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domenica 15 dicembre 2013

IT'S CHRISTMAS TIME PARTE 1: 15 DICEMBRE – PEOPLE HELP THE PEOPLE #7

DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.

"Il titolo di questa puntata è in inglese, ma state tranquilli la puntata è in italiano!. In questa puntata ci sono persone che aiutano le persone, è mi venuta in mente il titolo di questa canzone "Cherry Ghost - People help the people". Ora, sapete come farà Henry a salvare il natale, vi manca ancora da scoprire un ultimo particolare sul passato di Henry, che svilupperò nelle ultime tre puntate.
Ricordatevi che dopo la decima puntata, ricomincio a scrivere Across the time.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Ciao e non perdetevi la prossima puntata il 25 Dicembre".

PER LEGGERE LA SESTA PARTE DI “IT'S CHRISTMAS TIME ” CLICCA QUI.

CAPITOLO 7: 15 DICEMBRE – PEOPLE HELP THE PEOPLE

Non chiacchierarono molto con babbo natale, il lungo viaggio stava per farsi sentire; i loro occhi da prima splendenti di felicità, stavano  diventando, socchiusi e pesati dal sonno.
Si trascinarono fino alla loro stanza che si trovava al secondo piano della casa.
La casa di babbo natale era un vecchio rudere molto grande e circondato da un prato immenso, che in questo periodo, era nascosto dal manto nevoso che continuava ad aumentare giorno dopo giorno.
Babbo natale, vedendoli così stanchi, decise d’accompagnarli fino alla loro camera da letto; quella che di solito usava per i suoi ospiti.
Era una stanza molto graziosa, che aveva perfino un computer di ultima generazione, sopra una grande scrivania, all’altro lato c’era un grosso armadio a tre ante per permettere ai suoi ospiti di depositare le loro cose e infine, agli altri due lati della stanza c’erano due letti a castello. Quella stanza poteva ospitare massimo quattro persone.
«Buona notte». Disse Claus, dopo che loro entrarono nella stanza.
«Buona notte anche a te». Gli risposero in coro i tre fratelli.
«Se avete freddo nell’armadio trovate altre coperte, se volete domani il mio elfo domestico, potrà mettere nell’armadio le cose che avete in valigia». Gli disse.
Nel frattempo, i tre fratelli cominciarono a tirare fuori dalla borsa il pigiama, gli spazzolini e i dentifrici per lavarsi i denti.
«Grazie, ma a casa siamo abituati a fare queste cosa da soli e poi, non ti vogliamo recare alcun disturbo». Disse William, mentre si stava avvicinando alla porta della loro camera, per andare in bagno.
«Non mi recate alcun disturbo, anzi, tutt’altro, siete la mia ancora di salvezza». Ammise babbo natale con un sorriso.
Tutti e tre i fratelli uscirono dalla porta della loro camera.
«Il bagno si trova in fondo al corridoio». Disse ancora Claus.
Henry guardò babbo natale e gli sorrise.
«Mi fai vedere la tua slitta e le renne?». Gli chiese, in un modo davvero entusiasta.
«Ma è vero che vola in aria con le renne?». Gli chiese ancora; d’altronde, lui era ancora bambino e vedeva il natale con i suoi occhi innocenti e puri.
«Certo, ti farò conoscere le mie renne, anzi, ti dirò di  più, domattina ti farò vedere come s’accudiscono, ma ora vai a letto».
Anche Henry s’avviò al bagno per lavarsi i denti e raggiunse i suoi fratelli. Attese che loro si lavassero i denti e dopo,  lo fece anche lui.
Quando ritornarono nella loro stanza, spensero la luce e appena misero la testa sul cuscino, chiusero gli occhi e si lasciarono trasportare nel mondo dei sogni. 

