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sabato 20 dicembre 2014

IT'S CHRISTMAS TIME PARTE 2: UN MESSAGGIO #7

DISCLAIMER:
È assolutamente vietato copiare il contenuto dei post incentrati sulle mie storie. Tuttavia potete copiare la sinossi e condividere sui vostri blog la data d'uscita dei capitoli successivi.

Per leggere i capitoli della prima parte, clicca qui.

Per leggere il sesto capitolo di It's christmas time parte 2, clicca qui.

"Ecco il settimo capitolo, buona lettura.  S'avvicina natale che bello!, anche voi non vedete l'ora che arrivi il 25. Vi do un'anteprima: il capitolo 8 parlerà del giorno di natale.
ATTENZIONE!: la mattina di natale insieme al post degli auguri, vi posterò anche un'anteprima del capitolo otto.
SE TI E' PIACIUTA QUESTA STORIA, CONDIVIDILA, PER FARLA CONOSCERE ANCHE AI TUOI AMICI.
Fatemi sapere se vi piace questa storia, se avete da criticare, fatelo pure, perché le critiche sono costruttive. Mi piacerebbe ricevere un vostro giudizio. Grazie per aver letto questa storia. Non perdete l'OTTAVO CAPITOLO, IL 25 DICEMBRE ORE 21:00"

CAPITOLO 7: UN MESSAGGIO

Finalmente era arrivata la sera; erano le sette e tra un’ora, sarebbero andati a tavola. Mentre i ragazzi addobbavano la casa, l’elfo cuoco s’era messo a cucinare, una cena a base di rosbif, patate e insalata.
Henry e Neal si trovavano affacciati alla finestra e guardavano tutti quegli alberi illuminati, li contemplavano e venivano risucchiati dalla magia del natale.
Dopo, tutti i ragazzi andarono alla finestra e si misero a osservare quello che avevano fatto.
Alla fine, quando venne buio, s’accorsero che il presepe di neve non si vedeva e per questo, decisero di metterci attorno delle lucine bianche. Al buio, quelle luci, permettevano di valorizzare ancor di più quel presepe.
«Ciao zio». Disse Clary a Sulac.
«Ciao». Le rispose dopo essersi tolto il giacchetto, era appena rientrato dall’acquisto delle materie prime.
«Bel lavoro!. Mi piace come avete addobbato, ancora meglio dell’anno scorso». Esclamò Sulac con un sorriso.
«Zio, perché continuiamo a costruire le cose, visto che la crisi è diminuita?». Gli chiese Clary.
«Costruire le cose è diventata una filosofia di vita e anche un modo per non gravare sull’ambiente ed essere ecologici». Le rispose, spiegandole la filosofia che si nascondeva dietro la costruzione dei regali.
Il tempo passava, erano ormai le otto, così decisero d’andare a mangiare quello che gli aveva preparato l’elfo cuoco. Tutto il cibo era davvero squisito. Se ci fosse stato, altro magro o patate, avrebbero fatto volentieri il bis.
Incominciarono a parlare del più e del meno, mentre aspettavano il dolce. Mentre gli altri stavano parlando, Henry se ne stava in silenzio, per  riflettere dentro di se; c’era qualcosa che non gli tornava.
«Claus, non lo vediamo da ieri sera, forse ci dobbiamo preoccupare». Disse Henry e tutti quanti rimasero di stucco. Si girarono e guardarono in faccia Henry; come avevano fatto a non accorgesi dell’assenza di Claus.
In quell’istante, gli si gelò il sangue nelle vene e il loro respiro diventò sempre più affannato. Gli bastò solo un attimo, perché gli passasse nelle loro menti le immagini di Claus sorridente.
Semplicemente, erano stati troppo impegnati nel preparare il natale. In quel momento, erano solo arrabbiati con se stessi.
Continuarono a guardarsi in faccia, rimanendo in silenzio; non avevano voglia di parlarsi, ma prima o poi, l’avrebbero dovuto fare.
Dentro di loro, si sentivano colpevoli per non aver capito la sofferenza che provava Claus.
Avevano perso Claus; un natale senza di lui, sarebbe stato come se la ciurma di capitano Uncino, avesse perso il suo capitano.
Certo, il natale sarebbe andato avanti, tutti i preparativi sarebbero continuati, ma non sarebbe stata la stessa cosa; Claus non mandava avanti da solo il natale, ma era aiutato da tante persone.
Claus rappresentava lo spirito del natale e senza di lui, questo natale sarebbe stato diverso, privo d’emozioni e di gioia.
«Perché?». Gridò Clary. La sua espressione facciale, cambiò nel giro di pochi secondi. Quegli occhi grandi e splendenti, erano diventati molto tristi. Non era giusto che provasse dentro di se quella sofferenza, non se lo meritava.
William, la guardava e non poteva far niente contro la sua sofferenza; in quel preciso istante, si sentì inutile, non voleva che lei fosse triste, perché gli voleva bene.
Gli occhi di Clary diventarono lucidi in pochi secondi, era lì, di fronte a tutti e cercava di controllarsi e quando non ce la fece più, s’alzò dalla sedia facendola strusciare per terra e scappò via.
Ma per quanto provasse a scappare, non poteva fingere che Claus non fosse tornato a casa.
William, l’osservava mentre scappava; riusciva a sentire lo stesso dolore che provava lei. Così, s’alzò dalla sedia e corse fino alla camera di lei. Corse per le scale, così veloce, che quando arrivò di fronte alla camera di lei, aveva il fiatone. Di una cosa era sicuro: non l’avrebbe lasciata sola e lui ci sarebbe sempre stato per lei.
Quando aprì la porta, la trovò sul letto in posizione fetale, aveva portato le gambe all’altezza della pancia e se le stringeva con le braccia, come per proteggersi da tutta quella sofferenza che provava.
William entrò dentro la stanza, s’avvicinò al letto e si sdraiò dietro di lei. L’abbracciò stretta a se, facendo aderire il suo corpo con quello di lei.
Non le disse niente, cosa poteva dirle; a volte il silenzio è più importante delle parole.
Cosa doveva dirle, che sarebbe andato tutto bene, quando non sapevano nemmeno, per quale motivo non era ritornato a casa. Anche William era triste e spaventato, ma doveva essere forte per lei.
Per diversi minuti, lei continuò singhiozzare fino a quando si calmò, lì, tra le braccia di William.

