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domenica 1 dicembre 2013

IT'S CHRISTMAS TIME PARTE 1: 1 DICEMBRE - PRENDERE DELLE DECISIONI #5

DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.

"Questa settima non riuscivo a scrivere la storia, non trovavo l'ispirazione, ovvero quella voglia matta che mi porta a non voler mai smettere di scrivere. Mi scuso del mega ritardo, ma prima di postarvi qualcosa di brutto ho preferito aspettare.
La prossima settimana scoprirete come farà Henry a salvare il natale, secondo voi come fa?, scrivetemelo nei commenti.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata l'8 Dicembre".

PER LEGGERE LA QUARTA PARTE DI “IT'S CHRISTMAS TIME ” CLICCA QUI.

CAPITOLO 5: 1 DICEMBRE - PRENDERE DELLE DECISIONI

Claus era rimasto lì, al centro di quella stanza immensa, che lentamente si stava svuotando, rimanendo così vuota, come il vuoto che si era creato nel suo cuore.
Sentiva i passi delle persone che scendevano le scale. Dopo qualche minuto, la stanza si svuotò completamente.
C’era un silenzio spaventoso, c’era troppo silenzio.
“Come farò a salvare il natale”. Si chiese Claus, mentre dai suoi occhi scendevano delle lacrime.
Ora, erano così disperati da essere alla canna del gas; era impossibile salvare il natale, come poteva salvarlo senza i soldi; ci sarebbe voluto un miracolo.
Claus, s’alzò da terra e guardò per qualche istante, il fratello negli occhi.
Dopo qualche secondo, fece un passo verso il fratello e l’abbracciò; aveva davvero bisogno di lui, aveva bisogno di un conforto.
«Ti voglio aiutare». Gli disse Sulac, non appena vide tutta quella sofferenza negli occhi del fratello. L’avrebbe aiutato ugualmente, perché era suo fratello e i loro genitori gli avevano sempre spiegato che quando qualcuno aveva un problema grosso, quel problema diventava di tutti.
Claus, si sciolse dall’abbraccio e lo guardò per qualche istante dritto negli occhi; sospirò e poi, chiuse gli occhi.
«Grazie, ma tu hai un governo mondiale da mandare avanti, il mio lavoro in confronto al tuo, non significa niente».
«Non è assolutamente vero, anche il tuo è importante e poi, siamo quasi a dicembre e non ho molto lavoro da fare e anche se dovessi fare qualcosa, ho sempre un vice, che fa esattamente quello che gli dico». Gli disse e attese una sua riposta.
«Beh!». Esclamò Claus.
«Se la metti così, sei il benvenuto, ho bisogno di un’idea miracolosa per salvare questo natale e io, non so più che fare». Disse continuando dopo qualche secondo.