I loro genitori ritornarono da lavoro molto tardi, oltre le sei, perché quel giorno era uno di quelli in cui lavoravano fino a tardi.
Rientrarono a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, parcheggiarono e dopo, s’avviarono alla porta per entrare in casa.
Durante il pomeriggio non avevano chiamato i loro figli, perché erano stati troppo indaffarati con i loro rispettivi lavori.
Erano felici e sorridenti per aver terminato la giornata lavorativa, tanto che quando si ritrovarono sotto al portone, si sorrisero.
Il padre infilò la chiave nella porta e quando s’aprì, entrarono dentro. Mai e poi mai, si sarebbero aspettati di non trovare i loro figli.
Gli avevano fatto un bello scherzetto.
Fecero qualche passo e dopo, si ritrovarono nell’ingresso, subito s’accorsero che c’era qualcosa che non andava: c’era troppo silenzio.
S’incamminarono nella casa fino a raggiungere la cucina; anche qui notarono qualcosa di strano: le persiane erano chiuse, non c’era nessun piatto, bicchiere e pentola ad asciugare.
Passo dopo passo, il silenzio diventava sempre più terrificante; sentivano soltanto il rumore delle suole delle scarpe a contatto con il pavimento.
Il silenzio è molto bello e rilassante, ma a volte le cose piacevoli, in altre circostanze, possono anche non esserle.
Continuarono a camminare per la casa, ma tutte le stanze del primo piano avevano le persiane chiuse e poi, erano troppo in ordine.
Per la casa non c’era nemmeno l’odore di cibo, quello che i ragazzi lasciavano nell’aria quando cucinavano.
«Ragazzi?». Li chiamò il loro padre.
«William, Henry…, Daniel…». Li chiamò anche la loro madre.
I due genitori si cominciarono a preoccupare e a guardarsi negl’occhi. Non si persero d’animo e andarono al secondo piano della casa, ma anche li, non c’era nessuna traccia dei loro ragazzi.
Salirono ancora una rampa delle scale e dopo pochi passi, si ritrovarono nella mansarda che usavano come una soffitta, per metterci tutti i loro ricordi. Ma anche li non c’era traccia di loro e il silenzio stava diventando sempre più terrificante. Il battito dei loro cuori era aumentato e la paura, era entrata lentamente dentro di loro.
La loro madre era nel panico, mentre il loro padre, anche se preoccupato,  restava comunque lucido e con i piedi per terra.
«Erano molto strani stamattina?, non credi?». Chiese il loro padre alla loro madre.
Il loro padre si voltò verso la loro madre e quando vide l’espressione del suo volto, non voleva far altro che starle accanto e abbracciarla, per dirle che tutto sarebbe andato per il meglio.
«Sì, ma dove saranno». Gli chiese quasi supplicandolo.
«Non lo so, saranno usciti». Le disse per tranquillizzarla, quando in realtà, stava cercando anche di auto tranquillizzarsi.
Controllarono i loro cellulari, per cercare qualche messaggio da parte dei loro figli; ma non c’era niente e la loro paura e il loro panico aumentò.
Provarono perfino a chiamarli, ma i loro cellulari erano spenti.
Adesso, anche il loro padre stava andando nel panico.
Scesero le scale, tornarono in cucina; questa volta erano d’avvero preoccupati.
Aprirono la persiana della cucina e la stanza s’illuminò all’istante, ma i loro cuori si trovavano in un buio tenebroso; si voltarono e la loro attenzione ricadde su un foglio che si trovava sul tavolo.
Il loro padre s’avvicinò alla tavola e lo prese tra le mani tremolanti.
«Per mamma e papà». Lesse il loro padre.

«”Cari mamma e papà,
vi scrivo io, Daniel, perché i miei fratelli m’hanno affidato questo compito.

Vi vogliamo far sapere che stiamo bene e che ci troviamo in Lapponia. Abbiamo deciso di aiutare  Henry, nella sua idea di salvare il natale di tutti.
È un bambino con il cuore d’oro. Non potete biasimarlo per la sua bontà. E neanch’io e William lo facciamo.
Lo avete trattato veramente male, facendogli credere delle cose non vere.
Come potete trattarlo così… dopo quello che ha passato. Forse anche noi saremmo diventati come lui, se ci fossimo trovati nella sua stessa situazione”». Finì di leggere ed entrambi i loro genitori si ritrovarono con le lacrime agli occhi.

