DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.
"Il titolo di questa puntata è in inglese, ma state tranquilli la puntata è in italiano!. In questa puntata ci sono persone che aiutano le persone, è mi venuta in mente il titolo di questa canzone "Cherry Ghost - People help the people". Ora, sapete come farà Henry a salvare il natale, vi manca ancora da scoprire un ultimo particolare sul passato di Henry, che svilupperò nelle ultime tre puntate.
Ricordatevi che dopo la decima puntata, ricomincio a scrivere Across the time.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata il 25 Dicembre".
CAPITOLO 7: 15 DICEMBRE – PEOPLE HELP THE PEOPLE
Non
chiacchierarono molto con babbo natale, il lungo viaggio stava per farsi
sentire; i loro occhi da prima splendenti di felicità, stavano diventando, socchiusi e pesati dal sonno.
Si
trascinarono fino alla loro stanza che si trovava al secondo piano della casa.
La
casa di babbo natale era un vecchio rudere molto grande e circondato da un
prato immenso, che in questo periodo, era nascosto dal manto nevoso che
continuava ad aumentare giorno dopo giorno.
Babbo
natale, vedendoli così stanchi, decise d’accompagnarli fino alla loro camera da
letto; quella che di solito usava per i suoi ospiti.
Era
una stanza molto graziosa, che aveva perfino un computer di ultima generazione,
sopra una grande scrivania, all’altro lato c’era un grosso armadio a tre ante
per permettere ai suoi ospiti di depositare le loro cose e infine, agli altri
due lati della stanza c’erano due letti a castello. Quella stanza poteva
ospitare massimo quattro persone.
«Buona
notte». Disse Claus, dopo che loro entrarono nella stanza.
«Buona
notte anche a te». Gli risposero in coro i tre fratelli.
«Se
avete freddo nell’armadio trovate altre coperte, se volete domani il mio elfo
domestico, potrà mettere nell’armadio le cose che avete in valigia». Gli disse.
Nel
frattempo, i tre fratelli cominciarono a tirare fuori dalla borsa il pigiama,
gli spazzolini e i dentifrici per lavarsi i denti.
«Grazie,
ma a casa siamo abituati a fare queste cosa da soli e poi, non ti vogliamo
recare alcun disturbo». Disse William, mentre si stava avvicinando alla porta
della loro camera, per andare in bagno.
«Non
mi recate alcun disturbo, anzi, tutt’altro, siete la mia ancora di salvezza».
Ammise babbo natale con un sorriso.
Tutti
e tre i fratelli uscirono dalla porta della loro camera.
«Il
bagno si trova in fondo al corridoio». Disse ancora Claus.
Henry
guardò babbo natale e gli sorrise.
«Mi
fai vedere la tua slitta e le renne?». Gli chiese, in un modo davvero
entusiasta.
«Ma
è vero che vola in aria con le renne?». Gli chiese ancora; d’altronde, lui era
ancora bambino e vedeva il natale con i suoi occhi innocenti e puri.
«Certo,
ti farò conoscere le mie renne, anzi, ti dirò di più, domattina ti farò vedere come
s’accudiscono, ma ora vai a letto».
Anche
Henry s’avviò al bagno per lavarsi i denti e raggiunse i suoi fratelli. Attese
che loro si lavassero i denti e dopo, lo
fece anche lui.
Quando
ritornarono nella loro stanza, spensero la luce e appena misero la testa sul
cuscino, chiusero gli occhi e si lasciarono trasportare nel mondo dei sogni.
I
loro genitori ritornarono da lavoro molto tardi, oltre le sei, perché quel
giorno era uno di quelli in cui lavoravano fino a tardi.
Rientrarono
a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, parcheggiarono e dopo, s’avviarono
alla porta per entrare in casa.
Durante
il pomeriggio non avevano chiamato i loro figli, perché erano stati troppo
indaffarati con i loro rispettivi lavori.
Erano
felici e sorridenti per aver terminato la giornata lavorativa, tanto che quando
si ritrovarono sotto al portone, si sorrisero.
