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domenica 24 novembre 2013

IT'S CHRISTMAS TIME PARTE 1: 24 NOVEMBRE - CREDERE NEI SOGNI #4

DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.

"Questa settima non riuscivo a scrivere la storia, non trovavo l'ispirazione, ovvero quella voglia matta che mi porta a non voler mai smettere di scrivere. Se anche te scrivi sai a che cosa mi riferisco, ma se non lo fai non mi puoi capire. Poi all’improvviso è arrivata e ne ho approfittato.
L’ispirazione mi è venuta ascoltando questa canzone, Garry Schyman – Praan; andatela a sentire, perché è davvero molto bella.
Questa puntata mi è venuta benissimo, ancora meglio della precedente, perché vi sto portando sempre più vicino al punto in cui scoprirete come farà Claus a salvare il natale. Secondo voi come farà?, scrivetemelo in un commento, vediamo se qualcuno c’indovina. Mi è venuta più lunga, perché quando scrivo e la storia mi prende non finisco più, se è troppo lunga fatemelo sapere.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata il 1 Dicembre".

PER LEGGERE LA TERZA PARTE DI “IT'S CHRISTMAS TIME ” CLICCA QUI.

CAPITOLO 4: 24 NOVEMBRE - CREDERE NEI SOGNI

Era ormai arrivato il ventiquattro novembre e il natale era sempre più alle porte.
A babbo natale continuavano ad arrivare le lettere delle persone che gli chiedevano i regali.
Anzi, a dicembre era ancora peggio, perché c’erano sempre i ritardatari che chiedevano i regali all’ultimo momento. Babbo natale doveva accontentare anche loro.
Ormai, era passata una settimana da quando avevano avuto l’idea di fabbricarsi i regali, era una bella idea sulla carta. Sembrava essere la soluzione di tutti i loro problemi.
Ma non era così, infatti, un giorno si e uno no, erano costretti ad andare a fare rifornimento di materie prime; non ci voleva di certo un genio per capire che di li a poco, anche quest’idea sarebbe fallita.
Babbo natale fu chiamato un’altra volta dal suo elfo contabile; aprì la porta e lentamente s’accomodò nel suo studio.
Babbo natale era teso e per questo, si stropicciava le mani in modo nervoso. I suoi occhi erano spenti e privi di quella gioia, che aveva sempre avuto in questo periodo dell’anno.
Si mise a sedere e attese che il suo elfo iniziasse a parlare.
La faccia del suo elfo sembrava molto stanca, infatti, sotto gli occhi aveva delle occhiaie molto scure. Il suo sguardo era molto stanco, evidentemente aveva lavorato tutto la notte.
«Non ci siamo». Gli disse, come prima cosa.
Claus, s’è l’aspettava; anche se lui non era un contabile, sapeva fare due più due e capire quando i soldi  non erano sufficienti.
«Me l’ero reso conto, solo che una parte di me non voleva crederci. Una parte voleva credere di riuscire a salvare questo natale 2013. Volevo solo dare un po’ di speranza a chi non ne ha più. Non volevo deludere, chi è stato già deluso da altre persone, ma a quanto sembra, anch’io darò una fregatura». Disse con il cuore in mano; per lui il natale, non era soltanto un giorno rosso e di festa, ma era una vocazione.
L’elfo contabile prese il suo tablet e lo mostrò a Claus; durante la notte aveva fatto tutti i conti e aveva anche realizzato dei grafici per fare a capire a Claus, la triste situazione.
Claus prese il tablet e osservò quel grafico, era chiaro come il sole che la situazione era ancora più tragica di quello che avevano preventivato.
È proprio vero quel modo di dire che dice “quando pensi d’aver toccato il fondo, potresti andare ancora più in basso”.
Era evidente che la curva delle spese di stava avvicinando a quella dei loro risparmi economici. La sua idea di fabbricare i regali, non s’era rivelata una buona idea, anzi, forse aveva addirittura aggravato la situazione.
Ci voleva un miracolo per salvare questo natale. Dicono tutti, “la speranza era l’ultima a morire”, sì, ma qui la speranza era in fin di vita.
Claus gli restituii il tablet e dopo, guardò in faccia il suo elfo contabile.
«Devi chiamare tuo fratello, quello che è a capo del consiglio del governo centrale e chiedergli un prestito o un abbassamento delle tasse per questo periodo». Dopo, l’elfo smise di parlare, perché non gli voleva dire quello che aveva pensato, però sapeva di dover essere sincero con lui.
«Di questo passo, non ci sarà il natale, non potremmo accontentare tutte le richieste». Sul tavolo c’arano un sacco di fogli, scritti a mano e pieni di calcoli e c’è n’erano anche tanti accartocciati nel cestino; evidentemente, aveva lavorato tutta la notte per cercare una soluzione.
«Troveremo una soluzione, ma devi riposare, ho davvero bisogno di te, ma se non riposi, non sarai in grado di aiutarmi. In tanto, io andrò dal mio fratello». Disse Claus.
«Questo è  il foglio delle mie idee da proporre al governo». Glielo consegnò. Tutta la speranza era rivolta in quel foglio; ci pensate, un pezzo di carta avrebbe deciso le sorti del natale 2013.

