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È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.
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"Ecco il settimo capitolo, buona lettura. S'avvicina natale che bello!, anche voi non vedete l'ora che arrivi il 25. Vi do un'anteprima: il capitolo 8 parlerà del giorno di natale.
ATTENZIONE!: la mattina di natale insieme al post degli auguri, vi posterò anche un'anteprima del capitolo otto.
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Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Non perdete l'OTTAVO CAPITOLO, IL 25 DICEMBRE ORE 21:00"
CAPITOLO 7: UN MESSAGGIO
Finalmente
era arrivata la sera; erano le sette e tra un’ora, sarebbero andati a tavola.
Mentre i ragazzi addobbavano la casa, l’elfo cuoco s’era messo a cucinare, una
cena a base di rosbif, patate e insalata.
Henry
e Neal si trovavano affacciati alla finestra e guardavano tutti quegli alberi
illuminati, li contemplavano e venivano risucchiati dalla magia del natale.
Dopo,
tutti i ragazzi andarono alla finestra e si misero a osservare quello che
avevano fatto.
Alla
fine, quando venne buio, s’accorsero che il presepe di neve non si vedeva e per
questo, decisero di metterci attorno delle lucine bianche. Al buio, quelle luci,
permettevano di valorizzare ancor di più quel presepe.
«Ciao
zio». Disse Clary a Sulac.
«Ciao».
Le rispose dopo essersi tolto il giacchetto, era appena rientrato dall’acquisto
delle materie prime.
«Bel
lavoro!. Mi piace come avete addobbato, ancora meglio dell’anno scorso». Esclamò
Sulac con un sorriso.
«Zio,
perché continuiamo a costruire le cose, visto che la crisi è diminuita?». Gli
chiese Clary.
«Costruire
le cose è diventata una filosofia di vita e anche un modo per non gravare
sull’ambiente ed essere ecologici». Le rispose, spiegandole la filosofia che si
nascondeva dietro la costruzione dei regali.
Il
tempo passava, erano ormai le otto, così decisero d’andare a mangiare quello
che gli aveva preparato l’elfo cuoco. Tutto il cibo era davvero squisito. Se ci
fosse stato, altro magro o patate, avrebbero fatto volentieri il bis.
Incominciarono
a parlare del più e del meno, mentre aspettavano il dolce. Mentre gli altri
stavano parlando, Henry se ne stava in silenzio, per riflettere dentro di se; c’era qualcosa che
non gli tornava.
«Claus,
non lo vediamo da ieri sera, forse ci dobbiamo preoccupare». Disse Henry e
tutti quanti rimasero di stucco. Si girarono e guardarono in faccia Henry; come
avevano fatto a non accorgesi dell’assenza di Claus.
In
quell’istante, gli si gelò il sangue nelle vene e il loro respiro diventò
sempre più affannato. Gli bastò solo un attimo, perché gli passasse nelle loro
menti le immagini di Claus sorridente.
Semplicemente,
erano stati troppo impegnati nel preparare il natale. In quel momento, erano
solo arrabbiati con se stessi.
Continuarono
a guardarsi in faccia, rimanendo in silenzio; non avevano voglia di parlarsi,
ma prima o poi, l’avrebbero dovuto fare.
Dentro
di loro, si sentivano colpevoli per non aver capito la sofferenza che provava
Claus.
Avevano
perso Claus; un natale senza di lui, sarebbe stato come se la ciurma di
capitano Uncino, avesse perso il suo capitano.
Certo,
il natale sarebbe andato avanti, tutti i preparativi sarebbero continuati, ma
non sarebbe stata la stessa cosa; Claus non mandava avanti da solo il natale,
ma era aiutato da tante persone.
Claus
rappresentava lo spirito del natale e senza di lui, questo natale sarebbe stato
diverso, privo d’emozioni e di gioia.
«Perché?».
Gridò Clary. La sua espressione facciale, cambiò nel giro di pochi secondi.
Quegli occhi grandi e splendenti, erano diventati molto tristi. Non era giusto
che provasse dentro di se quella sofferenza, non se lo meritava.
William,
la guardava e non poteva far niente contro la sua sofferenza; in quel preciso
istante, si sentì inutile, non voleva che lei fosse triste, perché gli voleva
bene.
Gli
occhi di Clary diventarono lucidi in pochi secondi, era lì, di fronte a tutti e
cercava di controllarsi e quando non ce la fece più, s’alzò dalla sedia
facendola strusciare per terra e scappò via.
