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domenica 8 dicembre 2013

IT'S CHRISTMAS TIME PARTE 1: 8 DICEMBRE - HENRY VA DA BABBO NATALE #6

DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.

"Anche questa settimana posto la puntata con un po’ di ritardo.
Ultimamente, mi vengono le puntate lunghe, vi piacciono lo stesso?, fatemelo sapere con un commento. 
Questa volta scoprirete come farà Henry a salvare il natale, c’avevate indovinato?, fatemelo sapere con un commento. 
Sto pensando di creare una copertina a questa storia, voi come la fareste?, scrivetemelo nei commenti. 
Sto pensando di fare uno speciale della “guida per scrivere un libro” su questa serie, in modo da spiegarvi come si ragiona per creare una storia, vi piace quest’idea?, scrivetemelo nei commenti. 
Ho buttato giù la trama delle ultime tre puntate, ora non mi resta che scriverle. 
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata il 15 Dicembre".

PER LEGGERE LA QUINTA PARTE DI “IT'S CHRISTMAS TIME ” CLICCA QUI.

CAPITOLO 6: 8 DICEMBRE - HENRY VA DA BABBO NATALE

Uscirono di casa, Daniel uscì per ultimo e chiuse la porta alle sue spalle.
Mentre camminavano uno dietro l’altro, Henry si voltò e diede uno spintone a William, per ritornare verso la porta.
William cadde per terra, ma per fortuna si rialzò da solo, non si era fatto niente. Per qualche istante, guardò in modo arrabbiato Henry, ma subito dopo, il suo viso si rasserenò.
Non poteva avercela con il fratello, considerando come lo avevano trattato i loro genitori.
Risalì le scale e dopo, si scosse la giacca e i pantaloni, per pulirli dallo sporco.
Quando si trovò di fronte a Henry, lo guardò negli occhi.
Per tutti quanti, gli occhi di Henry potevano sembrare normali, ma per William non erano così.
Quegli occhi erano stati delusi e avevano perso quella grinta di spaccare il mondo.
Gli appoggiò una mano sulla spalla, per fargli una carezza, ma Henry confuse il gesto del fratello.
Infatti, pochi secondi dopo, lui si strattonò dalla stretta affettuosa del fratello.
William lo strinse sulla spalla per farlo stare fermo; ma Henry continuava a essere irrequieto.
«Smettila». Gridò William.
«Falla finita». Gli gridò ancora.
Henry guardava il fratello con uno sguardo arrabbiato e con degli occhi pieni di rabbia.
Poco prima che Henry gli tirasse un pugno, William lo prese e se lo mise sulle spalle, come se fosse un pacco.
Nonostante Henry si dimenasse con i piedi e le mani, William continuò a scendere le scale.
«Ti vuoi calmare». Gli gridò, mentre s’avvicinava alla macchina che si trovava in garage.
«Ora ti metto giù, ma devi stare buono». Gli disse, quando si trovarono vicino alla macchina.
William lo mise giù e lentamente Henry si tranquillizzò.
«Scusa». Disse Henry, mentre con gli occhi si guardava le scarpe. Si vergognava del comportamento che aveva tenuto con il fratello.
«Mi dispiace davvero». Alzò lo sguardo, fino a incontrare i suoi occhi.
«Non mi dovevo comportare così, io ti voglio bene». Gli disse ancora.
William aprì lo sportello della macchina e prima di salirci dentro, guardò il fratello.
«Lo so che sei buono, sono state le parole che hanno usato i nostri genitori ha farti perdere il controllo». Gli disse.
Henry fece il giro della macchina e corse verso il fratello per abbracciarlo.
Dopo, salirono in macchina e partirono per andare a mangiare un panino, le patatine fritte e bere le loro bevande preferite.