Il mattino seguente, i ragazzi si svegliarono non appena il primo raggio di luce entrò in quella stanza.
Si tolsero il pigiama e si vestirono per andare a fare colazione.
Si misero a sedere e si vedeva che non erano ancora del tutto svegli; infatti, i loro occhi erano ancora socchiusi.
Al tavolo trovarono anche Claus e suo fratello, che stavano già facendo colazione.
«Avete dormito bene ragazzi?». Gli chiese babbo natale.
«Certo». Disse William.
«Cosa mangiate per colazione?». Gli chiese l’elfo cuoco.
«In genere latte e cereali al cioccolato». Disse Henry, mentre gli veniva l’acquolina in bocca.
«Avete mai assaggiato il latte di mucca appena munto?». Gli chiese Claus, mentre sorseggiava il suo caffè e latte.
«No, noi di latte beviamo soltanto quello nel cartoccio». Disse Daniel.
L’elfo cuoco cominciò a scaldare il latte per i tre ragazzi e dopo, si mise a preparare il caffè.
Aprì lo sportello della cucina, per prendere le brioche alla marmellata che aveva appena preparato l’elfo cuoco.
«Ragazzi, non ho i cereali!, ma li comprerò». Disse babbo natale, mentre s’alzava da tavola.
Quando i tre ragazzi finirono di fare colazione, misero le tazze e i cucchiai nell’acquaio e dopo, si rimisero a sedere, quando videro Claus entrare dalla porta della cucina.
«Dobbiamo parlare». Disse guardando tutti quanti.
Dopo, si mise a sedere a fianco di suo fratello; nel frattempo li raggiunse anche il suo elfo contabile con il suo tablet.
Erano tutti quanti riuniti attorno a quella tavola, tanto che nella mente del piccolo Henry aveva associato quel tavolo a quello di Re Artù.
Per qualche istante, se ne stettero in silenzio e s’osservarono attentamente l’un l’altro.
C’era qualcosa di magico in quel tavolo e in quella casa; era come se lì, s’atmosfera natalizia fosse molto amplificata.
«Allora, Henry la tua idea di salvare il natale è molto buona, ma come facciamo a far sapere alle persone che devono inviarci le cose che non gli servono più». Chiese a tutti, per cercare una soluzione.
«YouTube, Facebook, Twitter». Disse Daniel, come se fosse scontato che Claus sapessero che cosa fossero.
«Che!». Esclamò Claus.
«A volte mi vergogno di te, fratello». Disse Sulac sorridendo.
«Mi vuoi spiegare cosa sono, invece di prendermi in giro!». Disse Claus.
«Sono i mezzi tecnologici con cui comunicano i ragazzi e anche le persone più adulte. Usando internet». Gli rispose Sulac.
Claus appoggiò i gomiti sul tavolo e subito pensò al computer che aveva nella sua stanza, lo sapeva usare, ma non era un genio, visto che cominciava ad avere una certa età.
Lentamente e con molta pazienza i suoi elfi tecnologici, gli avevano insegnato a usare il computer; nel tempo era riuscito a fare dei passi da gigante, ma era anche consapevole di dover ancora migliorare.
«Potremmo lanciare un messaggio alle televisioni di  tutto il mondo, in contemporanea». Disse Sulac, precisando bene le sue intenzioni.
Claus guardò suo fratello in maniera davvero perplessa.
«Io… nelle televisioni di tutto il mondo…». Disse incredulo all’idea; infatti, babbo natale era un personaggio importante del natale, ma non aveva l’abitudine d’apparire. No, lui era sempre stato quello che moveva i fili da dietro le quinte e questo, rendeva ancora più fascinoso il natale.
«Come?». Chiese Claus al fratello.
«Te lo sei dimenticato che sono a capo del governo mondiale. Mi basterà fare qualche telefonata e potrai parlare a tutto il mondo».
Ora sapevano come fare, Claus avrebbe parlato in diretta a tutto il mondo e poi l’avrebbero condiviso su YouTube.
«Dovrai partire?, per fare questa cosa». Gli chiese Claus.
«No, grazie a Shype posso fare una videochiamata e delegare il mio vice. Nel giro di domani sera, verso le otto, saremmo in grado di mandarti in diretta». Gli rispose Sulac.

