DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.
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"Anche questa settimana posto la puntata con un po’ di ritardo.
Ultimamente, mi vengono le puntate lunghe, vi piacciono lo stesso?, fatemelo sapere con un commento.
Questa volta scoprirete come farà Henry a salvare il natale, c’avevate indovinato?, fatemelo sapere con un commento.
Sto pensando di creare una copertina a questa storia, voi come la fareste?, scrivetemelo nei commenti.
Sto pensando di fare uno speciale della “guida per scrivere un libro” su questa serie, in modo da spiegarvi come si ragiona per creare una storia, vi piace quest’idea?, scrivetemelo nei commenti.
Ho buttato giù la trama delle ultime tre puntate, ora non mi resta che scriverle.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata il 15 Dicembre".
CAPITOLO 6: 8 DICEMBRE - HENRY VA DA BABBO NATALE
Mentre
camminavano uno dietro l’altro, Henry si voltò e diede uno spintone a William,
per ritornare verso la porta.
William
cadde per terra, ma per fortuna si rialzò da solo, non si era fatto niente. Per
qualche istante, guardò in modo arrabbiato Henry, ma subito dopo, il suo viso
si rasserenò.
Non
poteva avercela con il fratello, considerando come lo avevano trattato i loro
genitori.
Risalì
le scale e dopo, si scosse la giacca e i pantaloni, per pulirli dallo sporco.
Quando
si trovò di fronte a Henry, lo guardò negli occhi.
Per
tutti quanti, gli occhi di Henry potevano sembrare normali, ma per William non
erano così.
Quegli
occhi erano stati delusi e avevano perso quella grinta di spaccare il mondo.
Gli
appoggiò una mano sulla spalla, per fargli una carezza, ma Henry confuse il
gesto del fratello.
Infatti,
pochi secondi dopo, lui si strattonò dalla stretta affettuosa del fratello.
William
lo strinse sulla spalla per farlo stare fermo; ma Henry continuava a essere
irrequieto.
«Smettila».
Gridò William.
«Falla
finita». Gli gridò ancora.
Henry
guardava il fratello con uno sguardo arrabbiato e con degli occhi pieni di
rabbia.
Poco
prima che Henry gli tirasse un pugno, William lo prese e se lo mise sulle
spalle, come se fosse un pacco.
Nonostante
Henry si dimenasse con i piedi e le mani, William continuò a scendere le scale.
«Ti
vuoi calmare». Gli gridò, mentre s’avvicinava alla macchina che si trovava in
garage.
«Ora
ti metto giù, ma devi stare buono». Gli disse, quando si trovarono vicino alla
macchina.
William
lo mise giù e lentamente Henry si tranquillizzò.
«Scusa».
Disse Henry, mentre con gli occhi si guardava le scarpe. Si vergognava del
comportamento che aveva tenuto con il fratello.
«Mi
dispiace davvero». Alzò lo sguardo, fino a incontrare i suoi occhi.
«Non
mi dovevo comportare così, io ti voglio bene». Gli disse ancora.
William
aprì lo sportello della macchina e prima di salirci dentro, guardò il fratello.
«Lo
so che sei buono, sono state le parole che hanno usato i nostri genitori ha
farti perdere il controllo». Gli disse.
Henry
fece il giro della macchina e corse verso il fratello per abbracciarlo.
Dopo,
salirono in macchina e partirono per andare a mangiare un panino, le patatine
fritte e bere le loro bevande preferite.
Quando
arrivarono, scesero e Henry guardò il fratello.
«Perché
sei così buono con me?, perché mi hai aiutato con la mia idea di salvare il
natale nella nostra città? e perché mi vuoi aiutare ad andare in Lapponia?».
Gli chiese e rimase in attesa di una sua risposta.
William
chiuse lo sportello della macchina, premette il pulsante sulla chiave e guardò
il fratello.
«Perché
ti voglio bene». Una risposta vera e semplice, tuttavia era un modo veloce per
far terminare questa conversazione.