Quando arrivarono, scesero e Henry guardò il fratello.
«Perché sei così buono con me?, perché mi hai aiutato con la mia idea di salvare il natale nella nostra città? e perché mi vuoi aiutare ad andare in Lapponia?». Gli chiese e rimase in attesa di una sua risposta.
William chiuse lo sportello della macchina, premette il pulsante sulla chiave e guardò il fratello.
«Perché ti voglio bene». Una risposta vera e semplice, tuttavia era un modo veloce per far terminare questa conversazione.
«Non mi convince la tua risposta, visto che nell’ultimo periodo ti comporti in modo starno con me». Gli disse, in modo schietto e dopo, s’infilò la berretta in testa.
Tutti e tre s’avviarono alla paninoteca; ordinarono tutto il loro cibo e dopo, s’andarono a sedere.
Mentre aspettavano che gli portassero il cibo che avevano ordinato, si misero a parlare.
«Come facciamo ad andare in Lapponia». Chiese Henry a William.
«Allora faremo…». William fu interrotto dal cameriere, che aveva portato le cose che avevano ordinato.
Tutti e tre presero i loro panini
«Dicevo, potremmo partire domani mattina, non ho ancora controllato, ma ci dovrebbero essere tre biglietti». Disse William e dopo, prese il bicchiere per bere un sorso della sua bevanda.
«L’importante è partire prima che i nostri genitori tornino da lavoro». Disse William.
«Già…». Disse Daniel.
«Speriamo di farcela». Disse ancora Daniel.

Continuarono a mangiare restando in silenzio. Quando tutto a un tratto, la voce di Henry interruppe il silenzio.
«È giusto farlo?». Chiese ai suoi fratelli.
«Certo». Gli risposero in coro.
«Ok, è giusto farlo, però, se ce ne andremo di casa, faremmo prendere un coccolone ai nostri genitori». Disse Henry, che ancora una volta si dimostrava ancora più grande della sua età.
Non appena finirono di mangiare, s’alzarono e andarono a pagare.
«Avrebbero potuto dirti “t’accompagneremo”, ma non hanno intenzione di farlo, perciò faremo le cose a modo nostro». Disse in modo schietto Daniel.
Uscirono e si misero a camminare per la strada.
«Ora andiamo al cinema e poi, quando torniamo a casa, aspettiamo che i nostri genitori vadano a letto e in quel momento prepareremo le valigie, facendo ovviamente il più piano possibile». Disse William.
«Diabolico fratello». Disse Daniel, mentre si tirava su la cerniera della giacca. William sorrise alla battuta di suo fratello.
In alto, nel cielo c’era la luna piena, che era così bella e tonda che risplendeva la sua leggera luce su tutta la città.
Ti potevi incantare solamente a guardarla.
Continuarono a camminare sotto il buio pungente della notte. Per essere dicembre era una notte con una temperatura abbastanza sopportabile; non pioveva, non c’era vento e l’aria non era per niente gelida.
Non era una sera come le altre; mentre le altre persone se andavano in giro a comprare gli ultimi regali di natale, loro sarebbero partiti per una missione importantissima: salvare il natale di tutto il mondo.
Fecero una corsa fino al cinema, perché il film sarebbe iniziato tra poco, correvano, ogni tanto si guardavano e si sorridevano a vicenda.
D’altronde, quando sei felice non puoi far a meno di sorridere.
Arrivarono appena in tempo per vedere il film, pagarono tre biglietti e si godettero un ora e mezza di puro divertimento.
Quando uscirono, s’incamminarono a piedi fino alla loro macchina.
«Ricapitoliamo il piano per stasera». Disse e dopo prese il suo cellulare per controllare l’ora e si rese conto che i suoi genitori sarebbero andati a letto tra pochi minuti.
«Giusto, facciamolo per non commettere errori». Disse Daniel.
«Allora, ognuno di noi si prepara la valigia mettendoci il necessario per circa due settimane, non si sa mai, meglio abbondare. Io, poi, prenoto i biglietti aerei e tu Daniel ti occuperai della lettera da scrivere ai nostri genitori.
Domattina, direte a mamma e papà che vi accompagnerò io a scuola». Gli aveva spiegato il suo piano punto per punto, non c’era modo di sbagliare, se tutti quanti l’avrebbero seguito. Certo, ci sarebbe potuto essere un imprevisto, ma in quel caso avrebbero dovuto inventarsi qualcosa al volo per rimediare all’errore.
Quando arrivarono alla macchina, salirono e partirono.
Dopo una decina di minuti arrivarono a casa, aprirono il portone, facendo il più piano possibile; dopo, lo richiusero facendo altrettanto attenzione.
Non appena misero i piedi in casa, s’accorsero che le luci erano tutte spente e attraverso l’illuminazione dei loro telefoni, riuscirono a montare le scale per andare nelle loro camere.
Non appena entrarono nelle loro camere, accesero la luce che tenevano sopra i loro comodini, per far si che la stanza fosse poco illuminata. Quella luce leggera, riusciva a illuminare tutta la stanza; era molto soffusa.
Henry aprì l’armadio per prendere i vestiti adatti al clima rigido della Lapponia. Già altre volte si era preparato da solo la valigia, per lui era un gioco da ragazzi.
Sorrideva nel buio della sua stanza, era felice e non vedeva l’ora d’incontrare babbo natale; ma tutti i bambini della sua età lo avrebbero voluto conoscere.
Aprì lo sportello e incominciò a mettere nella sua valigia tutte le cose che riteneva necessarie.