Dovete sapere che questa storia non è ambienta proprio nel nostro mondo, ma in uno molto simile. Era un mondo che oltre ai governi di ogni stato, aveva un governo centrale che si chiamava, appunto governo mondiale.

Claus uscì dalla stanza dell’elfo contabile per andare a chiamare suo fratello Sulac. Era davvero tanto che non si sentivano, ma in qualche modo, erano sempre vicini.
Non litigavano mai, perché nonostante la distanza e l’impegno nei loro rispettivi lavori, si volevano molto bene.
Erano nati in una famiglia in cui, li avevano educati in modo tale da volersi bene. La loro famiglia li metteva entrambi sullo stesso piano e gli volevano bene allo stesso mondo.
Claus era leggermente più vecchio di suo fratello.
Claus entrò nella sua stanza da letto e si sedette sulla sedia. Prese in cellulare che teneva sul tavolo e compose lentamente il numero del fratello. Se lo ricordava a memoria, perché i numeri delle persone care ce li ricordiamo tutti.
Era almeno dall’estate scorsa che non lo sentiva. Mentre componeva il numero la sua mano incominciò leggermente a tremare. Per lui, era sempre un emozione forte parlare con il fratello.
Non appena sentì squillare il cellulare del fratello, il suo respiro diventò leggerete affannato e i suoi occhi diventarono lucidi.
«Pronto, fratello sono io, Claus». Gli disse, con una voce emozionata e dopo, lentamente, dai suoi occhi incominciarono a scendere delle lacrime di felicità.
Fece un respirò profondo, per tentare di calmarsi; ma non ci riuscì, non riusciva a bloccare quell’emozione.
«Ciao, fratello. È tanto che non ci si sente. Come stai?. Tutto bene, sento qualcosa di strano nella tua voce?». Gli disse quasi preoccupato e per qualche istante, non sentì altro che il respiro affannato del fratello.
«Certo è che mi sono emozionato, era tanto che non ti sentivo e mi mancavi». Gli rispose.
«Che c’è?». Gli chiese ancora, perché aveva capito che nonostante l’emozione, c’era qualcosa che lo turbava profondamente. D’altronde era suo fratello, lo conosceva molto bene e sapeva riconoscere dal suo respiro, se c’era qualcosa che lo turbava nel profondo della sua anima.
«Siamo nel casino, questa crisi ci sta stritolando, impedendoci di consegnare tutti i regali che mi chiedono. Vorrei proporti una cosa per fare in modo che questo natale 2013 diventi realtà, perché ora come ora mi sembra come un illusione».
«Vedrò cosa posso fare, c’è la fai per domani pomeriggio a presentarti di fronte al mio governo».
«Sì, ci vediamo fratello».
«Certo, non vedo l’ora». Gli ripose.

Claus, non perse tempo, si collegò subito a internet per comprare due biglietti aerei; uno per se e uno per il suo elfo contabile. Da solo, non avrebbe mai potuto affrontare le questioni burocratiche.
Si mise a preparare le valigie, mettendoci tutto quello che gli sarebbe servito.
La mattina seguente Claus e il suo elfo contabile, andarono in aeroporto con la macchina per prendere l’aereo, che li avrebbe portati fino al luogo in cui governava Sulac.
«Pensi, che accenteranno la tua idea?». Chiese Claus all’elfo.
«Voi la verità…». Gli chiese, quando vide nei sui occhi quella luce di speranza e quella voglia di lottare contro un mondo che stava diventando sempre più cattivo.
«Certo». Gli rispose.
«La vedo dura, ma la speranza è l’ultima a morire». Claus, abbassò la testa per un istante e subito dopo, chiuse per un momento i suoi occhi.
Lui avrebbe lottato con le unghie e con i denti, per portare la sua missione, ovvero far si che il natale 2013 diventasse una realtà.
Quando atterrarono, s’andarono a riposare in un albergo, che si trova vicino alla sede del governo mondiale.
                           