Al loro padre cadde di mano la lettera, quando i suoi occhi da prima spaventati, per il fatto di non aver trovato i suoi ragazzi, diventarono tristi, per poi bagnarsi e sfociare in un pianto davvero dirompente e straziante
Si gettò per terra, producendo un rumore forte con l’impatto del pavimento. La loro madre, si sentiva esattamente come il loro padre.
Anche lei si buttò per terra e lentamente, raggiunse il marito e quando si trovò davanti a lui, l’abbracciò e insieme si misero a piangere in un pianto davvero straziante.
«Abbiamo sbagliato». Disse la madre, mentre teneva la testa nell’incavo della spalla del loro padre.
Dopo, si sciolse dall’abbraccio e per qualche istante, lo guardò nell’assoluto silenzio, che veniva interrotto dai loro respiri affannati.
Si continuarono a guardare negli occhi, eppure, nel silenzio si stavano dicendo più parole di quante se ne sarebbero potute dire con la voce.
È proprio questa la magia del silenzio, riuscire a comprendere l’altro senza bisogno delle parole; perché quando vuoi bene a qualcuno riesci a leggerlo come un libro aperto. Ogni sua minima espressione facciale, l’associ sempre a una determinata emozione.
Lì al centro di quella stanza si stavano ritrovando come coppia e non solo come genitori. Per molto tempo erano stati freddi e distaccati, perché la vita li aveva messi di fronte a una cosa molto dura e difficile da superare.
S’alzarono da terra e s’abbracciarono ancora, in una stretta d’amore; finalmente avevano ritrovato se stessi.
«L’abbiamo trattato male, quando lui cercava solo… solo… di fare, sentiva il bisogno di fare del bene agli altri, come se dentro di se cercasse di superare quello che gli è successo aiutando gli altri». Disse la madre, dopo si sciolse dal padre e lui, le passò delicatamente una mano sulla guancia.
«Rimediamo al nostro errore». Gli disse, mentre la guardava intensamente negl’occhi.
«Andiamo anche noi da babbo natale, andiamoli ad aiutare, prendiamoci delle ferie». Le disse.
«Ok!».
«Sarà una vita che non andiamo tutti quanti in vacanza. Questa cosa dei ragazzi mi ha fatto capire una cosa. Non possiamo vivere nel passato. Non possiamo chiederci come sarebbe andata se. Non possiamo incolpare nessuno. Ma dobbiamo vivere, per i nostri tre figli. Abbiamo tre ragazzi meravigliosi».
«Sì».
Il loro padre s’allontanò fino ad arrivare alla sala. Lì, accese il computer.
«Che fai?». Gli chiese la loro madre.
«Compro due biglietti io e te andiamo in Lapponia».
Il loro padre, accese il modem e dopo, andò sul sito della compagnia aerea.
«Merda!». Esclamò.
«Che c’è?». Gli chiese.
«Non ci sono biglietti prenotabili, nemmeno se facciamo più scali. Il primo volo ci sarà tra una settimana, sono tutti prenotati, d’altronde siamo sotto natale e molte persone viaggiano. E nei giorni successivi, ho visto dal meteo che è prevista molta neve, sicché, potrebbero chiudere l’aeroporto».
Il loro padre prenotò lo stesso i biglietti.

