non appena vide tutta quella sofferenza negli
occhi del fratello. L’avrebbe aiutato ugualmente, perché era suo fratello e i
loro genitori gli avevano sempre spiegato che quando qualcuno aveva un problema
grosso, quel problema diventava di tutti.
Claus,
si sciolse dall’abbraccio e lo guardò per qualche istante dritto negli occhi;
sospirò e poi, chiuse gli occhi.
«Grazie,
ma tu hai un governo mondiale da mandare avanti, il mio lavoro in confronto al
tuo, non significa niente».
«Non
è assolutamente vero, anche il tuo è importante e poi, siamo quasi a dicembre e
non ho molto lavoro da fare e anche se dovessi fare qualcosa, ho sempre un
vice, che fa esattamente quello che gli dico». Gli disse e attese una sua
riposta.
«Beh!».
Esclamò Claus.
«Se
la metti così, sei il benvenuto, ho bisogno di un’idea miracolosa per salvare
questo natale e io, non so più che fare». Disse continuando dopo qualche
secondo.
Uscirono
dalla sala del governo, per avviarsi a piedi fino al piccolo albergo, dove qualche
ora prima, avevano affittato una stanza.
Stavano
attendendo che Sulac facesse le valigie e li raggiungesse per partire insieme a
loro il giorno dopo.
Dopo
qualche ora, qualcuno bussò alla porta e Claus s’alzò dal letto per andare ad
aprirgli. Si trovò di fronte Sulac, suo fratello, lo fece entrare e accomodare
sul suo letto.
Dormirono
e al mattino seguente, s’alzarono presto per andare a prendere l’aereo.
Il
viaggio sarebbe stato molto lungo e sarebbero atterrati nel primo pomeriggio.
Nel
tardo pomeriggio avrebbero dovuto rimettersi a fare tutto ciò che era
necessario per salvare il natale.
Erano
arrivate molte lettere e i suoi elfi, anche in sua assenza, avevano catalogato
tutti i regali che volevano le persone.
Avevano
anche continuato a costruire e a comprare i regali.
«Fratello,
mi dovrai aiutare a trovare una soluzione. Te tieni apposto in conti di tutto
il mondo e credi di essere in grado di trovare una soluzione al mio problema».
Gli chiese Claus.
«Vedrò
cosa posso fare, la situazione non è facile». Sulac si mise le cuffie nelle
orecchie e si mise a dormire; era veramente stanco, perché negli ultimi giorni
aveva lavorato molto per il suo governo.
Atterrarono
nel primo pomeriggio, esattamente come era previsto.
Scesero
dal’aereo e attesero di riprendere i loro bagagli. Dopo, uscirono
dall’aeroporto e s’avviarono verso il parcheggio dove li aspettava un elfo con
la macchina.
Non
appena l’elfo se li vide venire incontro, notò subito che qualcosa era andato
storto, perché le loro facce erano prive
d’emozioni.
Vide
con loro due un’altra persona, che però, non riusciva a riconoscere.
Quando
Claus, l’elfo e Sulac s’avvicinarono alla macchina, misero subito i bagagli nel
bagagliaio.
«Ciao».
Disse l’elfo che era venuto con la macchina.
«Ciao».
Gli rispose Claus, con un tono di voce d’avvero spento.
«Non
è andata bene?, immagino?». Gli chiese, anche se dalla sua faccia poteva capire
la risposta.
«No».
Disse, Claus non aveva voglia di parlare; aveva solo voglia di piangere e
gridare, ma non lo poteva fare, non poteva e non voleva deludere tutti quelli
che gli scrivevano.
«Questo
è mio fratello, Sulac, Il governatore del mondo». Gli disse poco prima.
L’elfo
e Sulac si strinsero la mano.
«Mi
sembrava d’averla già vista in
televisione e in rete».
«Ti
prego dammi del tu, visto che dovremmo lavorare tutti insieme».
«Noi
elfi, non c’arrenderemo». Dissero i due elfi incoro.
«Neanche
io m’arrendo». Disse Claus.