Dopo un oretta s’avviarono a pieni fino alla sede del governo. Quando entrarono nella sala del governo si ritrovarono di fronte a una stanza molto grande, con molti posti a sedere.
«Lei non può entrare». Disse un usciere.
«Guardi». Gli disse mentre prendeva dalla tasca il portafoglio con i suoi documenti.
«Sono il fratello del governatore». Gli disse.
«Passi pure».
«E tu». Disse l’ usciere all’altro usciere.
«Vai a chiamare il governatore».
Dopo qualche minuto, videro Sulac scendere dalle scale.
«Ciao fratello». Gli disse, mentre gli andava in contro e dopo, l’abbracciò in una stretta molto forte.
«Inizieremo tra dieci minuti». Gli disse e dopo, se  ne andò.

Dopo una decina di minuti, videro che la stanza del governo si stava riempiendo. Tante persone, che venivano votate dalle persone, avrebbero ascoltato la sua richiesta disperata. Non poteva pensare che loro non approvassero la sua idea, anche se sapeva che poteva essere una possibilità; non per colpa loro, ma perché tutto il mondo era in una crisi senza precedenti e le tasse dovevano restare alte.
Non si sarebbe arreso, neanche in caso di rifiuto; certo sarebbe stato difficile trovare una soluzione, ma avrebbe fatto di tutto per salvare quello in cui credeva di più: ovvero il natale.

Quando si misero a sedere Sulac s’alzo in piedi.
«So che avevo indetto questa riunione per discutere di altre cose, ma mio fratello Claus o meglio conosciuto come babbo natale, ci deve fare delle richieste, perché ora crede di non poter fare i regali a tutti quelli che glieli chiedono». Disse a tutti e poi, si rimise a sedere per dare la parola a suo fratello.
Claus s’avvicinò al microfono per iniziare a parlare.
«Io non sono un politico, perciò vi parlerò come se parlassi con il cuore in mano e come lo chiederei a mio fratello.
Mi arrivano tante richieste, ma non sono in grado di accettarle tutte, perché le tasse più alte, hanno influito sul prezzo finale dei regali.
Non posso neanche costruirmi i regali, perché il prezzo delle materie prime è troppo alto. Vi chiedo quindi d’abbassare le tasse, solo in questo periodo».

«Avete ascoltato la richiesta di mio fratello, io è i miei consiglieri ci ritireremo in modo da decide se la possiamo accettare; in caso di giudizio positivo,  la matteremo ai voti e sarà la maggioranza a decidere».  Sulac, s’alzò dalla sedia insieme ai suoi fedeli consiglieri. Claus e il suo elfo rimasero in attesa.
Dopo qualche ora, rientrò Sulac insieme ai suoi consiglieri.
«Abbiamo discusso, fatto qualche calcolo e ci siamo accorti che la richiesta di mio fratello è fattibile, ora la mettiamo ai voti e sarà la maggioranza a decidere».
Tutti quanti presero il telecomando tra le mani, c’erano due scelte: sì e no.
«Sì, accettate la preposta di mio fratello; no non l’accettate. Votate». Disse.
Tutti quanti si misero a votare.
Dopo qualche minuto comparvero su un tabellone dei punti rossi e verdi. Claus notò che i punti rossi erano di più di quelli verdi, non sapeva il significato dei due colori differenti, ma sicuramente il rosso non prometteva niente di buono.
Sulac guardò per un istante suo fratello con degli occhi tristi.
«Mi dispiace fratello, la tua proposta non è passata».
Claus si gettò per terra e gridò e dopo, dai suoi occhi incominciarono a uscire delle lacrime. Si sentiva impotente davanti al mostro della crisi.
Sulac s’avvicinò a suo fratello, s’inginocchiò e lo strinse forte, consapevole del dolore, del senza di rammarico e d’impotenza che provava in quell’istante.

Era passata una settimana anche per Henry, anche per lui si stava avvicinando il natale. Andava in giro per negozi per vedere tutte le vetrine colorate di mille colori; una più bella dell’altra.
Da quel giorno non aveva più smesso di sognare babbo natale, la sua casa, i suoi elfi e le sue renne.
Per i primi giorni pensò che fosse la sua immaginazione e la sua voglia di natale a creare quei sogni.
Dopo, ipotizzò che attraverso i sogni poteva vedere che cosa faceva veramente babbo natale. C’era solo un modo per capire se quello che aveva sognato era successo davvero.
Accese il computer e dopo, aprì il programma per le e-mail.
Era deciso, sicuramente la sua famiglia l’avrebbe prese per pazzo; ma lui era sempre stato un bambino che voleva sapere la verità.

Caro babbo natale,
la mia domanda ti sembrerà un po’ matta, ma qualche giorno fa ti sei seduto su una poltrona bevendo una bevanda calda e parlavi con il tuo elfo che si trova di fronte a te.
E hai detto esattamente queste parole.
«Che cosa farai?». Ti ha detto l’elfo.
«Io… farò…». Hai risposto tu, soltanto che non ho mai saputo la tua risposta.
Fammelo sapere al più presto.