Il
padre infilò la chiave nella porta e quando s’aprì, entrarono dentro. Mai e poi
mai, si sarebbero aspettati di non trovare i loro figli.
Gli
avevano fatto un bello scherzetto.
Fecero
qualche passo e dopo, si ritrovarono nell’ingresso, subito s’accorsero che
c’era qualcosa che non andava: c’era troppo silenzio.
S’incamminarono
nella casa fino a raggiungere la cucina; anche qui notarono qualcosa di strano:
le persiane erano chiuse, non c’era nessun piatto, bicchiere e pentola ad
asciugare.
Passo
dopo passo, il silenzio diventava sempre più terrificante; sentivano soltanto
il rumore delle suole delle scarpe a contatto con il pavimento.
Il
silenzio è molto bello e rilassante, ma a volte le cose piacevoli, in altre circostanze,
possono anche non esserle.
Continuarono
a camminare per la casa, ma tutte le stanze del primo piano avevano le persiane
chiuse e poi, erano troppo in ordine.
Per
la casa non c’era nemmeno l’odore di cibo, quello che i ragazzi lasciavano nell’aria
quando cucinavano.
«Ragazzi?».
Li chiamò il loro padre.
«William,
Henry…, Daniel…». Li chiamò anche la loro madre.
I
due genitori si cominciarono a preoccupare e a guardarsi negl’occhi. Non si
persero d’animo e andarono al secondo piano della casa, ma anche li, non c’era
nessuna traccia dei loro ragazzi.
Salirono
ancora una rampa delle scale e dopo pochi passi, si ritrovarono nella mansarda
che usavano come una soffitta, per metterci tutti i loro ricordi. Ma anche li
non c’era traccia di loro e il silenzio stava diventando sempre più
terrificante. Il battito dei loro cuori era aumentato e la paura, era entrata
lentamente dentro di loro.
La
loro madre era nel panico, mentre il loro padre, anche se preoccupato, restava comunque lucido e con i piedi per
terra.
«Erano
molto strani stamattina?, non credi?». Chiese il loro padre alla loro madre.
Il
loro padre si voltò verso la loro madre e quando vide l’espressione del suo
volto, non voleva far altro che starle accanto e abbracciarla, per dirle che
tutto sarebbe andato per il meglio.
«Sì,
ma dove saranno». Gli chiese quasi supplicandolo.
«Non
lo so, saranno usciti». Le disse per tranquillizzarla, quando in realtà, stava
cercando anche di auto tranquillizzarsi.
Controllarono
i loro cellulari, per cercare qualche messaggio da parte dei loro figli; ma non
c’era niente e la loro paura e il loro panico aumentò.
Provarono
perfino a chiamarli, ma i loro cellulari erano spenti.
Adesso,
anche il loro padre stava andando nel panico.
Scesero
le scale, tornarono in cucina; questa volta erano d’avvero preoccupati.
Aprirono
la persiana della cucina e la stanza s’illuminò all’istante, ma i loro cuori si
trovavano in un buio tenebroso; si voltarono e la loro attenzione ricadde su un
foglio che si trovava sul tavolo.
Il
loro padre s’avvicinò alla tavola e lo prese tra le mani tremolanti.
«Per
mamma e papà». Lesse il loro padre.
«”Cari mamma e papà,
vi scrivo io, Daniel, perché i miei
fratelli m’hanno affidato questo compito.
Vi vogliamo far sapere che stiamo
bene e che ci troviamo in Lapponia. Abbiamo deciso di aiutare Henry, nella sua idea di salvare il natale di
tutti.
È un bambino con il cuore d’oro.
Non potete biasimarlo per la sua bontà. E neanch’io e William lo facciamo.
Lo avete trattato veramente male,
facendogli credere delle cose non vere.
Come potete trattarlo così… dopo
quello che ha passato. Forse anche noi saremmo diventati come lui, se ci
fossimo trovati nella sua stessa situazione”». Finì di leggere
ed entrambi i loro genitori si ritrovarono con le lacrime agli occhi.
Il
mattino seguente, i ragazzi si svegliarono non appena il primo raggio di luce
entrò in quella stanza.