«Anch’io,
non mi arrendo e metterò a vostra disposizione la mia conoscenza economica».
Disse Sulac.
Dopo
qualche istante, si misero a ridere; avevano ritrovato quella grinta e quella
voglia di lottare, contro questo mondo che stava diventando sempre più crudele.
Montarono
in macchina e s’avviarono alla casa di Claus.
Quando
arrivarono a casa, si riposarono giusto il tempo di farsi una doccia e di
mettere qualche cosa sotto i denti.
Dopo,
con gli occhi tristi e allo stesso tempo pieni di speranze andarono nella
stanza dell’elfo contabile a trovare una soluzione.
La
situazione si stava complicando sempre di più e i loro problemi, aumentavano giorno dopo giorno; ma nonostante
questo, la loro grinta nel riuscire a portare a termine il natale del 2013, era
molto alta.
Claus
e Sulac si misero a sedere di fronte all’elfo con contabile.
Se
ne stettero per qualche istante in silenzio; ognuno di loro stava decidendo sul
da farsi.
Sulac
aveva con se il suo tablet in cui aveva già cominciato a fare dei conti; chi
meglio di lui poteva salvare il natale, visto che amministrava il denaro di
tutto il mondo.
«Potrei
trovare un modo per capire a chi consegnare o non consegnare i regali?».
Propose Claus.
L’elfo
contabile alzò gli occhi dal suo computer e lo guardò per qualche istante negli
occhi.
«Sì,
sarebbe possibile».
Claus
chiuse per qualche istante gli occhi e quando li riaprì, se li trovò
leggermente velati dalle lacrime.
«No,
che non è possibile». Grido e dopo, dai suoi occhi incominciarono a uscire
delle lacrime sempre più dirompenti.
«Come
faccio a capire a chi devo fare i regali». La sua faccia era diventata rossa
dal pianto e il suo naso era pieno di moccio.
«Che
diritto ho di scegliere?». Continuò.
Dopo
qualche secondo, Sulac alzò gli occhi dal suo tablet e guardò in faccia Claus e
l’elfo contabile.
«Potremmo
trovare degli sponsor, loro ti darebbero i soldi a patto che tu metta delle
pubblicità all’interno dei pacchi che porterai la notte di natale». Disse e
attese una loro risposta.
«Si
può fare, mi metto subito all’opera». Disse l’elfo contabile.
«Massimo
due o tre giorni e troverò tutti gli sponsor». Disse ancora l’elfo contabile.
Claus
lasciò la stanza e suo fratello rimase a lavorare insieme all’elfo contabile
Anche
in casa di Henry erano iniziati i grandi preparativi per la festa di natale;
tutti insieme erano andati a comprare tutte le cose che sarebbero servite per
addobbare la casa e rendere ancora più magico il natale.
Era
una tradizione di famiglia, andare a quei mercatini di natale, in cui si trovano
tutti quei decori fatti a mano dagli artigiani.
Qualche
giorno dopo a Henry arrivò una e-mail da Babbo natale.
Ciao Henry,
nella mail che mi hai mandato mi
sono dimenticato di darti la risposta a quella domanda.
Io avevo detto ”Lo farò salverò il
natale 2013”.
Sai, sto lottando per salvarlo,con
le unghie e con i denti. Scusa se mi sfogo con te, ma avevo bisogno di sfogarmi
con qualcuno. Ti auguro buon natale a te e la tua famiglia.
Ciao, Claus.
Durante
la settimana Henry continuò a sognare che cosa faceva Claus, forse c’era un
motivo. Non poteva essere un caso che lui sognasse babbo natale.
Durante
la settimana, era felice d’andare a scuola, perché anche lì si respirava già
un’aria natalizia. All’ingresso c’era già un albero addobbato; anche
all’esterno gli alberi erano tutti addobbati con luci e palline colorate, che
al buio rendevano l’ambiente ancora più suggestivo.
Alle
finestre, c’erano delle forme natalizie create con la neve finta.
Era
una gioia andare a scuola.
«Henry».
Non appena si sentì chiamato si voltò.