«Non
mi convince la tua risposta, visto che nell’ultimo periodo ti comporti in modo starno
con me». Gli disse, in modo schietto e dopo, s’infilò la berretta in testa.
Tutti
e tre s’avviarono alla paninoteca; ordinarono tutto il loro cibo e dopo,
s’andarono a sedere.
Mentre
aspettavano che gli portassero il cibo che avevano ordinato, si misero a
parlare.
«Come
facciamo ad andare in Lapponia». Chiese Henry a William.
«Allora
faremo…». William fu interrotto dal cameriere, che aveva portato le cose che
avevano ordinato.
Tutti
e tre presero i loro panini
«Dicevo,
potremmo partire domani mattina, non ho ancora controllato, ma ci dovrebbero
essere tre biglietti». Disse William e dopo, prese il bicchiere per bere un
sorso della sua bevanda.
«L’importante
è partire prima che i nostri genitori tornino da lavoro». Disse William.
«Già…».
Disse Daniel.
«Speriamo
di farcela». Disse ancora Daniel.
Continuarono
a mangiare restando in silenzio. Quando tutto a un tratto, la voce di Henry
interruppe il silenzio.
«È
giusto farlo?». Chiese ai suoi fratelli.
«Certo».
Gli risposero in coro.
«Ok,
è giusto farlo, però, se ce ne andremo di casa, faremmo prendere un coccolone
ai nostri genitori». Disse Henry, che ancora una volta si dimostrava ancora più
grande della sua età.
Non
appena finirono di mangiare, s’alzarono e andarono a pagare.
«Avrebbero
potuto dirti “t’accompagneremo”, ma
non hanno intenzione di farlo, perciò faremo le cose a modo nostro». Disse in
modo schietto Daniel.
Uscirono
e si misero a camminare per la strada.
«Ora
andiamo al cinema e poi, quando torniamo a casa, aspettiamo che i nostri
genitori vadano a letto e in quel momento prepareremo le valigie, facendo
ovviamente il più piano possibile». Disse William.
«Diabolico
fratello». Disse Daniel, mentre si tirava su la cerniera della giacca. William
sorrise alla battuta di suo fratello.
In
alto, nel cielo c’era la luna piena, che era così bella e tonda che risplendeva
la sua leggera luce su tutta la città.
Ti
potevi incantare solamente a guardarla.
Continuarono
a camminare sotto il buio pungente della notte. Per essere dicembre era una
notte con una temperatura abbastanza sopportabile; non pioveva, non c’era vento
e l’aria non era per niente gelida.
Non
era una sera come le altre; mentre le altre persone se andavano in giro a
comprare gli ultimi regali di natale, loro sarebbero partiti per una missione
importantissima: salvare il natale di tutto il mondo.
Fecero
una corsa fino al cinema, perché il film sarebbe iniziato tra poco, correvano, ogni
tanto si guardavano e si sorridevano a vicenda.
D’altronde,
quando sei felice non puoi far a meno di sorridere.
Arrivarono
appena in tempo per vedere il film, pagarono tre biglietti e si godettero un
ora e mezza di puro divertimento.
Quando
uscirono, s’incamminarono a piedi fino alla loro macchina.
«Ricapitoliamo
il piano per stasera». Disse e dopo prese il suo cellulare per controllare
l’ora e si rese conto che i suoi genitori sarebbero andati a letto tra pochi
minuti.
«Giusto,
facciamolo per non commettere errori». Disse Daniel.
«Allora,
ognuno di noi si prepara la valigia mettendoci il necessario per circa due
settimane, non si sa mai, meglio abbondare. Io, poi, prenoto i biglietti aerei
e tu Daniel ti occuperai della lettera da scrivere ai nostri genitori.
Domattina,
direte a mamma e papà che vi accompagnerò io a scuola». Gli aveva spiegato il
suo piano punto per punto, non c’era modo di sbagliare, se tutti quanti
l’avrebbero seguito. Certo, ci sarebbe potuto essere un imprevisto, ma in quel
caso avrebbero dovuto inventarsi qualcosa al volo per rimediare all’errore.