Ma
per quanto provasse a scappare, non poteva fingere che Claus non fosse tornato
a casa.
William,
l’osservava mentre scappava; riusciva a sentire lo stesso dolore che provava
lei. Così, s’alzò dalla sedia e corse fino alla camera di lei. Corse per le
scale, così veloce, che quando arrivò di fronte alla camera di lei, aveva il
fiatone. Di una cosa era sicuro: non l’avrebbe lasciata sola e lui ci sarebbe
sempre stato per lei.
Quando
aprì la porta, la trovò sul letto in posizione fetale, aveva portato le gambe
all’altezza della pancia e se le stringeva con le braccia, come per proteggersi
da tutta quella sofferenza che provava.
William
entrò dentro la stanza, s’avvicinò al letto e si sdraiò dietro di lei.
L’abbracciò stretta a se, facendo aderire il suo corpo con quello di lei.
Non
le disse niente, cosa poteva dirle; a volte il silenzio è più importante delle
parole.
Cosa
doveva dirle, che sarebbe andato tutto bene, quando non sapevano nemmeno, per
quale motivo non era ritornato a casa. Anche William era triste e spaventato,
ma doveva essere forte per lei.
Per
diversi minuti, lei continuò singhiozzare fino a quando si calmò, lì, tra le
braccia di William.
In
cucina, dopo un momento in cui stettero in un silenzio assoluto, iniziarono a
parlare. Non avevano mangiato neppure il dolce, quella notizia li aveva turbati
troppo.
«Sono
preoccupato». Disse Henry e tutti quanti lo osservarono.
«Per
cosa?». Gli chiese Sulac.
«Non
può essere una coincidenza il fatto che Claus sia sparito e che io ho avuto delle strane sensazioni su di lui?».
Disse ancora Henry.
Solo
ora, Henry aveva capito le sue strane sensazioni che sentiva su Claus.
“Perché l’ho capito solo adesso?”,
si chiese nella sua mente. In quel momento era sia arrabbiato che triste.
«È
tutta colpa mia, avevo avuto delle strane sensazioni su Claus. È tutto il mese
che ho queste sensazioni, dovevo capire, come l’altra volta». Disse gridando e
poi, chiuse le dita della mano in un pugno e lo tirò sul tavolo. Tutti quanti
si misero a guardarlo, dovevano stare attenti alle parole che gli avrebbero
detto, non potevano rischiare di ferirlo e di farlo sentire più in colpa.
«No,
non è colpa tua». Gli disse suo padre, mentre lo guardava intensamente negli
occhi.
«Henry
non sentirti in colpa». Gli disse Sulac, ribadì ancora per cercare di
convincerlo.
Henry
alzò gli occhi e li guardò entrambi con uno sguardo terrificante, arrabbiato e
triste.
S’alzò
da tavola e il suo sguardo si perse nel vuoto, incantato da un sentimento di
dolore che nasceva nel suo cuore. Poi, voltò la testa e si mise a osservare il
posto a tavola di Claus: era vuoto, esattamente come il suo cuore.
Gli
mancava terribilmente Claus, non solo perché lui rappresentava il natale, ma
anche perché era l’unico che riusciva a capirlo con un solo sguardo.
I
suoi occhi s’inumidirono, erano sempre più lucidi a ogni secondo che passava,
non riusciva più a trattenere le lacrime. Abbassò la testa e tirò un altro pugno sul tavolo, così forte che fece
tremare tutti i piatti.
Lentamente,
le lacrime gli cominciarono a rigare la faccia, per poi scendere e cadere nel
piatto che aveva sotto di se.
Tutti
quanti lo guardarono in silenzio per pochi secondi.
«Henry,
anche se ci conosciamo da poco, non ti devi sempre prendere la colpa di tutto.
Non è colpa tua se Claus se ne andato e poi, stasera non è tornato. Non è
giusto che tu ti senta in colpa. Sai, mio padre mi ha raccontato come ti
sentivi per Neal, il senso di colpa che provavi e che portavi dentro di te. Ma
non fare così, non sentirti in colpa». Gli disse Gabriel.
Henry
alzò la testa, fino a incontrare gli occhi di Gabriel, smise di singhiozzare,
ma i suoi occhi erano spenti e privi di qualsiasi emozioni.
«Mi
manca Claus, mio nonno». Disse Henry, rincominciando a singhiozzare.
«Manca
a tutti». Dissero in coro, tutti quanti. In quell’istante, Henry fu felice di
avere una bellissima famiglia.