Nel altra stanza i suoi fratelli stavano facendo la stessa cosa. Fecero prima di Henry a preparasi la valigia.
Dopo, come da programma, William prenotò tre biglietti aerei e Daniel, che era molto bravo a scrivere, scrisse la lettera da lasciare ai loro genitori.
Quando finirono di fare tutto quello che avevano concordato, nascosero le valigie sotto al letto, per non farle vedere ai loro genitori.
Dopo, si misero a letto, ma questa era una notte diversa. Ognuno di loro vedeva l’incontro con babbo natale, in modo diverso; ma d’altronde, avevano anche un’età diversa.
Tutti quanti si sentivano grandi, perché il solo pensiero di salvare il natale, li mandava in estasi. Il solo pensiero di poter salvare il natale del mondo, li faceva sorridere e star bene.
Chiusero gli occhi e si lasciarono cullare dalla luce della luna che filtrava leggermente dalle persiane.
Una luce così bella, come il natale che avrebbero salvato.

Al mattino, si svegliarono con un sorriso che gli illuminava tutta la faccia.
S’alzarono e s’avviarono in cucina con ancora il pigiama addosso. Erano ancora assonnati e i loro occhi erano leggermente socchiusi, ma nonostante tutto, a volte, sorridevano in modo spontaneo.
«Che avete da sorridere?». Chiese la madre a tutti e tre, mentre si era messa a scaldare il latte per tutta la sua famiglia.
«Boh!». Esclamò Henry.
Tutti e tre si misero seduti al tavolo, dopo aver preso i loro cereali.
«È una bella giornata, c’è il sole…». Disse William.
«È poi, ci deve essere un motivo per cui essere felici, siamo felici e basta». Disse Daniel.
«Sarà». Disse la loro madre, con un tono di voce sospettoso.
Tutti quanti si misero a fare colazione e dopo pochi minuti, arrivo anche il loro padre fresco di doccia.
Tutti quanti si misero a fare colazione. I tre fratelli ogni tanto si guardavano e si sorridevano a vicenda.
«Siete allegri stamattina». Disse il padre, quando notò uno strano comportamento nei suoi figli.
«Ma che dici, te e la mamma siete fissati». Disse William.
«A proposito oggi li accompagno io a scuola». Disse ancora William e dopo, s’alzò da tavola per mettere la tazza nell’acquaio.
«Perché?». Gli chiesero i suoi genitori, quasi  in coro.
«Ci deve essere un motivo e poi oggi entro un’ora più tardi a scuola». Gli disse e loro non gli chiesero più niente.
Tutti e tre s’andarono a preparare come se fosse un giorno qualunque. Si lavarono la faccia, i denti e si pettinarono.
«Visto che li accompagni te, non ce ne possiamo andare prima». Gridò sua madre in fondo alle scale.
«D’accordo». Gridò William.
Dopo, tutti e tre tirarono un sospiro di sollievo: il loro piano era riuscito, ora niente e nessuno li avrebbe fermati e la loro strada sarebbe stata solo in discesa.
Si tolsero gli zaini dalle spalle, quelli che avevano indossato per la loro messa in scena.
Videro dalla finestra le macchine dei loro genitori che uscivano dal cancello.
Dopo aver capito di avercela fatta, si misero a saltellare e a gridare dalla gioia.
Se qualcuno li avesse visti, di sicuro, li avrebbe presi per pazzi; ma loro erano pazzi dalla gioia.
Dopo qualche istante tornarono seri.
«Allora, andate a prendere le vostre valigie e gli zaini da portare in spalla, partiamo!». Gridò William.
Tutti e tre andarono a prendere le loro valigie e dopo, William e Henry si trovarono in cucina.
Daniel prese la lettera, quella che avrebbe lasciato ai suoi genitori, per spiegarli tutto quanto. Loro, con questo gesto, non avevano intenzione di farli soffrire e preoccupare, ma per una volta volevano fare le cose a modo loro, volevano fare questo viaggio, perché gli sembrava la cosa giusta da fare.
Daniel scese le scale e li raggiunse in cucina e lì, posizionò la lettera piegata sopra il tavolo.