Quando
arrivarono alla macchina, salirono e partirono.
Dopo
una decina di minuti arrivarono a casa, aprirono il portone, facendo il più
piano possibile; dopo, lo richiusero facendo altrettanto attenzione.
Non
appena misero i piedi in casa, s’accorsero che le luci erano tutte spente e
attraverso l’illuminazione dei loro telefoni, riuscirono a montare le scale per
andare nelle loro camere.
Non
appena entrarono nelle loro camere, accesero la luce che tenevano sopra i loro
comodini, per far si che la stanza fosse poco illuminata. Quella luce leggera,
riusciva a illuminare tutta la stanza; era molto soffusa.
Henry
aprì l’armadio per prendere i vestiti adatti al clima rigido della Lapponia.
Già altre volte si era preparato da solo la valigia, per lui era un gioco da
ragazzi.
Sorrideva
nel buio della sua stanza, era felice e non vedeva l’ora d’incontrare babbo
natale; ma tutti i bambini della sua età lo avrebbero voluto conoscere.
Aprì
lo sportello e incominciò a mettere nella sua valigia tutte le cose che
riteneva necessarie.
Nel
altra stanza i suoi fratelli stavano facendo la stessa cosa. Fecero prima di
Henry a preparasi la valigia.
Dopo,
come da programma, William prenotò tre biglietti aerei e Daniel, che era molto
bravo a scrivere, scrisse la lettera da lasciare ai loro genitori.
Quando
finirono di fare tutto quello che avevano concordato, nascosero le valigie
sotto al letto, per non farle vedere ai loro genitori.
Dopo,
si misero a letto, ma questa era una notte diversa. Ognuno di loro vedeva
l’incontro con babbo natale, in modo diverso; ma d’altronde, avevano anche
un’età diversa.
Tutti
quanti si sentivano grandi, perché il solo pensiero di salvare il natale, li
mandava in estasi. Il solo pensiero di poter salvare il natale del mondo, li
faceva sorridere e star bene.
Chiusero
gli occhi e si lasciarono cullare dalla luce della luna che filtrava
leggermente dalle persiane.
Una
luce così bella, come il natale che avrebbero salvato.
Al
mattino, si svegliarono con un sorriso che gli illuminava tutta la faccia.
S’alzarono
e s’avviarono in cucina con ancora il pigiama addosso. Erano ancora assonnati e
i loro occhi erano leggermente socchiusi, ma nonostante tutto, a volte,
sorridevano in modo spontaneo.
«Che
avete da sorridere?». Chiese la madre a tutti e tre, mentre si era messa a
scaldare il latte per tutta la sua famiglia.
«Boh!».
Esclamò Henry.
Tutti
e tre si misero seduti al tavolo, dopo aver preso i loro cereali.
«È
una bella giornata, c’è il sole…». Disse William.
«È
poi, ci deve essere un motivo per cui essere felici, siamo felici e basta».
Disse Daniel.
«Sarà».
Disse la loro madre, con un tono di voce sospettoso.
Tutti
quanti si misero a fare colazione e dopo pochi minuti, arrivo anche il loro
padre fresco di doccia.
Tutti
quanti si misero a fare colazione. I tre fratelli ogni tanto si guardavano e si
sorridevano a vicenda.
«Siete
allegri stamattina». Disse il padre, quando notò uno strano comportamento nei
suoi figli.
«Ma
che dici, te e la mamma siete fissati». Disse William.
«A
proposito oggi li accompagno io a scuola». Disse ancora William e dopo, s’alzò
da tavola per mettere la tazza nell’acquaio.
«Perché?».
Gli chiesero i suoi genitori, quasi in
coro.
«Ci
deve essere un motivo e poi oggi entro un’ora più tardi a scuola». Gli disse e
loro non gli chiesero più niente.
Tutti
e tre s’andarono a preparare come se fosse un giorno qualunque. Si lavarono la
faccia, i denti e si pettinarono.
«Visto
che li accompagni te, non ce ne possiamo andare prima». Gridò sua madre in
fondo alle scale.