Si
tolsero il pigiama e si vestirono per andare a fare colazione.
Si
misero a sedere e si vedeva che non erano ancora del tutto svegli; infatti, i
loro occhi erano ancora socchiusi.
Al
tavolo trovarono anche Claus e suo fratello, che stavano già facendo colazione.
«Avete
dormito bene ragazzi?». Gli chiese babbo natale.
«Certo».
Disse William.
«Cosa
mangiate per colazione?». Gli chiese l’elfo cuoco.
«In
genere latte e cereali al cioccolato». Disse Henry, mentre gli veniva
l’acquolina in bocca.
«Avete
mai assaggiato il latte di mucca appena munto?». Gli chiese Claus, mentre
sorseggiava il suo caffè e latte.
«No,
noi di latte beviamo soltanto quello nel cartoccio». Disse Daniel.
L’elfo
cuoco cominciò a scaldare il latte per i tre ragazzi e dopo, si mise a preparare
il caffè.
Aprì
lo sportello della cucina, per prendere le brioche alla marmellata che aveva
appena preparato l’elfo cuoco.
«Ragazzi,
non ho i cereali!, ma li comprerò». Disse babbo natale, mentre s’alzava da
tavola.
Quando
i tre ragazzi finirono di fare colazione, misero le tazze e i cucchiai
nell’acquaio e dopo, si rimisero a sedere, quando videro Claus entrare dalla
porta della cucina.
«Dobbiamo
parlare». Disse guardando tutti quanti.
Dopo,
si mise a sedere a fianco di suo fratello; nel frattempo li raggiunse anche il
suo elfo contabile con il suo tablet.
Erano
tutti quanti riuniti attorno a quella tavola, tanto che nella mente del piccolo
Henry aveva associato quel tavolo a quello di Re Artù.
Per
qualche istante, se ne stettero in silenzio e s’osservarono attentamente l’un
l’altro.
C’era
qualcosa di magico in quel tavolo e in quella casa; era come se lì, s’atmosfera
natalizia fosse molto amplificata.
«Allora,
Henry la tua idea di salvare il natale è molto buona, ma come facciamo a far
sapere alle persone che devono inviarci le cose che non gli servono più».
Chiese a tutti, per cercare una soluzione.
«YouTube,
Facebook, Twitter». Disse Daniel, come se fosse scontato che Claus sapessero
che cosa fossero.
«Che!».
Esclamò Claus.
«A
volte mi vergogno di te, fratello». Disse Sulac sorridendo.
«Mi
vuoi spiegare cosa sono, invece di prendermi in giro!». Disse Claus.
«Sono
i mezzi tecnologici con cui comunicano i ragazzi e anche le persone più adulte.
Usando internet». Gli rispose Sulac.
Claus
appoggiò i gomiti sul tavolo e subito pensò al computer che aveva nella sua
stanza, lo sapeva usare, ma non era un genio, visto che cominciava ad avere una
certa età.
Lentamente
e con molta pazienza i suoi elfi tecnologici, gli avevano insegnato a usare il
computer; nel tempo era riuscito a fare dei passi da gigante, ma era anche
consapevole di dover ancora migliorare.
«Potremmo
lanciare un messaggio alle televisioni di
tutto il mondo, in contemporanea». Disse Sulac, precisando bene le sue
intenzioni.
Claus
guardò suo fratello in maniera davvero perplessa.
«Io…
nelle televisioni di tutto il mondo…». Disse incredulo all’idea; infatti, babbo
natale era un personaggio importante del natale, ma non aveva l’abitudine
d’apparire. No, lui era sempre stato quello che moveva i fili da dietro le
quinte e questo, rendeva ancora più fascinoso il natale.
«Come?».
Chiese Claus al fratello.
«Te
lo sei dimenticato che sono a capo del governo mondiale. Mi basterà fare
qualche telefonata e potrai parlare a tutto il mondo».
Ora
sapevano come fare, Claus avrebbe parlato in diretta a tutto il mondo e poi
l’avrebbero condiviso su YouTube.