«Salve».
Disse, non appena s’accorse che la maestra l’aveva chiamato.
«Il
tuo progetto sta andando molto bene, abbiamo raccolto davvero molti soldi, ho
già contattato anche l’associazione che prepara il pranzo di natale e che grazie
hai soldi ricavati, potrà anche fare dei regali a chi non può permetterselo».
Henry
rimase per qualche istante in silenzio, perché non sapeva cosa dire.
«La
tua è stata un’idea bellissima». Gli disse la maestra.
Henry
guardava la maestra, ma non riusciva a parlare.
«Sono
contento». Disse e le sue gote iniziarono ad arrossarsi, s’era emozionato. Dopo
accennò un sorriso; ora aveva la certezza d’essere diventato un super eroe.
Infatti,
nei giorni precedenti e sempre dopo aver
fatto i compiti, Henry era andato in giro per il paese.
A
volte, l’accompagnava il fratello maggiore, William e altre volte, s’avviava da solo e a piedi per i negozi del
quartiere.
Tutti
i negozianti, anche quelli che non lo conoscevano, gli davano dei soldi.
C’era
sempre quello che donava più degli altri, perché se lo poteva permettere; ma in
questi casi, è molto più importante il gesto di offrire qualcosa a chi non può
permetterselo, rispetto alla cifra donata.
Daniel,
il fratello che era appassionato di grafica, aveva creato un manifesto molto
colorato e che era in grado d’attirare la curiosità dei passanti.
Dopo,
l’attaccò in giro, così da fare in modo che tutti potessero donare qualcosa.
La
gente che passava notava quel manifesto e qualche volta, Henry s’era perfino
messo a parlare con le persone che si fermavano a leggerlo.
La
maestra mise le mani nella borsa per prendere un foglio.
«Guarda,
devo averlo messo qui, da qualche parte». La maestra continuò a cercare nella
borsa.
«Eccolo!».
Esclamò e dopo, tirò fuori il foglio dalla borsa.
«Fino
a ieri e sicuramente oggi aumenteranno, abbiamo raccolto quasi cinquemila euro,
ma sono sicura che arriveremo come minimo ai diecimila». Disse la maestra,
infatti la sera prima aveva fatto una previsione in base alla media dei soldi
che raccoglievano al giorno.
«Ho
già contattato anche l’associazione e sono stati molto felici, gli ho detto che
l’iniziativa è stata tua e per questo, trovo che sia giusto che tu gli consegni
l’assegno.
Mi
hanno detto anche che se vuoi, tu e la tua famiglia, potrete fare il cenone di
natale con loro». Gli disse ancora.
Durante
questa settimana non smise di sognare babbo natale, non come le altre volte, ma
come minimo lo sognava quasi per tutta la notte.
Aveva
capito una cosa: anche babbo natale era in crisi e questa cosa, gli dispiaceva
molto.
Ma
un conto era salvare una piccola cittadina e un altro conto era salvare tutto
il mondo. Certo, forse esisteva una possibilità di salvare anche il mondo,
perché le idee sono infinite, ma non sarebbe stato di certo facile.
Ciao Claus,
so
che sei in difficoltà, non so ancora come, ma ti aiuterò a salvare il natale.
Ciao, Henry.
Gli
scrisse questa e-mail per farglielo sapere.
Ora
sapeva che cosa doveva fare, tutto il mondo doveva avere il suo natale.
Qualcuno
potrebbe pensare che Henry sia un megalomane, invece era solo un bambino con un
cuore d’oro che pensava al bene degli altri.
Henry
andò in cucina e trovò i suoi genitori a cucinare; nell’aria c’era davvero un
buon profumino, tanto che gli veniva l’acquolina in bocca.
Non
vedeva l’ora di mangiare.
«Mamma,
papà». Disse Henry, mentre si trovava alle loro spalle.
I
suoi genitori si girarono verso di lui e attesero che lui iniziasse a parlare.
«Vi
devo dire una cosa». Gli disse; era così nervoso, tanto che gli ballava la
palpebra dell’occhio.