Dopo, quando finirono di parlare, Claus, s’alzò dal tavolo e anche i ragazzi fecero altrettanto.
«Venite con me, vi faccio conoscere le mie renne». Gli disse.
Erano tutti emozionati, ma tra tutti e tre, Henry era quello che non vedeva l’ora di conoscere le renne.
Tornarono in camera per indossare il loro giacchetto, anche se fuori c’era il sole, il clima della Lapponia era molto rigido.
Dopo, uscirono dalla loro camera e raggiunsero Claus all’ingresso della casa.
Uscirono di casa e dopo pochi passi, si ritrovarono in una stalla.
Claus aprì la porta e li fece entrare dentro.
«Queste sono le mie renne». Disse Claus ai ragazzi.
Le renne si trovano dentro a un recinto fatto con dei pali di legno, avevano tantissimo spazio per muoversi e sotto gli zoccoli avevano molta paglia.
«Sono bellissime». Disse Henry, con un sorriso. Dopo, s’avvicinò a una renna per poterla accarezzare, ma prima che potesse allungare il braccio, la renna spostò il muso per annusare il suo odore.
«Ma come fanno a far volare la tua slitta?». Gli chiese, Henry incuriosito.
Claus lo guardò e gli sorrise.
«È un segreto!». Esclamò.
«A proposito di slitta, vi piacerebbe farvi il viaggio con me?». Gli chiese.
«Intendi proprio quel viaggio, quello che compi la notte tra il ventiquattro e il venticinque dicembre, se è quello, ci piacerebbe, vero, fratelli?». Gli chiese William.
«Certo». Gli risposero in coro.
«Ma come fai a portare tutti i regali in quel sacco?». Gli chiese ancora Henry.
Claus sorrise ancora.
«Anche questo è un segreto». Ammise.

Durante la mattina Sulac era stato impegnato a organizzare tutto quello che sarebbe servito a Claus per la richiesta televisiva.
Il suo vice fece tutto per lui; una tu troupe rpe televisiva sarebbe arrivata al massimo domani in mattinata.
Aveva passato tutta la mattinata al telefono per far avere subito la possibilità a babbo natale di andare in diretta

Nel pomeriggio i ragazzi, aprirono un canale YouTube, un account facebook e twitter. Per loro, era un gioco da ragazzi fare queste cose, tanto che dopo un’oretta, lavorando tutti insieme, avevano già finito.

Dopo, si proposero di aiutare Claus, ma lui gli disse che potevano andare a fare un giro in città. Gli consigliò perfino le cose più belle da vedere. Così decisero d’uscire, per vedere tutto ciò che gli aveva consigliato Claus.
Ormai, tutto era pronto e andarono a dormire con il pensiero che tutti quanti avevano dato il massimo.

La mattina, quando si svegliarono erano diversi, erano felici e nell’aria c’era un aria di vittoria. Il natale sarebbe stato salvo; era una mattina uguale alle altre, eppure, allo stesso tempo, era diversa.
Si vestirono e dopo, fecero colazione.
Quella mattina non avevano niente da fare, così decisero di aiutare Claus.
Dopo un oretta dalla loro colazione, sentirono suonare il campanello e quando aprirono la porta si trovarono davanti la troupe televisiva.
Erano arrivati con un furgone che conteneva tutti le attrezzature necessarie per fare l’intervista in diretta.
Cominciarono a controllare la casa, per trovare il luogo più adatto per inquadrare Claus.
«Il camino acceso e la poltrona rossa vicina». Disse uno della truppe.
«Sì». Gli rispose, il tecnico della fotografia.
Così si misero all’opera, collegando tutti i cavi, mettendo tutte le luci e quei pannelli bianchi.