«Dovrai
partire?, per fare questa cosa». Gli chiese Claus.
«No,
grazie a Shype posso fare una videochiamata e delegare il mio vice. Nel giro di
domani sera, verso le otto, saremmo in grado di mandarti in diretta». Gli rispose
Sulac.
Al
loro padre cadde di mano la lettera, quando i suoi occhi da prima spaventati,
per il fatto di non aver trovato i suoi ragazzi, diventarono tristi, per poi
bagnarsi e sfociare in un pianto davvero dirompente e straziante
Si
gettò per terra, producendo un rumore forte con l’impatto del pavimento. La
loro madre, si sentiva esattamente come il loro padre.
Anche
lei si buttò per terra e lentamente, raggiunse il marito e quando si trovò
davanti a lui, l’abbracciò e insieme si misero a piangere in un pianto davvero
straziante.
«Abbiamo
sbagliato». Disse la madre, mentre teneva la testa nell’incavo della spalla del
loro padre.
Dopo,
si sciolse dall’abbraccio e per qualche istante, lo guardò nell’assoluto
silenzio, che veniva interrotto dai loro respiri affannati.
Si
continuarono a guardare negli occhi, eppure, nel silenzio si stavano dicendo
più parole di quante se ne sarebbero potute dire con la voce.
È
proprio questa la magia del silenzio, riuscire a comprendere l’altro senza
bisogno delle parole; perché quando vuoi bene a qualcuno riesci a leggerlo come
un libro aperto. Ogni sua minima espressione facciale, l’associ sempre a una
determinata emozione.
Lì
al centro di quella stanza si stavano ritrovando come coppia e non solo come
genitori. Per molto tempo erano stati freddi e distaccati, perché la vita li
aveva messi di fronte a una cosa molto dura e difficile da superare.
S’alzarono
da terra e s’abbracciarono ancora, in una stretta d’amore; finalmente avevano
ritrovato se stessi.
«L’abbiamo
trattato male, quando lui cercava solo… solo… di fare, sentiva il bisogno di
fare del bene agli altri, come se dentro di se cercasse di superare quello che
gli è successo aiutando gli altri». Disse la madre, dopo si sciolse dal padre e
lui, le passò delicatamente una mano sulla guancia.
«Rimediamo
al nostro errore». Gli disse, mentre la guardava intensamente negl’occhi.
«Andiamo
anche noi da babbo natale, andiamoli ad aiutare, prendiamoci delle ferie». Le
disse.
«Ok!».
«Sarà
una vita che non andiamo tutti quanti in vacanza. Questa cosa dei ragazzi mi ha
fatto capire una cosa. Non possiamo vivere nel passato. Non possiamo chiederci
come sarebbe andata se. Non possiamo incolpare nessuno. Ma dobbiamo vivere, per
i nostri tre figli. Abbiamo tre ragazzi meravigliosi».
«Sì».
Il
loro padre s’allontanò fino ad arrivare alla sala. Lì, accese il computer.
«Che
fai?». Gli chiese la loro madre.
«Compro
due biglietti io e te andiamo in Lapponia».
Il
loro padre, accese il modem e dopo, andò sul sito della compagnia aerea.
«Merda!».
Esclamò.
«Che
c’è?». Gli chiese.
«Non
ci sono biglietti prenotabili, nemmeno se facciamo più scali. Il primo volo ci
sarà tra una settimana, sono tutti prenotati, d’altronde siamo sotto natale e
molte persone viaggiano. E nei giorni successivi, ho visto dal meteo che è
prevista molta neve, sicché, potrebbero chiudere l’aeroporto».
Il
loro padre prenotò lo stesso i biglietti.
Dopo,
quando finirono di parlare, Claus, s’alzò dal tavolo e anche i ragazzi fecero
altrettanto.
«Venite
con me, vi faccio conoscere le mie renne». Gli disse.
Erano
tutti emozionati, ma tra tutti e tre, Henry era quello che non vedeva l’ora di
conoscere le renne.
Tornarono
in camera per indossare il loro giacchetto, anche se fuori c’era il sole, il
clima della Lapponia era molto rigido.