«Diccela».
Gli rispose sua madre.
Henry
si mise a sedere di fronte a loro. «Spero che non v’arrabbiate». Disse Henry,
con un po’ di timore.
«Sono
i tuoi fratelli che ci fanno arrabbiare». Gli disse suo padre con un sorriso.
«Allora,
devo andare in La… in Lapponia». Gli disse tutto d’un fiato.
«Che
ci devi andare a fare?». Gli disse suo padre, mentre si lavava le mani e dopo,
se le asciugò.
«Devo
aiutare babbo natale, devo salvare il natale». Gli disse ancora tutto d’un
fiato e alzando il tono della sua voce.
«Sì,
come no». Disse sua madre.
Henry
continuò a parlare come se i suoi genitori non fossero davanti a lui, perché si
era accorto che lo non lo stavano prendendo sul serio.
Quando
sentirono la voce del fratello, Daniel e
William, s’affacciarono alla porta della cucina e si misero ad ascoltare la
conversazione che era in corso.
«È
un mese che sogno che babbo natale è in difficoltà». Henry smise di parlare e
li guardò in faccia.
«Lo
devo aiutare». Continuò.
«Quando
hai voluto aiutare questa città, abbiamo appoggiato la tua idea, ti abbiamo
aiutato e dato dei consigli.
Ma
questa cosa che ci chiedi non la faremo». Disse suo padre con un tono così
risoluto, che non davo modo di potergli far cambiare idea.
«Perché
siete così... così… così…». Non gli voleva dire quella parola che pensava nella
sua testa, perché non gli aveva mai detto una cosa del genere.
Prese
tutto il coraggio che aveva dentro di se e gli disse tutto quello che pensava.
S’alzò dalla sedia, trascinandosela dietro di se. La sedia produsse un rumore
stridulo a contatto con il pavimento.
«Siete
così, ve lo dico senza girarci intorno, stronzi. Ecco, sì, siete stronzi». Gli
disse, senza pensare alle conseguenze, senza preoccuparsi di ricevere uno
schiaffo da suo padre.
«Come
ti permetti a dirci quella parola». Disse suo padre infuriato, tanto che ci
mancava poco che incominciasse a sputare fuoco come fanno i draghi.
Suo
padre si stava per avvicinare a Henry, ma sua moglie lo fermò, bloccandolo in
tempo.
«Non
mi credete, pensate che sia una stupidaggine, io devo salvare questo natale e
aiutare babbo natale, c’è un motivo per cui lo sognavo». Disse Henry.
«Devi
crescere, devi capire come va il mondo, capire le cose che si possono fare e
quelle che non si possono fare. Devi crescere e credere che le tue sono solo
fantasie, devi capire che cosa è reale e che cosa non lo è».
«Babbo
natale è vero, esiste, mi ha risposto a una e-mail». Gli disse Henry.
«A
volte le cose non sono come sembrano». Disse sua madre.
A
Henry incominciarono a scendere le lacrime, evidentemente le ultime parole
della madre l’avevano fatto riflettere.
Dopo
qualche secondo, i suoi fratelli, entrarono nella stanza.
«A
volte ci vuole un po’ di tatto con i bambini». Disse William a sua madre.
Dopo,
prese Henry per mano e lo portò fuori dalla cucina, non poteva sopportare di
vederlo così triste, con gli occhi pieni di lacrime e le guancie arrossate.
«Babbo
natale, esiste?». Gli chiese, quasi sussurrandoglielo, mentre attraversavano il
corridoio che li avrebbe condotti nelle loro camere da letto.
«Certo
che esiste, ti ha risposto alle mail, lo sogni». Gli disse per rassicurarlo.
«Mettiti
le scarpe e un giacchetto, ti dobbiamo parlare». Continuò William, mentre
Daniel si trovava vicino alla porta.
«Mangiamo
fuori e poi andiamo al cinema». Disse Daniel ai suoi genitori.
«Va
bene». Gli rispose sua madre.
Uscirono
di casa per andare a parlare lontano dai loro genitori.
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