Si misero i giacchetti, le sciarpe, i cappellini di lana e i guanti per uscire di casa.
Camminarono per arrivare alla fermata del pullman, che li avrebbe portati dritti all’aeroporto.
Il pullman sarebbe passato tra meno di dieci minuti; più passava il tempo e più si sarebbero trovati vicini a babbo natale.
Non appena arrivò il pullman, ci salirono.
Quando arrivarono alla fermata che si trovava di fronte all’aeroporto, scesero dal pullman e s’avviarono verso l’entrata.

Fecero il check-in e tutto quello che era necessario per imbarcarsi e partirono per la Lapponia, quella immensa terra bianca.
Posarono il bagaglio a mano sul sedile, si tolsero il giacchetto. Dopo, dal loro zaino preso il necessario per far passare il tempo e infine, misero il giacchetto e lo zaino nel porta bagagli che si trovava in alto.
«Non mi convinci William, non mi convince la risposta che mi hai dato ieri sera, c’è un motivo per cui mi aiuti sempre e lo scoprirò, lo sai che lo scoprirò». Gli disse, guardandolo intensamente negli occhi.
William non gli rispose, ma chiuse gli occhi e sospirò e quando li riaprì erano leggermente velati dalle lacrime.
«Allora, come salverai il natale?». Chiese Daniel a Henry.
«Non te lo dico». Gli fece la linguaccia e dopo, una pernacchia.

Mentre aspettavano che l’aero arrivasse a destinazione, leggevano, ascoltavano la musica e guardavano un film.
Non si parlarono e ognuno era immerso nel suo silenzio.
Dopo molte ore l’aereo atterrò, in una terra molto diversa da quella in cui abitavano: la Lapponia.
Una terra che da Google immagini la potevi vedere e ti poteva anche piacere, ma vederla era tutta un’altra cosa.
Era uno spettacolo mozzafiato vedere il bianco della neve a contrasto con il blu intenso della notte.
Scesero dall’aereo e dopo aver recuperato i loro bagagli, uscirono dall’aeroporto.
«È ora come facciamo a trovare la casa di babbo natale?». Chiese Daniel a Henry.
«Semplice, ieri sera mentre voi dormivate gli ho mandato un e-mail, chiedendogli, appunto il suo indirizzo e quale autobus avremmo dovuto prendere». Disse Henry.