Dopo,
uscirono dalla loro camera e raggiunsero Claus all’ingresso della casa.
Uscirono
di casa e dopo pochi passi, si ritrovarono in una stalla.
Claus
aprì la porta e li fece entrare dentro.
«Queste
sono le mie renne». Disse Claus ai ragazzi.
Le
renne si trovano dentro a un recinto fatto con dei pali di legno, avevano
tantissimo spazio per muoversi e sotto gli zoccoli avevano molta paglia.
«Sono
bellissime». Disse Henry, con un sorriso. Dopo, s’avvicinò a una renna per
poterla accarezzare, ma prima che potesse allungare il braccio, la renna spostò
il muso per annusare il suo odore.
«Ma
come fanno a far volare la tua slitta?». Gli chiese, Henry incuriosito.
Claus
lo guardò e gli sorrise.
«È
un segreto!». Esclamò.
«A
proposito di slitta, vi piacerebbe farvi il viaggio con me?». Gli chiese.
«Intendi
proprio quel viaggio, quello che compi la notte tra il ventiquattro e il
venticinque dicembre, se è quello, ci piacerebbe, vero, fratelli?». Gli chiese
William.
«Certo».
Gli risposero in coro.
«Ma
come fai a portare tutti i regali in quel sacco?». Gli chiese ancora Henry.
Claus
sorrise ancora.
«Anche
questo è un segreto». Ammise.
Durante
la mattina Sulac era stato impegnato a organizzare tutto quello che sarebbe
servito a Claus per la richiesta televisiva.
Il
suo vice fece tutto per lui; una tu troupe rpe televisiva
sarebbe arrivata al massimo domani in mattinata.
Aveva
passato tutta la mattinata al telefono per far avere subito la possibilità a
babbo natale di andare in diretta
Nel
pomeriggio i ragazzi, aprirono un canale YouTube, un account facebook e
twitter. Per loro, era un gioco da ragazzi fare queste cose, tanto che dopo un’oretta,
lavorando tutti insieme, avevano già finito.
Dopo,
si proposero di aiutare Claus, ma lui gli disse che potevano andare a fare un
giro in città. Gli consigliò perfino le cose più belle da vedere. Così decisero
d’uscire, per vedere tutto ciò che gli aveva consigliato Claus.
Ormai,
tutto era pronto e andarono a dormire con il pensiero che tutti quanti avevano
dato il massimo.
La
mattina, quando si svegliarono erano diversi, erano felici e nell’aria c’era un
aria di vittoria. Il natale sarebbe stato salvo; era una mattina uguale alle
altre, eppure, allo stesso tempo, era diversa.
Si
vestirono e dopo, fecero colazione.
Quella
mattina non avevano niente da fare, così decisero di aiutare Claus.
Dopo
un oretta dalla loro colazione, sentirono suonare il campanello e quando
aprirono la porta si trovarono davanti la troupe televisiva.
Erano
arrivati con un furgone che conteneva tutti le attrezzature necessarie per fare
l’intervista in diretta.
Cominciarono
a controllare la casa, per trovare il luogo più adatto per inquadrare Claus.
«Il
camino acceso e la poltrona rossa vicina». Disse uno della truppe.
«Sì».
Gli rispose, il tecnico della fotografia.
Così
si misero all’opera, collegando tutti i cavi, mettendo tutte le luci e quei
pannelli bianchi.
Nel
pomeriggio, l’elfo che curava lo stile di Claus, gli consigliò di mettersi un
vestito con giacca e cravatta.
Si
lavò e dopo, il suo elfo gli sistemò i capelli e lo truccò.
Mancava
meno di un’ora al suo messaggio in diretta e anche se non lo dava a vedere, era
molto agitato.
C’è
un trucco quando devi parlare a tante persone, ovvero pensare che quelli che
sono davanti a te siano tutti in mutande; sperava solo che questa cosa
funzionasse.
Scese
in cucina e si fece preparare una tisana rilassante, che in parte riuscì a
sciogliere tutta la sua tensione.