Dopo,
s’alzarono dalla sedia e gli andarono vicino per abbracciarlo. Tutto quel calore
e quell’amore, fece sentire Henry meno solo e meno triste.
Gli
misero nel ghiaccio sulla mano e gli curarono la ferita. Era passata un’altra
ora e ancora, Claus non si vedeva.
«Non
possiamo più aspettare, dobbiamo andare a denunciare la sua scomparsa». Disse
Sulac.
La
Befana, Henry, Sulac e Gabriel sarebbero andati a denunciare la scomparsa di
Claus.
Così,
andarono nelle loro camere per indossare la giacca, il cappello, la sciarpa e i
guanti.
Dopo,
uscirono dalle loro camere, per ritornare davanti alla porta d’ingresso.
Uscirono di casa e s’avviarono fino al garage, per salire in macchina.
Sulac
si mise alla guida; il tempo sembrava non passare mai e la strada sembrava
infinita.
«Forse,
non avrei mai dovuto dire a Claus che era mio nonno». Disse Henry a tutti
quanti.
Sulac
guardò Henry dallo specchietto retrovisore.
«No,
hai fatto bene a dirglielo, sono sicuro che questa cosa, anche se la scosso,
l’ha reso molto felice. Anche se non me l’ha mai detto, io credo, che in cuor
suo lo sperava, che foste parenti. Ti vuole molto bene e mio fratello in genere,
non si affeziona così tanto alle persone». Gli disse Sulac, mentre guidava.
«Gli
voglio bene anch’io». Disse Henry con un sorriso.
Così,
dopo una ventina di minuti arrivarono davanti al commissariato, Sulac,
parcheggiò la macchina e dopo, uscirono. Erano tesi e preoccupati. In cielo
c’era una luna, bella e splendente.
Entrarono
dentro al commissariato e quando li chiamarono, entrarono dentro. Un
poliziotto, li attendeva dietro una scrivania.
«Lei
è il… è proprio lei». Disse il poliziotto.
«Sì,
sono io». Gli rispose Sulac.
Il
poliziotto s’alzò per stringerli la mano.
«Vogliamo
denunciare la scomparsa di Claus?». Gli disse Gabriel.
«Davvero,
babbo natale è scomparso?». Gli chiese il poliziotto, con un’aria incredula.
«Sì,
non stiamo scherzando». Ribadì Gabriel.
«Da
quanto?». Gli chiese il poliziotto.
«Da
ieri sera, intorno alle dieci». Gli rispose Sulac.
«Cos’è
successo?». Chiese ancora il poliziotto, mentre stava cominciando ad annotare
tutte le risposte che gli stavano dando.
«Ha
scoperto, che la sua famiglia e la nostra sono imparentate, lui è il padre di
mio padre, mio nonno». Gli disse Henry.
«Ma
te sei il bambino, che l’anno scorso, ha salvato il natale?». Gli chiese.
«Sì».
Gli rispose Henry.
«Stamattina,
abbiamo trovato un biglietto sul tavolo in cui ci ha scritto che aveva bisogno
di tempo per riflettere, per quello che era venuto a sapere. Ma, mio fratello
sarebbe andato nel bosco a fare una passeggiata, fa sempre così quando è triste
o pensieroso, ma torna sempre dopo qualche ora». Disse Sulac.
Così
denunciarono la scomparsa di Claus. Al primo sorgere del sole, avrebbero
mandato una squadra speciale per controllare se si fosse fatto del male in
montagna. Questa era la loro unica
spiegazione, era caduto, magari si era fatto male e non poteva muoversi. La
notte in Lapponia era molto fredda e speravano tanto che si trovasse in un
posto riparato dal freddo, come una grotta.
Nel
viaggio di ritorno, stettero in silenzio, non avevano niente da dirsi.
Gli
bastava chiudere gli occhi per vedere la faccia sorridente di Claus, in quel
momento, gli mancava come l’aria che respiravano.
Quando
arrivarono a casa, Sulac, parcheggiò la macchina in garage. La temperatura
esterna era sempre più fredda; avevano davvero paura che il freddo fosse fatale
per la vita di Claus.
Entrarono
in casa e andarono subito a dormire. Henry entrò in camera e dopo essersi messo
il pigiama, si mise nel letto. C’era un letto vuoto, William era rimasto a
dormire con Clary.
Era
una notte diversa da tutte le altre; mentre, per tutti quanti, era una notte
come le altre.