Uscirono dalla sala del governo, per avviarsi a piedi fino al piccolo albergo, dove qualche ora prima, avevano affittato una stanza.
Stavano attendendo che Sulac facesse le valigie e li raggiungesse per partire insieme a loro il giorno dopo.
Dopo qualche ora, qualcuno bussò alla porta e Claus s’alzò dal letto per andare ad aprirgli. Si trovò di fronte Sulac, suo fratello, lo fece entrare e accomodare sul suo letto.
Dormirono e al mattino seguente, s’alzarono presto per andare a prendere l’aereo.
Il viaggio sarebbe stato molto lungo e sarebbero atterrati nel primo pomeriggio.
Nel tardo pomeriggio avrebbero dovuto rimettersi a fare tutto ciò che era necessario per salvare il natale.
Erano arrivate molte lettere e i suoi elfi, anche in sua assenza, avevano catalogato tutti i regali che volevano le persone.
Avevano anche continuato a costruire e a comprare i regali.
«Fratello, mi dovrai aiutare a trovare una soluzione. Te tieni apposto in conti di tutto il mondo e credi di essere in grado di trovare una soluzione al mio problema». Gli chiese Claus.
«Vedrò cosa posso fare, la situazione non è facile». Sulac si mise le cuffie nelle orecchie e si mise a dormire; era veramente stanco, perché negli ultimi giorni aveva lavorato molto per il suo governo.
Atterrarono nel primo pomeriggio, esattamente come era previsto.
Scesero dal’aereo e attesero di riprendere i loro bagagli. Dopo, uscirono dall’aeroporto e s’avviarono verso il parcheggio dove li aspettava un elfo con la macchina.
Non appena l’elfo se li vide venire incontro, notò subito che qualcosa era andato storto,  perché le loro facce erano prive d’emozioni.
Vide con loro due un’altra persona, che però, non riusciva a riconoscere.
Quando Claus, l’elfo e Sulac s’avvicinarono alla macchina, misero subito i bagagli nel bagagliaio.
«Ciao». Disse l’elfo che era venuto con la macchina.
«Ciao». Gli rispose Claus, con un tono di voce d’avvero spento.
«Non è andata bene?, immagino?». Gli chiese, anche se dalla sua faccia poteva capire la risposta.
«No». Disse, Claus non aveva voglia di parlare; aveva solo voglia di piangere e gridare, ma non lo poteva fare, non poteva e non voleva deludere tutti quelli che gli scrivevano.
«Questo è mio fratello, Sulac, Il governatore del mondo». Gli disse poco prima.
L’elfo e Sulac si strinsero la mano.
«Mi sembrava d’averla già vista in  televisione e in rete».
«Ti prego dammi del tu, visto che dovremmo lavorare tutti insieme».
«Noi elfi, non c’arrenderemo». Dissero i due elfi incoro.
«Neanche io m’arrendo». Disse Claus.
«Anch’io, non mi arrendo e metterò a vostra disposizione la mia conoscenza economica». Disse Sulac.
Dopo qualche istante, si misero a ridere; avevano ritrovato quella grinta e quella voglia di lottare, contro questo mondo che stava diventando sempre più crudele.
Montarono in macchina e s’avviarono alla casa di Claus.

Quando arrivarono a casa, si riposarono giusto il tempo di farsi una doccia e di mettere qualche cosa sotto i denti.
Dopo, con gli occhi tristi e allo stesso tempo pieni di speranze andarono nella stanza dell’elfo contabile a trovare una soluzione.
La situazione si stava complicando sempre di più e i loro problemi,  aumentavano giorno dopo giorno; ma nonostante questo, la loro grinta nel riuscire a portare a termine il natale del 2013, era molto alta.
Claus e Sulac si misero a sedere di fronte all’elfo con contabile.
Se ne stettero per qualche istante in silenzio; ognuno di loro stava decidendo sul da farsi.
Sulac aveva con se il suo tablet in cui aveva già cominciato a fare dei conti; chi meglio di lui poteva salvare il natale, visto che amministrava il denaro di tutto il mondo.

«Potrei trovare un modo per capire a chi consegnare o non consegnare i regali?». Propose Claus.
L’elfo contabile alzò gli occhi dal suo computer e lo guardò per qualche istante negli occhi.
«Sì, sarebbe possibile».
Claus chiuse per qualche istante gli occhi e quando li riaprì, se li trovò leggermente velati dalle lacrime.
«No, che non è possibile». Grido e dopo, dai suoi occhi incominciarono a uscire delle lacrime sempre più dirompenti.
«Come faccio a capire a chi devo fare i regali». La sua faccia era diventata rossa dal pianto e il suo naso era pieno di moccio.
«Che diritto ho di scegliere?». Continuò.

Dopo qualche secondo, Sulac alzò gli occhi dal suo tablet e guardò in faccia Claus e l’elfo contabile.
«Potremmo trovare degli sponsor, loro ti darebbero i soldi a patto che tu metta delle pubblicità all’interno dei pacchi che porterai la notte di natale». Disse e attese una loro risposta.
«Si può fare, mi metto subito all’opera». Disse l’elfo contabile.
«Massimo due o tre giorni e troverò tutti gli sponsor». Disse ancora l’elfo contabile.
Claus lasciò la stanza e suo fratello rimase a lavorare insieme all’elfo contabile

Anche in casa di Henry erano iniziati i grandi preparativi per la festa di natale; tutti insieme erano andati a comprare tutte le cose che sarebbero servite per addobbare la casa e rendere ancora più magico il natale.
Era una tradizione di famiglia, andare a quei mercatini di natale, in cui si trovano tutti quei decori fatti a mano dagli artigiani.

Qualche giorno dopo a Henry arrivò una e-mail da Babbo natale.