Mancava
mezzora, all’ora in cui Claus avrebbe fatto la sua comparsa in televisione. Per
Claus il tempo stava passando più velocemente del solito.
«Tra
dieci minuti in onda». Disse un tecnico.
Il
cuore di Claus cominciò a battere all’impazzata. Era già davanti
all’inquadratura.
Henry,
lasciò la stanza per andare a prendere il cappello rosso e bianco di Claus.
Dopo,
Claus si vide arrivare Henry di corsa.
«Dovresti
mettere questo». Gli disse con il fiatone e allungò la mano per fargli prendere
il cappello.
«Perché?».
Gli chiese, dopo averlo preso in mano.
«Sei
troppo serio vestito in questo modo. Te, babbo natale, sei una figura magica e
divertente». Ammise Henry, con la semplicità di un bambino.
Claus
si mise il cappello e gli sorrise.
Henry
uscì dall’inquadratura e s’avvicinò ai suoi fratelli.
«Tra
cinque minuti, dopo la pubblicità si va in onda. Preparatevi». Disse un
tecnico.
«Azione,
via». Disse il tecnico.
Claus
si trovava davanti al camino, che ogni tanto scoppiettava e grazie alle fiamme,
riusciva a cambiare l’illuminazione della stanza.
Mentre
si trovava di fronte alla telecamera, la sua paura scomparve.
«Salve
alle persone di tutto il mondo, che tu sia un bambino, bambina, ragazzo,
ragazza, donna o uomo.
Non
sono abituato a parlare a così tanta gente, in genere, preferisco rimanere
dietro le quinte; ma questa volta non lo posso fare.
C’è
crisi e io mi trovo in difficoltà, le ho provate di tutte, ma niente a funzionato,
quando un bambino e i suoi due fratelli, sono venuti qui da me, facendo un
viaggio molto lungo, soltanto per aiutarmi.
Io
ve li vorrei presentare». Disse e si voltò verso i ragazzi.
Loro
lo guardarono in modo perplesso.
«Entrate,
venite che aspettate». Gli disse.
«Davvero?».
Gli chiesero in coro.
«Certo».
I tre ragazzi entrarono nell’inquadratura.
«Ve
li voglio presentare, partendo da destra. William il più grande, ha diciotto anni,
Daniel ha quindici anni e Henry, l’ideatore del modo per salvare il natale ha
solo dieci anni, ma ha un cuore d’oro.
I
genitori di questi tre bellissimi ragazzi, dovrebbero essere fieri di loro.
Ora
veniamo al dunque, ho bisogno che voi mi inviate gli oggetti che non vi servono
o che non usate, altrimenti, quest’anno potrebbe saltare il natale.
Vi
prego…». Disse e guardò fisso nella telecamera.
«Inviatemeli,
ve lo dico con il cuore in mano. Questa crisi mi sta strozzando». Dopo qualche
secondo, i suoi occhi s’icominciarono a velare dalle lacrime e quando gliene
scese qualcuna, se le tolse con le mani.
«Scusate
per le lacrime, ma io lo sento il natale. Non è solo un lavoro, ma è una
missione di vita. Vi prego, vi sto parlando con le mani sul cuore, inviatemi i
regali che non usate o che non vi servono.
Non
fatelo per me, no, fatelo per tutti quelli che hanno bisogno di sorridere,
perché la crisi gli ha portato via tutto.
Ciao,
cioè arrivederci, buona serata e buona cena».
C’è
l’aveva fatta, aveva parlato a tutto il mondo, ora era sereno. Ora sarebbe
stata una strada in discesa. Sarebbe andato a dormire senza il peso che in
tutti questi giorni, teneva sul suo cuore.
Si
voltò verso i ragazzi e li abbracciò stretti a se, quasi come se fossero i suoi
figli.
Il
natale non era più un illusione, ora il suo sogno s’era avverato.
Dopo,
la troupe tecnica consegnò il video della diretta di Claus ai ragazzi e con
l’aggiunta di altre registrazioni degli elfi che lavoravano e della vita
quotidiana di Claus, avrebbero montato il video per poi caricarlo sul canale
ufficiale di babbo natale.
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