Dopo  meno di un giorno controllò la sua e-mail e  si accorse che aveva ricevuto un e-mail da babbo natale.

Ciao Henry,
in genere non rispondo così in breve tempo, alle e-mail che mi inviano; ma la tua l’ho trovata molto particolare, perché quello che mi hai scritto è successo veramente.
Come hai fatto a saperlo?, ti prego, rispondimi al più presto, sono d’avvero curioso.

Henry gli ripose senza pensarci due volte, scrivendogli la verità.

Caro babbo natale,
Io ti sogno tutte le notti e vedo quello che fai.

Henry si mise a sedere al tavolo, mentre aspettava che i suoi genitori finissero di preparare la cena.
«Tutte le sere sogno babbo natale». Disse Henry.
«È perché s’avvicina il natale, adori il natale». Gli disse sua madre, mentre apparecchiava la tavola.
«No, non avete capito». Gli rispose Henry.
«Abbiamo capito che sogni babbo natale e normale ami il natale, l’albero, il presepe, i regali e passere le feste in famiglia».
Henry s’alzò dalla sedia.
«Non avete capito niente, io sogno quello che fa davvero babbo natale». Gridò Henry, non aveva mai fatto una cosa del genere, non aveva mai alzato la voce di fronte a loro.
Solo che questa volta, non si sentiva ascoltato e creduto.
«Figliolo, ormai stai crescendo e queste storie non vanno più bene, dovresti crescere!».  Gli disse suo padre, mentre stava mettendo la pasta nell’acqua.
Henry  scostò bruscamente la sedia e se ne andò sbattendo la porta. Non aveva mai fatto nemmeno questa cosa.
La cosa che più lo mandava in bestia e che non gli credevano. Senza pensare a niente, si mise a percorre il corridoio, fino a raggiungere la porta della sua camera.
Quando entrò, chiuse la porta a chiave e si gettò sul letto, appoggiando la faccia sul cuscino.
Era arrabbiato e allo stesso tempo, deluso dai suoi genitori. Non gli credevano.
Incominciò a singhiozzare e la sua faccia si riempì di lacrime che cominciarono a cadere anche sul cuscino.
La sua faccia diventò sempre più rossa e il suo naso era pieno di moccio, tanto che dovette soffiarselo.
Dopo, sentì bussare alla porta e credendo che fossero i suoi genitori,  non s’alzò nemmeno dal letto.
Sentì nuovamente bussare e questa volta girò la testa verso la porta.
«Sono William e qui con me c’è anche Daniel, facci entrare abbiamo sentito tutto».  Gli disse.
«Così anche voi mi dite che me lo sono solo immaginato e che devo crescere». Gli disse.
«No, non è così. Te non dici mai le bugie, ecco perché ti crediamo».  Dissero in coro William e Daniel.
Henry s’alzo e s’avvicinò alla porta.
«Davvero?». Gli chiese, con la voce impastata dalle lacrime.
«Certo, facci entrare». Disse Daniel.
Henry si decise ad aprire la porta e li fece entrare dentro.
«Ho le prove, leggere queste e-mail».
Henry andò  a prendere il suo iphone.
Non appena i suoi fratelli lessero le e-mail, non ebbero più dubbi; adesso credevano al cento per cento a Henry.
«Ti credo al cento per cento». Disse William.
«Anch’io». Disse anche Daniel.

6 commenti:

  1. Bella la canzone, l'avevo già sentita, ma ora conosco il titolo. La storia si fa un po' strana comunque, il governo centrale mi è sembrato strano. Forse perché si è scoperto a questo punto.

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    1. Sono contenta d'averti fatto conoscere il titolo della canzone, io quando scrivo ascolto sempre la musica, lo fai anche te?.
      Oltre al governo centrale, nel corso di questa storia troverai altre cose che ti sorprenderanno, ma non ti dico niente.
      Fammi sapere ti piace.
      Ciao. :-)

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    2. Si, lo faccio. Anche perché è utile per influenzare l'umore. Se devo scrivere qualcosa di triste ad esempio, metto una musica triste. In questo modo riesco a esprimermi meglio.
      Vorra dire che scoprirò tutto leggendo :)

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    3. Anch'io ascolto musica triste, quando devo scrivere qualcosa di triste o molto intenso, mi aiuta a scrivere e calarmi di più nella scena che devo scrivere.
      Ti consiglio di ascoltare Ludovico Einaudi, Giovanni Allevi o Yiruma per queste scene.
      Lo scoprirai, lo scoprirai...
      Ciao. :-)

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  2. Grazie del consiglio, cerco di cambiare sempre i pezzi che ascolto per non scrivere sempre cose uguali fra loro.

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