Ciao Henry,
nella mail che mi hai mandato mi sono dimenticato di darti la risposta a quella domanda.
Io avevo detto ”Lo farò salverò il natale 2013”.
Sai, sto lottando per salvarlo,con le unghie e con i denti. Scusa se mi sfogo con te, ma avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno. Ti auguro buon natale a te e la tua famiglia.
Ciao, Claus.

Durante la settimana Henry continuò a sognare che cosa faceva Claus, forse c’era un motivo. Non poteva essere un caso che lui sognasse babbo natale.

Durante la settimana, era felice d’andare a scuola, perché anche lì si respirava già un’aria natalizia. All’ingresso c’era già un albero addobbato; anche all’esterno gli alberi erano tutti addobbati con luci e palline colorate, che al buio rendevano l’ambiente ancora più suggestivo.
Alle finestre, c’erano delle forme natalizie create con la neve finta.
Era una gioia andare a scuola.

«Henry». Non appena si sentì chiamato si voltò.
«Salve». Disse, non appena s’accorse che la maestra l’aveva chiamato.
«Il tuo progetto sta andando molto bene, abbiamo raccolto davvero molti soldi, ho già contattato anche l’associazione che prepara il pranzo di natale e che grazie hai soldi ricavati, potrà anche fare dei regali a chi non può permetterselo».
Henry rimase per qualche istante in silenzio, perché non sapeva cosa dire.
«La tua è stata un’idea bellissima». Gli disse la maestra.
Henry guardava la maestra, ma non riusciva a parlare.
«Sono contento». Disse e le sue gote iniziarono ad arrossarsi, s’era emozionato. Dopo accennò un sorriso; ora aveva la certezza d’essere diventato un super eroe.

Infatti, nei giorni precedenti  e sempre dopo aver fatto i compiti, Henry era andato in giro per il paese.
A volte, l’accompagnava il fratello maggiore, William e altre volte,  s’avviava da solo e a piedi per i negozi del quartiere.
Tutti i negozianti, anche quelli che non lo conoscevano, gli davano dei soldi.
C’era sempre quello che donava più degli altri, perché se lo poteva permettere; ma in questi casi, è molto più importante il gesto di offrire qualcosa a chi non può permetterselo, rispetto alla cifra donata.
Daniel, il fratello che era appassionato di grafica, aveva creato un manifesto molto colorato e che era in grado d’attirare la curiosità dei passanti.
Dopo, l’attaccò in giro, così da fare in modo che tutti potessero donare qualcosa.
La gente che passava notava quel manifesto e qualche volta, Henry s’era perfino messo a parlare con le persone che si fermavano a leggerlo.

La maestra mise le mani nella borsa per prendere un foglio.
«Guarda, devo averlo messo qui, da qualche parte». La maestra continuò a cercare nella borsa.
«Eccolo!». Esclamò e dopo, tirò fuori il foglio dalla borsa.
«Fino a ieri e sicuramente oggi aumenteranno, abbiamo raccolto quasi cinquemila euro, ma sono sicura che arriveremo come minimo ai diecimila». Disse la maestra, infatti la sera prima aveva fatto una previsione in base alla media dei soldi che raccoglievano al giorno.
«Ho già contattato anche l’associazione e sono stati molto felici, gli ho detto che l’iniziativa è stata tua e per questo, trovo che sia giusto che tu gli consegni l’assegno.
Mi hanno detto anche che se vuoi, tu e la tua famiglia, potrete fare il cenone di natale con loro». Gli disse ancora.

Durante questa settimana non smise di sognare babbo natale, non come le altre volte, ma come minimo lo sognava quasi per tutta la notte.
Aveva capito una cosa: anche babbo natale era in crisi e questa cosa, gli dispiaceva molto.
Ma un conto era salvare una piccola cittadina e un altro conto era salvare tutto il mondo. Certo, forse esisteva una possibilità di salvare anche il mondo, perché le idee sono infinite, ma non sarebbe stato di certo facile.

Ciao Claus,
so che sei in difficoltà, non so ancora come, ma ti aiuterò a salvare il natale.
Ciao, Henry.