Tutti
quanti si rigiravano nel letto, nessuno di loro riusciva a dormire. Allora,
provarono ad addormentarsi verso il loro lato preferito, chiudevano gli occhi e
provavano a svuotare la mente da ogni pensiero. Ma quando dentro di te hai un
pensiero, come quello che avevano loro, non riuscirai mai ad addormentarti. Non
appena chiudevano gli occhi, gli veniva in mente Claus, solo e al freddo,
quando loro erano al caldo delle coperte.
Si
rigiravano e poi, quando guardavano la sveglia, s’accorgevano che il tempo non
passava mai. L’una…, le due…, le tre… e le quattro….
Così
stanchi di rigirarsi nel letto, decisero d’alzarsi e di raggiungere il salotto;
c’erano tutti tranne Henry, che dormiva profondamente nel suo letto.
Erano
le quattro del mattino e di li a poco avrebbero iniziato le ricerche di Claus.
Sulac teneva il cellulare acceso, nella speranza di ricevere dei messaggi
positivi.
Passarono
così alcune ore e dopo, un po’ arrivò un messaggio a Sulac.
“Ricerche iniziate”.
«Hanno
appena iniziato le ricerche». Disse Sulac a tutti.
«Speriamo».
Disse Clary.
«Vedrei
andrà tutto bene». Le rispose William e dopo, le prese una mano per
stringergliela tra le sue.
Erano
lì in salotto e attendevano delle notizie, che sarebbero arrivate alla fine
della giornata; tutti quanti non vedevano l’ora di riabbracciare Claus.
Trascorsero
il resto della giornata continuando a preparare il natale; perché anche senza
Claus, questa festa doveva andare avanti, per consegnare i regali il
venticinque dicembre.
Henry
continuò a dormire come se niente fosse e a differenza degli altri, non aveva
avuto problemi ad addormentarsi.
Così,
dopo essersi messo a letto, si coprì con le coperte fin sopra la testa, come
per voler lasciare fuori i brutti pensieri su Claus.
Chiuse
gli occhi e dopo qualche minuto, il sonno prese il sopravvento su di lui. Lì,
nel suo sonno, era sereno, nonostante fosse a pezzi per la scomparsa di Claus.
“All’improvviso venne catapultato
in un sogno; queste cose gli accadevano
e non le poteva impedire.
Si trovava in una casa che non
conosceva e non sapeva nemmeno dove si trovava; in quel preciso istante, non
capiva perché stava sognando quel luogo.
Si mise a camminare e a esplorare
quella casa; lui camminava, ma nessuno lo vedeva.
Era una casa vecchia, tuttavia, era
molto carina e graziosa. Allo stesso tempo, era molto inquietante, c’era troppo
silenzio. Il silenzio è molto bello, ma qualche volta, può essere molto
spaventoso.
Continuò così a camminare e visitò
tutte le stanze di quella casa, erano davvero molto belle, però qualcosa lo
mise in allarme.
Per quanto quelle stanze fossero graziose,
aveva l’impressione che quella casa fosse abbandonata, perché c’era un odore di
rinchiuso e su alcuni oggetti, c’era moltissima polvere.
Queste cose lo misero in allarme,
tanto che ora, aveva quasi paura di girare per quelle stanze; ma il suo, era soltanto
un sogno e non gli sarebbe potuto accadere niente di male.
Finalmente arrivò all’ultima stanza
e si trovò di fronte a una porta, bianca e chiusa. Appoggiò una mano sulla
maniglia, la tirò giù, ma s’accorse che era chiusa a chiave. Chiunque si
sarebbe arreso, ma non lui.
Henry era sempre stato un bambino
curioso, per questo s’abbassò per guardare dal buco della serratura, vide una
stanza come le altre, bella ma molto polverosa, poco illuminata e quasi al
buio.
Si mise a osservare meglio quella
stanza e s’accorse che in fondo c’era qualcuno a sedere, era troppo buio per
distinguere quella persona.
Dopo, nonostante la porta fosse
chiusa, si ritrovò dentro quella stanza. Così, s’addentrò dentro quella stanza
e s’accorse che quella persona in fondo alla stanza era Claus.
Lui stava sognando quello che stava
accadendo a Claus, non poteva fare niente per aiutarlo e nemmeno poteva
parlargli.
Lo vide, lì, solo, sembrava davvero
triste. Avrebbe fatto di tutto per farlo sorridere, ma, aimè, non poteva far niente.