«D’accordo».
Gridò William.
Dopo,
tutti e tre tirarono un sospiro di sollievo: il loro piano era riuscito, ora
niente e nessuno li avrebbe fermati e la loro strada sarebbe stata solo in discesa.
Si
tolsero gli zaini dalle spalle, quelli che avevano indossato per la loro messa
in scena.
Videro
dalla finestra le macchine dei loro genitori che uscivano dal cancello.
Dopo
aver capito di avercela fatta, si misero a saltellare e a gridare dalla gioia.
Se
qualcuno li avesse visti, di sicuro, li avrebbe presi per pazzi; ma loro erano
pazzi dalla gioia.
Dopo
qualche istante tornarono seri.
«Allora,
andate a prendere le vostre valigie e gli zaini da portare in spalla, partiamo!».
Gridò William.
Tutti
e tre andarono a prendere le loro valigie e dopo, William e Henry si trovarono
in cucina.
Daniel
prese la lettera, quella che avrebbe lasciato ai suoi genitori, per spiegarli
tutto quanto. Loro, con questo gesto, non avevano intenzione di farli soffrire
e preoccupare, ma per una volta volevano fare le cose a modo loro, volevano
fare questo viaggio, perché gli sembrava la cosa giusta da fare.
Daniel
scese le scale e li raggiunse in cucina e lì, posizionò la lettera piegata
sopra il tavolo.
Si
misero i giacchetti, le sciarpe, i cappellini di lana e i guanti per uscire di
casa.
Camminarono
per arrivare alla fermata del pullman, che li avrebbe portati dritti all’aeroporto.
Il
pullman sarebbe passato tra meno di dieci minuti; più passava il tempo e più si
sarebbero trovati vicini a babbo natale.
Non
appena arrivò il pullman, ci salirono.
Quando
arrivarono alla fermata che si trovava di fronte all’aeroporto, scesero dal
pullman e s’avviarono verso l’entrata.
Fecero
il check-in e tutto quello che era necessario per imbarcarsi e partirono per la
Lapponia, quella immensa terra bianca.
Posarono
il bagaglio a mano sul sedile, si tolsero il giacchetto. Dopo, dal loro zaino
preso il necessario per far passare il tempo e infine, misero il giacchetto e
lo zaino nel porta bagagli che si trovava in alto.
«Non
mi convinci William, non mi convince la risposta che mi hai dato ieri sera, c’è
un motivo per cui mi aiuti sempre e lo scoprirò, lo sai che lo scoprirò». Gli
disse, guardandolo intensamente negli occhi.
William
non gli rispose, ma chiuse gli occhi e sospirò e quando li riaprì erano
leggermente velati dalle lacrime.
«Allora,
come salverai il natale?». Chiese Daniel a Henry.
«Non
te lo dico». Gli fece la linguaccia e dopo, una pernacchia.
Mentre
aspettavano che l’aero arrivasse a destinazione, leggevano, ascoltavano la
musica e guardavano un film.
Non
si parlarono e ognuno era immerso nel suo silenzio.
Dopo
molte ore l’aereo atterrò, in una terra molto diversa da quella in cui
abitavano: la Lapponia.
Una
terra che da Google immagini la potevi vedere e ti poteva anche piacere, ma vederla
era tutta un’altra cosa.
Era
uno spettacolo mozzafiato vedere il bianco della neve a contrasto con il blu
intenso della notte.
Scesero
dall’aereo e dopo aver recuperato i loro bagagli, uscirono dall’aeroporto.
«È
ora come facciamo a trovare la casa di babbo natale?». Chiese Daniel a Henry.
«Semplice,
ieri sera mentre voi dormivate gli ho mandato un e-mail, chiedendogli, appunto
il suo indirizzo e quale autobus avremmo dovuto prendere». Disse Henry.
S’incamminarono
per la strada diretti a una fermata che si trovava a qualche chilometro. Era
una di quelle stazioni in cui gli autobus fanno molti chilometri, rispetto a
quelli urbani.
Il
clima in Lapponia era davvero rigido, ma loro erano ben coperti.