S’incamminarono per la strada diretti a una fermata che si trovava a qualche chilometro. Era una di quelle stazioni in cui gli autobus fanno molti chilometri, rispetto a quelli urbani.
Il clima in Lapponia era davvero rigido, ma loro erano ben coperti.
Durante il tragitto, non si parlarono, erano troppo immersi nella meravigliosa natura dell’ambiente che li circondava. Dietro di loro lasciavano le loro impronte, come una scia che lentamente li avrebbe portati da lui.
Ai lati della strada c’erano dei lampioni, che riuscivano a illuminare tutto quanto; ogni tanto passava qualche macchina.
Finalmente, dopo un mezzoretta di camminata arrivarono alla stazione degli autobus.
Fecero i biglietti e attesero all’interno della stazione di servizio che arrivasse il loro autobus.
Nel frattempo,  visto che mancava ancora una decina di minuti decisero di cenare con un panino e un cappuccino caldo.
Gli ci voleva proprio qualcosa di caldo, visto che loro non erano abituati a quel freddo pungente.
Dopo, si misero a sedere e attesero in silenzio il loro autobus.
Non appena arrivò, uscirono dal bar e salirono a bordo.
Tra meno di un oretta, intorno alle nove e mezzo, l’avrebbero incontrato; lui, babbo natale, il sogno di ogni bambino e di ogni grande che, dentro di se resta ancora bambino.
L’autobus partì in perfetto orario e durante il tragitto non fece alcun ritardo, ma mantenne la tabella di marcia, arrivando perfino prima del previsto alla fermata in cui loro avrebbero dovuto scendere.
Durante il tragitto, ogni tanto guardavano fuori dal finestrino e vedevano dei campi immensi tutti ricoperti di neve.
Quando scesero alla loro fermata, si ritrovarono di fronte a una strada con due biforcazioni.
Si misero lo zaino in spalla, mentre con la mano trainavano il trolley.
«È ora, qual è la strada?». Chiese William.
Henry prese il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni
«Nel e-mail mi ha risposto, “Stella a destra e poi dritta fino al mattino”». Disse Henry ai suoi fratelli, che per qualche istante rimasero con gli occhi stralunati, mentre, lui gliela mostrava.
«Che vuol dire?». Chiese Daniel.
«Questo è un pezzo di una canzone». Affermò William in modo convinto.
«Già, vuol dire a destra e poi sempre a diritto. Quando c’è l’avremo di fronte, capiremo che quella è la casa di babbo natale». Disse Henry, tutto convinto di quello che aveva appena detto.
S’incamminarono in fila indiana e come prima cosa, girarono a destra, poi, come gli aveva scritto babbo natale, nonostante trovassero dei bivi, andavano sempre a diritto.
Il freddo stava diventando sempre più pungente e quasi insopportabile, ma, nonostante questo, non si fermarono. Non potevano fermarsi a pochi metri dalla casa di babbo natale. Avevano affrontato mille difficoltà, ma alla fine erano riusciti a portare a termine la loro missione; tra pochi minuti l’avrebbero incontrato.
All’improvviso Henry si fermò e anche i suoi fratelli fecero altrettanto.
Si guardò attorno e la sua attenzione si soffermò su una casa un po’ strana. Sì, ne era certo, doveva essere proprio quella la casa di babbo natale.
Attraversarono la strada per avvicinarsi alla casa e leggere il nome sul campanello.
«Casa di S. Claus». Lesse Daniel.
«Sì, ci siamo». Disse Henry.
I loro cuori stavano battendo all’impazzata, ma sicuramente quello di Henry aveva un ritmo più veloce.
«Citofoniamo». Disse William.
Henry premette il campanello e avvicinò la faccia al citofono per poter parlare.
«Chi è?». Disse una voce che non sembrava quella di babbo natale, forse, era un suo elfo.
«Sono Henry, devo parlare con babbo natale». Disse appunto Henry.
«Babbo natale non aspetta nessuno». Disse l’elfo e se ne andò.
Henry s’infuriò e suonò di nuovo il citofono, lasciando attaccato il dito al pulsante fino a quando l’elfo gli rispose nuovamente.
«Sono sempre io Henry e devo parlare con babbo natale, io so come salvare il natale!». Esclamò, quasi gridando e assordando il povero elfo.
«Davvero… sai come salvare… il natale». Disse l’elfo, incredulo.
«Glielo chieda ci siamo scambiati delle e-mail, mi conosce». Disse ancora Henry per convincerlo a farli entrare, ma non sapeva che l’aveva già convinto, quando gli aveva detto che sapeva come salvare il natale.
 Il cancello s’aprì.
«Entrate». Disse un’altra voce al citofono, quella sembrava proprio la voce di babbo natale.
Era un emozione sentire la sua voce, un uomo leggendario che con un solo gesto era capace di far felice tutto il mondo.
S’accese una luce, che illuminò il portone della casa. Quando s’apri la porta s’affacciò babbo natale.
«Entrate, starete morendo di freddo». Disse Claus e loro non se lo fecero ripetere due volte e corsero verso l’entrata.
Dopo che furono entrati, Claus chiuse la porta e li accolse in casa, in una maniera davvero gentile.
Si tolsero le giacche e tutta la lana che indossavano, perché li dentro c’era molto caldo.
Da lontano sentivano, il profumo della legna che bruciava nel camino e il suono scoppiettante che la legna produceva a contato con il fuoco.
Si presentarono.
«Io sono Henry e ho dieci anni». Disse Henry e dopo, strinse la mano a Claus.
«Io sono Daniel e ho quindici anni». Disse Daniel e dopo, strinse la mano a Claus.
«Io sono William e ho diciotto anni». Disse William e dopo, strinse la mano a Claus.
«Io sono Claus o come mi chiamano tutti babbo natale, accomodatevi, siete i benvenuti. Avete bisogno di qualcosa di caldo, una pasta al  pomodoro e parmigiano, oppure volte farvi un bagno caldo. Insomma, fate come se foste a casa vostra». Disse Claus.