Era legato e non si poteva muovere,
i suoi vestiti erano tutti sporchi di nero e strappati in qualche punto.
“Mi mancate così tanto!”. Pensò
Claus nella sua mente e dopo, chiuse gli occhi.
“Non so cosa darei per dire a Henry
che sono felice di essere suo nonno. Che è un onore essere il nonno di quel
bambino, così altruista e che ha fatto di tutto per salvare il natale.
Voglio solo stargli vicino e
consolarlo quando è triste, visto che sono l’unico che lo capisco. Per me, è
come un figlio e lo voglio vedere crescere; invece, sono bloccato qui e non so
se lo rivedrò ancora.
Ma, aimè sono stato scemo, mi sono
rinchiuso in camera, all’inizio quella notizia mi ha sconvolto, ma poi, dopo
aver riflettuto, ho capito che era una bella cosa”. Quando smise di pensare,
dai suoi occhi cominciarono a scendere delle lacrime silenziose e anche Henry
si commosse sentendo quelle parole.
Avrebbe voluto andargli vicino,
abbracciarlo e parlargli per digli che gli voleva bene; ma non poteva fare
niente di tutto questo.
Era in un sogno, non era la realtà,
anche se in realtà, quello che vedeva stava accadendo veramente”.
Henry
si svegliò nel tardo pomeriggio, aveva davvero tanto sonno; ma non uscì dalla
sua camera, aveva bisogno di stare solo. Era triste, gli mancava Claus; quando
pensava a lui, lo vedeva lontano e solo in quella stanza fredda. Gli bastava
pensare un secondo a Claus, perché gli venissero le lacrime agli occhi.
Anche
questa volta, il suo sogno era stato inutile, perché non sapeva dove si
trovasse quella casa; per questo, c’è l’aveva con se stesso.
Era
arrabbiato con se stesso e per questo, avrebbe voluto rompere tutto e tirare pugni
ovunque.
Aveva
passato tutto il giorno a navigare su internet, non aveva voglia di fare
niente, quando in realtà, avrebbe dovuto aiutare gli elfi e tutti gli altri a
preparare il natale.
Dovunque
andasse, ovunque sito in cui navigasse, c’era sempre qualcuno che parlava di
Claus.
La
pagina facebook di Claus, era invasa di domande delle persone che chiedevano informazioni
su di lui, ma Henry, non gli voleva e non si sentiva pronto per rispondergli.
Nemmeno lui sapeva la risposta alla domanda “Claus
è tornato?”; la sua unica domanda, quella che si ripeteva da qualche ora, “dove si trova quella casa, in cui Claus
viene tenuto prigioniero!”.
Per
sgracchiare le gambe, s’alzò dalla sedia, che stava davanti al computer.
Aprì
la porta e davanti a se, trovò dei panini, un dolcetto e un bicchiere di latte,
così li prese e dopo, la richiuse.
Si
mise a sedere e incominciò a mangiare; non ci vedeva più dalla fame.
Mentre
Henry era a dormire, tutta la sua famiglia era impegnata a preparare il natale.
C’era chi impacchettava i regali e poi, ci scriveva l’indirizzo.
C’erano
ancora degli elfi che creavano i regali con le materie prime. Addirittura,
arrivavano perfino le ultime lettere di tutte le persone che gli chiedevano i
regali all’ultimo minuto; in qualche modo, dovevano accontentare anche loro.
La
Befana era impegnata ad accogliere i furgoni, che le consegnavano tutte le cose
che venivano donate dalle persone. Anche quest’anno, le persone si erano
rivelate molto generose, tantissimi regali riciclati, avrebbero ripreso vita
nelle mani di altre persone; in questo modo, niente veniva sprecato.
Alcuni
elfi meccanici, controllavano la slitta; doveva essere tutto apposto. Con
quella slitta, ci dovevano volare e fare il giro del mondo e per questo, non ci
dovevano essere problemi.
Sulac
era lì, con gli elfi meccanici, a controllare la slitta, perché era incuriosito
molto da questo mezzo di trasporto, visto che era appassionato di motori.
Anche
senza Claus, il natale andava avanti, perché anche lui avrebbe voluto così.
Erano tristi e ogni tanto, tutti quanti andavano a chiedere a Sulac se c’erano
novità e ogni volta, lui gli rispondeva che non avevano ancora trovato Claus.
Avevano
impiegato più squadre per la ricerca, ma per ora, non lo avevano ancora trovato
e non avevano trovato nemmeno delle tracce di lui, come i suoi oggetti, i suoi
vestiti o delle impronte di scarpe.