Durante
il tragitto, non si parlarono, erano troppo immersi nella meravigliosa natura
dell’ambiente che li circondava. Dietro di loro lasciavano le loro impronte,
come una scia che lentamente li avrebbe portati da lui.
Ai
lati della strada c’erano dei lampioni, che riuscivano a illuminare tutto
quanto; ogni tanto passava qualche macchina.
Finalmente,
dopo un mezzoretta di camminata arrivarono alla stazione degli autobus.
Fecero
i biglietti e attesero all’interno della stazione di servizio che arrivasse il
loro autobus.
Nel
frattempo, visto che mancava ancora una
decina di minuti decisero di cenare con un panino e un cappuccino caldo.
Gli
ci voleva proprio qualcosa di caldo, visto che loro non erano abituati a quel
freddo pungente.
Dopo,
si misero a sedere e attesero in silenzio il loro autobus.
Non
appena arrivò, uscirono dal bar e salirono a bordo.
Tra
meno di un oretta, intorno alle nove e mezzo, l’avrebbero incontrato; lui,
babbo natale, il sogno di ogni bambino e di ogni grande che, dentro di se resta
ancora bambino.
L’autobus
partì in perfetto orario e durante il tragitto non fece alcun ritardo, ma
mantenne la tabella di marcia, arrivando perfino prima del previsto alla
fermata in cui loro avrebbero dovuto scendere.
Durante
il tragitto, ogni tanto guardavano fuori dal finestrino e vedevano dei campi
immensi tutti ricoperti di neve.
Quando
scesero alla loro fermata, si ritrovarono di fronte a una strada con due biforcazioni.
Si
misero lo zaino in spalla, mentre con la mano trainavano il trolley.
«È
ora, qual è la strada?». Chiese William.
Henry
prese il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni
«Nel
e-mail mi ha risposto, “Stella a destra e
poi dritta fino al mattino”». Disse Henry ai suoi fratelli, che per qualche
istante rimasero con gli occhi stralunati, mentre, lui gliela mostrava.
«Che
vuol dire?». Chiese Daniel.
«Questo
è un pezzo di una canzone». Affermò William in modo convinto.
«Già,
vuol dire a destra e poi sempre a diritto. Quando c’è l’avremo di fronte,
capiremo che quella è la casa di babbo natale». Disse Henry, tutto convinto di
quello che aveva appena detto.
S’incamminarono
in fila indiana e come prima cosa, girarono a destra, poi, come gli aveva
scritto babbo natale, nonostante trovassero dei bivi, andavano sempre a
diritto.
Il
freddo stava diventando sempre più pungente e quasi insopportabile, ma,
nonostante questo, non si fermarono. Non potevano fermarsi a pochi metri dalla
casa di babbo natale. Avevano affrontato mille difficoltà, ma alla fine erano
riusciti a portare a termine la loro missione; tra pochi minuti l’avrebbero
incontrato.
All’improvviso
Henry si fermò e anche i suoi fratelli fecero altrettanto.
Si
guardò attorno e la sua attenzione si soffermò su una casa un po’ strana. Sì,
ne era certo, doveva essere proprio quella la casa di babbo natale.
Attraversarono
la strada per avvicinarsi alla casa e leggere il nome sul campanello.
«Casa
di S. Claus». Lesse Daniel.
«Sì,
ci siamo». Disse Henry.
I
loro cuori stavano battendo all’impazzata, ma sicuramente quello di Henry aveva
un ritmo più veloce.
«Citofoniamo».
Disse William.
Henry
premette il campanello e avvicinò la faccia al citofono per poter parlare.
«Chi
è?». Disse una voce che non sembrava quella di babbo natale, forse, era un suo
elfo.
«Sono
Henry, devo parlare con babbo natale». Disse appunto Henry.
«Babbo
natale non aspetta nessuno». Disse l’elfo e se ne andò.
Henry
s’infuriò e suonò di nuovo il citofono, lasciando attaccato il dito al pulsante
fino a quando l’elfo gli rispose nuovamente.