Gli scrisse questa e-mail per farglielo sapere.
Ora sapeva che cosa doveva fare, tutto il mondo doveva avere il suo natale.
Qualcuno potrebbe pensare che Henry sia un megalomane, invece era solo un bambino con un cuore d’oro che pensava al bene degli altri.
Henry andò in cucina e trovò i suoi genitori a cucinare; nell’aria c’era davvero un buon profumino, tanto che gli veniva l’acquolina in bocca.
Non vedeva l’ora di mangiare.
«Mamma, papà». Disse Henry, mentre si trovava alle loro spalle.
I suoi genitori si girarono verso di lui e attesero che lui iniziasse a parlare.
«Vi devo dire una cosa». Gli disse; era così nervoso, tanto che gli ballava la palpebra dell’occhio.
«Diccela». Gli rispose sua madre.
Henry si mise a sedere di fronte a loro. «Spero che non v’arrabbiate». Disse Henry, con un po’ di timore.
«Sono i tuoi fratelli che ci fanno arrabbiare». Gli disse suo padre con un sorriso.
«Allora, devo andare in La… in Lapponia». Gli disse tutto d’un fiato.
«Che ci devi andare a fare?». Gli disse suo padre, mentre si lavava le mani e dopo, se le asciugò.
«Devo aiutare babbo natale, devo salvare il natale». Gli disse ancora tutto d’un fiato e alzando il tono della sua voce.
«Sì, come no». Disse sua madre.
Henry continuò a parlare come se i suoi genitori non fossero davanti a lui, perché si era accorto che lo non lo stavano prendendo sul serio.
Quando sentirono  la voce del fratello, Daniel e William, s’affacciarono alla porta della cucina e si misero ad ascoltare la conversazione che era in corso.
«È un mese che sogno che babbo natale è in difficoltà». Henry smise di parlare e li guardò in faccia.
«Lo devo aiutare». Continuò.
«Quando hai voluto aiutare questa città, abbiamo appoggiato la tua idea, ti abbiamo aiutato e dato dei consigli.
Ma questa cosa che ci chiedi non la faremo». Disse suo padre con un tono così risoluto, che non davo modo di potergli far cambiare idea.
«Perché siete così... così… così…». Non gli voleva dire quella parola che pensava nella sua testa, perché non gli aveva mai detto una cosa del genere.
Prese tutto il coraggio che aveva dentro di se e gli disse tutto quello che pensava. S’alzò dalla sedia, trascinandosela dietro di se. La sedia produsse un rumore stridulo a contatto con il pavimento.
«Siete così, ve lo dico senza girarci intorno, stronzi. Ecco, sì, siete stronzi». Gli disse, senza pensare alle conseguenze, senza preoccuparsi di ricevere uno schiaffo da suo padre.
«Come ti permetti a dirci quella parola». Disse suo padre infuriato, tanto che ci mancava poco che incominciasse a sputare fuoco come fanno i draghi.
Suo padre si stava per avvicinare a Henry, ma sua moglie lo fermò, bloccandolo in tempo.
«Non mi credete, pensate che sia una stupidaggine, io devo salvare questo natale e aiutare babbo natale, c’è un motivo per cui lo sognavo». Disse Henry.
«Devi crescere, devi capire come va il mondo, capire le cose che si possono fare e quelle che non si possono fare. Devi crescere e credere che le tue sono solo fantasie, devi capire che cosa è reale e che cosa non lo è».
«Babbo natale è vero, esiste, mi ha risposto a una e-mail». Gli disse Henry.
«A volte le cose non sono come sembrano». Disse sua madre.
A Henry incominciarono a scendere le lacrime, evidentemente le ultime parole della madre l’avevano fatto riflettere.

Dopo qualche secondo, i suoi fratelli, entrarono nella stanza.
«A volte ci vuole un po’ di tatto con i bambini». Disse William a sua madre.
Dopo, prese Henry per mano e lo portò fuori dalla cucina, non poteva sopportare di vederlo così triste, con gli occhi pieni di lacrime e le guancie arrossate.
«Babbo natale, esiste?». Gli chiese, quasi sussurrandoglielo, mentre attraversavano il corridoio che li avrebbe condotti nelle loro camere da letto.
«Certo che esiste, ti ha risposto alle mail, lo sogni». Gli disse per rassicurarlo.
«Mettiti le scarpe e un giacchetto, ti dobbiamo parlare». Continuò William, mentre Daniel si trovava vicino alla porta.

«Mangiamo fuori e poi andiamo al cinema». Disse Daniel ai suoi genitori.
«Va bene». Gli rispose sua madre.
Uscirono di casa per andare a parlare lontano dai loro genitori.

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