Quando
gli sarebbe piaciuto a Sulac, rispondere a quella domanda che gli facevano
tutti quanti, almeno ogni ora: “sì,
l’hanno trovato”.
Invece,
ogni volta doveva sempre rispondere che non c’erano novità e che non l’avevano
ancora trovato e ogni volta, si sentiva morire dentro. Senza suo fratello, si
sentiva perso, come se gli avesse
portato via una parte di se.
Per
l’ora di cena, Henry decise di uscire dalla camera, per andare a cenare. Quando
raggiunse la cucina, trovò tutti quanti lì, intenti a cucinare e ad
apparecchiare, tranne Neal, che era nel salotto a guardare la televisione.
Sulac
prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, compose un numero che aveva
scritto su un pezzo di carta e poi, si portò il cellulare all’orecchio. Il
telefono dall’altra parte aveva incominciato a suonare.
Tutti
quanti l’osservavano in silenzio, attendevano quella telefonata da tutto il
giorno.
«Pronto
sono Sulac, l’avete trovato?». Gli chiese.
«No,
non ci sono nemmeno delle tracce che sia stato lì. Continueremo a cercare
domani, ma dobbiamo incominciare a considerare altre piste». Gli disse il
poliziotto e poi, chiuse la chiamata. Sulac si rimise il cellulare nella tasca
dei pantaloni e dopo, guardò uno per uno tutti i suoi familiari, nei loro occhi
c’era la speranza di ricevere una buona notizia.
Sulac
chiuse gli occhi per qualche secondo; in quell’istante, nella sua mente
riusciva a vedere l’immagine di Claus che gli sorrideva. E più vedeva
quell’immagine e più si sentiva morire dentro. Era solo un sogno della sua
immaginazione e una volta aperti gli occhi, svanì tutto quanto.
«Non
l’hanno trovato». Disse amareggiato.
Tutti
quanti erano amareggiati; si erano visti sfumare la possibilità di passare un
natale insieme a Claus.
Dopo
dieci minuti, quando fu pronta la cena si misero tutti a tavola. L’elfo cuoco
s’era dato da fare per preparare una cena davvero speciale, per fargli
dimenticare della scomparsa di Claus. Per quanto il cibo fosse squisito, il
boccone da buttare giù restava sempre amaro.
Non
parlarono per niente, quando, nelle altre sere, erano abituati a discutere su
ogni argomento. Era un silenzio spaventoso.
In
quel tavolo c’era un posto vuoto, una sedia vuota, come il vuoto che sentivano
dentro i loro cuori; mancava Claus a sedere a capotavola.
Mentre
mangiavano, guardavano la televisione e a quell’ora, c’era il telegiornale che
parlava interamente della scomparsa di Claus.
Le
uniche parole erano quelle del giornalista.
“Claus è scomparso da più di
ventiquttr’ore. Non si hanno più notizie di lui, non sappiamo il motivo, ma da
fonti quasi certe, sappiamo che ha saputo qualcosa che lo ha turbato e per
questo, se ne andato di casa lasciando un biglietto alla famiglia.
Squadre di ricerche lo stanno
cercando in montagna, ma non l’hanno ancora trovato. Hanno interrotto le ricerche
a causa del buio, ma riprenderanno alle prime luci dell’alba.
Stanno vagliando altre ipotesi, al
prossimo telegiornale per i prossimi aggiornamenti”.
Henry
prese il telecomando della televisione, per cambiare canale; non voleva sentire
parlare di Claus. Tutti i canali non facevano altro che parlare della scomparsa
di Claus; non potevano scampare a questa notizia.
«È
tutta la mattina che ne parlano». Disse Neal.
«Anche
la rete è intasata, la gente ne parla. La pagina facebook di Claus è piena di
messaggi, di persone che sono davvero preoccupate per lui». Disse Henry, da
quando si era svegliato aveva passato tutto il tempo a sentire notiziari e a
navigare su internet; ma dovunque andasse, sentiva sempre parlare di Claus e
allora, gli riveniva in mente Claus prigioniero in quella stanza.
“Claus dove sei?”.
“Claus dove sei andato?”.
“Come faremo a festeggiare il
natale senza di te!”.
“Chi ci porterà i regali?”.
“Torna a casa, qualunque cosa ti
sia successa. Non c’importa del natale, vogliamo solo che tu stia bene”.
Queste
erano le cose che le persone scrivevano sulla pagina facebook di Claus.