I ragazzi scelsero il bagno caldo e la pasta; Claus gli sorrise.
Gli indicò la loro stanza, quella in cui avrebbero dormito e gli fece fare anche un giro della casa.
Si svestirono e nel frattempo, l’elfo cuoco incominciò ha preparargli la pasta.
Misero i vestiti, in un luogo del bagno in cui sarebbero rimasti asciutti e ognuno di loro entrò nella doccia e per qualche istante, rimasero sotto il getto caldo, perché avevano davvero bisogno di riscaldarsi; d’altronde, loro non erano abituati al clima rigido della Lapponia.
Dopo, incominciarono a lavarsi, prima i capelli e dopo, il corpo; quando, uscirono dalla doccia e s’asciugarono con un accappatoio e un phon.
Si vestirono e andarono in cucina dove, c’era babbo natale seduto sulla sua poltrona e l’elfo cuoco che metteva la salsa sopra la pasta appena scolata.
La girò e un profumino davvero invitante invase tutta la stanza. I tre ragazzi si misero subito a sedere davanti ai loro piatti, in attesa di assaggiare quella pasta buonissima.
Si misero a mangiare e quando finirono, si sentirono veramente sazi.
«Allora mi hai scritto un e-mail in cui mi scrivevi che sapevi come salvare il natale, ecco, spero che la tua idea riesca a salvare il natale, perché, ora come ora, non siamo messi molto bene». Disse Claus.
«Certo, la mia idea è geniale e semplice e per te è a costo zero, non dovrai sborsare nemmeno un soldo». Gli disse Henry e in quell’istante lo fece rimanere senza parole.
«Nemmeno un soldo, niente spese». Disse sbalordito, dalla genialità di Henry.

«Già, non dovrai far altro che chiedere alla gente di spedirti le cose che non usano più e tu riciclerai quei regali ad altra gente». Disse semplicemente, come se la sua idea fosse una cosa da niente; invece, era il modo in cui avrebbero salvato il natale.

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