«Sono
sempre io Henry e devo parlare con babbo natale, io so come salvare il
natale!». Esclamò, quasi gridando e assordando il povero elfo.
«Davvero…
sai come salvare… il natale». Disse l’elfo, incredulo.
«Glielo
chieda ci siamo scambiati delle e-mail, mi conosce». Disse ancora Henry per
convincerlo a farli entrare, ma non sapeva che l’aveva già convinto, quando gli
aveva detto che sapeva come salvare il natale.
Il cancello s’aprì.
«Entrate».
Disse un’altra voce al citofono, quella sembrava proprio la voce di babbo
natale.
Era
un emozione sentire la sua voce, un uomo leggendario che con un solo gesto era
capace di far felice tutto il mondo.
S’accese
una luce, che illuminò il portone della casa. Quando s’apri la porta s’affacciò
babbo natale.
«Entrate,
starete morendo di freddo». Disse Claus e loro non se lo fecero ripetere due
volte e corsero verso l’entrata.
Dopo
che furono entrati, Claus chiuse la porta e li accolse in casa, in una maniera
davvero gentile.
Si
tolsero le giacche e tutta la lana che indossavano, perché li dentro c’era
molto caldo.
Da
lontano sentivano, il profumo della legna che bruciava nel camino e il suono
scoppiettante che la legna produceva a contato con il fuoco.
Si
presentarono.
«Io
sono Henry e ho dieci anni». Disse Henry e dopo, strinse la mano a Claus.
«Io
sono Daniel e ho quindici anni». Disse Daniel e dopo, strinse la mano a Claus.
«Io
sono William e ho diciotto anni». Disse William e dopo, strinse la mano a
Claus.
«Io
sono Claus o come mi chiamano tutti babbo natale, accomodatevi, siete i
benvenuti. Avete bisogno di qualcosa di caldo, una pasta al pomodoro e parmigiano, oppure volte farvi un
bagno caldo. Insomma, fate come se foste a casa vostra». Disse Claus.
I
ragazzi scelsero il bagno caldo e la pasta; Claus gli sorrise.
Gli
indicò la loro stanza, quella in cui avrebbero dormito e gli fece fare anche un
giro della casa.
Si
svestirono e nel frattempo, l’elfo cuoco incominciò ha preparargli la pasta.
Misero
i vestiti, in un luogo del bagno in cui sarebbero rimasti asciutti e ognuno di
loro entrò nella doccia e per qualche istante, rimasero sotto il getto caldo,
perché avevano davvero bisogno di riscaldarsi; d’altronde, loro non erano
abituati al clima rigido della Lapponia.
Dopo,
incominciarono a lavarsi, prima i capelli e dopo, il corpo; quando, uscirono
dalla doccia e s’asciugarono con un accappatoio e un phon.
Si
vestirono e andarono in cucina dove, c’era babbo natale seduto sulla sua
poltrona e l’elfo cuoco che metteva la salsa sopra la pasta appena scolata.
La
girò e un profumino davvero invitante invase tutta la stanza. I tre ragazzi si
misero subito a sedere davanti ai loro piatti, in attesa di assaggiare quella
pasta buonissima.
Si
misero a mangiare e quando finirono, si sentirono veramente sazi.
«Allora
mi hai scritto un e-mail in cui mi scrivevi che sapevi come salvare il natale,
ecco, spero che la tua idea riesca a salvare il natale, perché, ora come ora,
non siamo messi molto bene». Disse Claus.
«Certo,
la mia idea è geniale e semplice e per te è a costo zero, non dovrai sborsare
nemmeno un soldo». Gli disse Henry e in quell’istante lo fece rimanere senza
parole.
«Nemmeno
un soldo, niente spese». Disse sbalordito, dalla genialità di Henry.
«Già,
non dovrai far altro che chiedere alla gente di spedirti le cose che non usano
più e tu riciclerai quei regali ad altra gente». Disse semplicemente, come se
la sua idea fosse una cosa da niente; invece, era il modo in cui avrebbero
salvato il natale.
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