Continuavano ad arrivare messaggi ogni secondo.
Quando
finirono di mangiare la cena squisita che gli aveva preparato l’elfo domestico,
erano davvero sazi.
Tutti
quanti, dopo aver mangiato una fetta di dolce, andarono in salotto a guardare
un film, tranne Henry che era rimasto a sedere per mangiare la mela.
«Non
vai con gli altri?». Gli chiese Sulac.
Henry
finì di masticare il boccone di mela che aveva in bocca e poi, alzò la testa
verso Sulac.
«No,
ti aiuto a sistemare la cucina». Gli disse e dopo, attaccò un altro morso alla
mela.
«Va
bene». Gli rispose Sulac.
Sulac
incominciò a prendere i piatti, le posate e i bicchieri che si trovavano sul
tavolo, per portarsele vicino all’acquaio.
Dopo, sciacquò tutto quanto sotto l’acqua corrente
e mise tutto quanto sul bancone della cucina, che si trovava accanto al
lavello.
Nella
buca dell’acquaio mise acqua calda e sapone e dopo, incominciò a lavare.
Quando
Henry finì di mangiare la mela, s’alzò dal tavolo per andare a sciacquare i
piatti.
Così,
si mise ad aiutarlo.
«Perché,
sei strano e silenzioso?». Gli chiese Sulac, mentre continuava a lavare i
piatti, i bicchieri e le posate.
«Perché
hai passato tutto il giorno nella tua camera?». Gli chiese ancora e dopo, si
voltò per guardarlo negli occhi.
Henry
smise di sciacquare i piatti e mise l’ultimo, quello che aveva ancora in mano,
sullo scola piatti.
Guardò
in faccia Sulac e un attimo dopo, abbassò lo sguardo verso il basso.
«Ho
sognato Claus, non so se sia una cosa che è successa veramente, ma io l’ho
visto». Gli disse Henry e in quel preciso instante, rivide nella sua mente
l’immagine di Claus.
«Che
cosa?». Esclamò Sulac e subito dopo, chiuse la cannella dell’acqua.
«Dov’era?,
stava bene?». Gli chiese tutto d’un fiato. Il respiro di Sulac diventò
affannato.
«Non
so se quello che ho sognato era vero, ma se lo fosse stato, stava bene, ma non
benissimo.
Nel
mio sogno non era scappato, per aver ricevuto la notizia che è mio nonno.
Cioè
non lo so se sia scappato per questo, ma quello che so è che l’hanno rapito, si
trovava in una stanza, al buio, legato e con i vestiti tutti sporchi.
Non
so dove si trova questa casa, ma mi ha colpito una cosa, aveva degli oggetti
molto eleganti e belli, ma sopra avevano tanta polvere. Aveva anche tante
stanze e due piani». Gli disse cercando di ricordare il sogno che aveva fatto
la notte scorsa.
«Una
casa abbandonata». Concluse Sulac.
Sulac
non perse tempo e prese il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni, per
chiamare l’agente di polizia, che s’occupava del caso della scomparsa di Claus.
Sperava
soltanto che gli credesse alla storia che gli avrebbe raccontato di li a poco,
perché perfino per lui, era difficile credere al fatto che Henry riusciva a
sognare cose che accadevano realmente.
Il
telefono del poliziotto cominciò a squillare.
«Pronto
sono Sulac, mi dispiace per l’ora e spero di non averla svegliata, ma le devo
dire una cosa importante.
È
una cosa strana, ma mi deve credere, senza pregiudizi». Gli disse Sulac.
«Non
mi ha svegliato, mi dica pure». Disse il poliziotto.
Sulac
raccontò al poliziotto tutta la storia che gli aveva raccontato Henry.
«Le
credo, era su tutti i giornali, Henry aveva sognato che Claus aveva dei problemi
economici.
Incominceremo
a valutare questa pista». Gli disse e chiuse la chiamata.
«Grazie».
Disse Sulac a Henry.
Henry
si voltò verso Sulac e gli sorrise.
Quando
finirono di sistemare tutta la cucina, raggiunsero gli altri in salotto.
Sulac
raccontò a tutti del sogno di Henry e della possibilità che Claus fosse stato
rapito.
Per
quanto fosse ancora più triste accettare questa verità, ora sapevano come erano
andate le cose. Avevano ancora più paura che succedesse qualcosa a Claus.
«A
questo punto, credo che Henry deve diventare l’erede momentaneo di Claus, Che
ne dite?». Chiese Gabriel a tutti quanti.