Nel pomeriggio, l’elfo che curava lo stile di Claus, gli consigliò di mettersi un vestito con giacca e cravatta.
Si lavò e dopo, il suo elfo gli sistemò i capelli e lo truccò.
Mancava meno di un’ora al suo messaggio in diretta e anche se non lo dava a vedere, era molto agitato.
C’è un trucco quando devi parlare a tante persone, ovvero pensare che quelli che sono davanti a te siano tutti in mutande; sperava solo che questa cosa funzionasse.
Scese in cucina e si fece preparare una tisana rilassante, che in parte riuscì a sciogliere tutta la sua tensione.
Mancava mezzora, all’ora in cui Claus avrebbe fatto la sua comparsa in televisione. Per Claus il tempo stava passando più velocemente del solito.
«Tra dieci minuti in onda». Disse un tecnico.
Il cuore di Claus cominciò a battere all’impazzata. Era già davanti all’inquadratura.
Henry, lasciò la stanza per andare a prendere il cappello rosso e bianco di Claus.
Dopo, Claus si vide arrivare Henry di corsa.
«Dovresti mettere questo». Gli disse con il fiatone e allungò la mano per fargli prendere il cappello.
«Perché?». Gli chiese, dopo averlo preso in mano.
«Sei troppo serio vestito in questo modo. Te, babbo natale, sei una figura magica e divertente». Ammise Henry, con la semplicità di un bambino.
Claus si mise il cappello e gli sorrise.
Henry uscì dall’inquadratura e s’avvicinò ai suoi fratelli.
«Tra cinque minuti, dopo la pubblicità si va in onda. Preparatevi». Disse un tecnico.
«Azione, via». Disse il tecnico.
Claus si trovava davanti al camino, che ogni tanto scoppiettava e grazie alle fiamme, riusciva a cambiare l’illuminazione della stanza.
Mentre si trovava di fronte alla telecamera, la sua paura scomparve.

«Salve alle persone di tutto il mondo, che tu sia un bambino, bambina, ragazzo, ragazza, donna o uomo.
Non sono abituato a parlare a così tanta gente, in genere, preferisco rimanere dietro le quinte; ma questa volta non lo posso fare.
C’è crisi e io mi trovo in difficoltà, le ho provate di tutte, ma niente a funzionato, quando un bambino e i suoi due fratelli, sono venuti qui da me, facendo un viaggio molto lungo, soltanto per aiutarmi.
Io ve li vorrei presentare». Disse e si voltò verso i ragazzi.
Loro lo guardarono in modo perplesso.
«Entrate, venite che aspettate». Gli disse.
«Davvero?». Gli chiesero in coro.
«Certo». I tre ragazzi entrarono nell’inquadratura.
«Ve li voglio presentare, partendo da destra. William il più grande, ha diciotto anni, Daniel ha quindici anni e Henry, l’ideatore del modo per salvare il natale ha solo dieci anni, ma ha un cuore d’oro.
I genitori di questi tre bellissimi ragazzi, dovrebbero essere fieri di loro.
Ora veniamo al dunque, ho bisogno che voi mi inviate gli oggetti che non vi servono o che non usate, altrimenti, quest’anno potrebbe saltare il natale.
Vi prego…». Disse e guardò fisso nella telecamera.
«Inviatemeli, ve lo dico con il cuore in mano. Questa crisi mi sta strozzando». Dopo qualche secondo, i suoi occhi s’icominciarono a velare dalle lacrime e quando gliene scese qualcuna, se le tolse con le mani.
«Scusate per le lacrime, ma io lo sento il natale. Non è solo un lavoro, ma è una missione di vita. Vi prego, vi sto parlando con le mani sul cuore, inviatemi i regali che non usate o che non vi servono.
Non fatelo per me, no, fatelo per tutti quelli che hanno bisogno di sorridere, perché la crisi gli ha portato via tutto.
Ciao, cioè arrivederci, buona serata e buona cena».

C’è l’aveva fatta, aveva parlato a tutto il mondo, ora era sereno. Ora sarebbe stata una strada in discesa. Sarebbe andato a dormire senza il peso che in tutti questi giorni, teneva sul suo cuore.
Si voltò verso i ragazzi e li abbracciò stretti a se, quasi come se fossero i suoi figli.
Il natale non era più un illusione, ora il suo sogno s’era avverato.

Dopo, la troupe tecnica consegnò il video della diretta di Claus ai ragazzi e con l’aggiunta di altre registrazioni degli elfi che lavoravano e della vita quotidiana di Claus, avrebbero montato il video per poi caricarlo sul canale ufficiale di babbo natale. 

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