«Credo
che sia giusto, lui avrebbe scelto te». Disse William.
«Lui
ha sempre visto in te, il suo successore». Disse Clary.
Dopo
aver finito di vedere il film andarono a dormire, erano veramente stanchi,
perché dalla mattina alla sera, non facevano altro che preparare il natale.
Così,
dopo essersi lavati i denti e messi il pigiama, andarono subito a letto.
«Non
vedo l’ora che lo ritrovino». Disse Henry con un sospiro.
Tutti
i suoi fratelli lo guardarono e s’accorsero delle sua strana espressione del
viso, sembrava davvero molto triste.
«Vedrai
lo ritroveranno presto, si sarà sperso nel bosco, oppure hai ragione te e…».
William fu interrotto da Henry e non gli permise di continuare a parlargli.
Henry
si voltò verso William e gli fece di no con la testa.
«No...».
Disse Henry.
«Come
no?, lo ritroveranno, forse hai ragione te, forse è stato rapito». Gli disse
ancora William.
«Io
l’ho sognato e sembrava che l’avessero rapito, era sporco e aveva paura». Disse
Henry, senza pensare che quelle parole avrebbero potuto far riaffiorare alla
mente del piccolo Neal, quello che aveva dovuto affrontare un anno fa.
Neal
guardò in faccia Henry e in quel preciso istante, gli passò davanti agli occhi,
tutto quello che aveva dovuto passare quando era stato rapito. Vide tutto, come
se stesse vedendo una scena d’un film.
Anche
Daniel e William rabbrividirono, perché sapevano che quello che sognava Henry,
molte volte, era la verità.
Non
appena misero la testa sul cuscino e si coprirono andarono subito nel mondo dei
sogni; tranne Neal, non riusciva a dormire, non riusciva a chiudere gli occhi.
Come
li richiudeva, rivedeva nella sua mente il volto dei suoi rapitori. Così, preso
dal panico, piangeva senza farsi sentire, nel silenzio della notte.
Si
svegliarono molto presto, alle prime luci del mattino, quando il cielo era
ancora scuro e il sole cominciava a dare il cambio alla luna.
Quella
mattina si svegliarono tutti insieme e si ritrovarono subito in cucina; avevano
ancora tanto fa fare.
L’elfo
cuoco aveva già preparato la colazione per tutti.
Si
misero tutti a sedere, tranne Sulac che rimase in piedi.
All’improvviso,
squillò un cellulare e tutti quanti si voltarono verso quel suono.
A
Sulac era arrivato un messaggio, così, prese in mano il cellulare e toccando
con il dito sullo schermo, lo poté leggere.
Tutti
quanti lo guardavano, mentre leggeva; erano curiosi di scoprire chi gli aveva
scritto. Quando lui finì di leggere, alzò il volto fino a incontrare gli occhi
di tutti quanti.
L’espressione
di Sulac era qualcosa di indescrivibile. Era molto spaventato e per questo, gli
incominciarono a tremare le mani. Tutti quanti lo guardavano e non riuscivano a
capire che cosa gli stesse succedendo.
Per
questo, non riusciva a tenere fermo il cellulare, che in quel momento stava
tremando insieme alla sua mano.
«Che
c’è?». Gli chiese Henry; era molto preoccupato per lui.
All’improvviso
il cellulare gli cadde dalle mani e quando rimbalzò sul tappeto, produsse un
rumore che fece spaventare tutti quanti.
Dopo,
Sulac s’inginocchiò per terra, cadendo come il suo cellulare. Si portò le mani
sulla faccia.
«Zio!,
che cos’è successo?». Gli chiese Clary.
Lui
non le rispose, ma prese il cellulare da terra e lo alzò verso di loro e
Gabriel lo prese in mano e lesse quel messaggio. Per qualche istante, rimase
stralunato da quelle parole, non ci poteva credere, non potevano essere vere,
dovevano essere uno scherzo di cattivo gusto; ma, se invece, fossero state vere,
quale sarebbe stata la cosa giusta da fare?.
«Che
cosa c’è?». Chiese ancora Henry.
«Il
messaggio dice che dobbiamo fermare il natale, per riavere Claus». Disse
Gabriel a tutti quanti.
«Allora
l’ho sognato davvero Claus». Disse Henry.
«Sì».
Gli rispose Sulac, mentre stava ancora a terra e quando alzò lo sguardo verso
Henry, i suoi occhi erano leggermente lucidi.
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