In cucina, dopo un momento in cui stettero in un silenzio assoluto, iniziarono a parlare. Non avevano mangiato neppure il dolce, quella notizia li aveva turbati troppo.
«Sono preoccupato». Disse Henry e tutti quanti lo osservarono.
«Per cosa?». Gli chiese Sulac.
«Non può essere una coincidenza il fatto che Claus sia sparito e che io  ho avuto delle strane sensazioni su di lui?». Disse ancora Henry.
Solo ora, Henry aveva capito le sue strane sensazioni che sentiva su Claus.
“Perché l’ho capito solo adesso?”, si chiese nella sua mente. In quel momento era sia arrabbiato che triste.
«È tutta colpa mia, avevo avuto delle strane sensazioni su Claus. È tutto il mese che ho queste sensazioni, dovevo capire, come l’altra volta». Disse gridando e poi, chiuse le dita della mano in un pugno e lo tirò sul tavolo. Tutti quanti si misero a guardarlo, dovevano stare attenti alle parole che gli avrebbero detto, non potevano rischiare di ferirlo e di farlo sentire più in colpa.
«No, non è colpa tua». Gli disse suo padre, mentre lo guardava intensamente negli occhi.
«Henry non sentirti in colpa». Gli disse Sulac, ribadì ancora per cercare di convincerlo.
Henry alzò gli occhi e li guardò entrambi con uno sguardo terrificante, arrabbiato e triste.
S’alzò da tavola e il suo sguardo si perse nel vuoto, incantato da un sentimento di dolore che nasceva nel suo cuore. Poi, voltò la testa e si mise a osservare il posto a tavola di Claus: era vuoto, esattamente come il suo cuore.
Gli mancava terribilmente Claus, non solo perché lui rappresentava il natale, ma anche perché era l’unico che riusciva a capirlo con un solo sguardo.
I suoi occhi s’inumidirono, erano sempre più lucidi a ogni secondo che passava, non riusciva più a trattenere le lacrime. Abbassò la testa e tirò  un altro pugno sul tavolo, così forte che fece tremare tutti i piatti.
Lentamente, le lacrime gli cominciarono a rigare la faccia, per poi scendere e cadere nel piatto che aveva sotto di se.
Tutti quanti lo guardarono in silenzio per pochi secondi.
«Henry, anche se ci conosciamo da poco, non ti devi sempre prendere la colpa di tutto. Non è colpa tua se Claus se ne andato e poi, stasera non è tornato. Non è giusto che tu ti senta in colpa. Sai, mio padre mi ha raccontato come ti sentivi per Neal, il senso di colpa che provavi e che portavi dentro di te. Ma non fare così, non sentirti in colpa». Gli disse  Gabriel.
Henry alzò la testa, fino a incontrare gli occhi di Gabriel, smise di singhiozzare, ma i suoi occhi erano spenti e privi di qualsiasi emozioni.
«Mi manca Claus, mio nonno». Disse Henry, rincominciando a  singhiozzare.
«Manca a tutti». Dissero in coro, tutti quanti. In quell’istante, Henry fu felice di avere una bellissima famiglia.
Dopo, s’alzarono dalla sedia e gli andarono vicino per abbracciarlo. Tutto quel calore e quell’amore, fece sentire Henry meno solo e meno triste.
Gli misero nel ghiaccio sulla mano e gli curarono la ferita. Era passata un’altra ora e ancora, Claus non si vedeva.
«Non possiamo più aspettare, dobbiamo andare a denunciare la sua scomparsa». Disse Sulac.
La Befana, Henry, Sulac e Gabriel sarebbero andati a denunciare la scomparsa di Claus.
Così, andarono nelle loro camere per indossare la giacca, il cappello, la sciarpa e i guanti.
Dopo, uscirono dalle loro camere, per ritornare davanti alla porta d’ingresso. Uscirono di casa e s’avviarono fino al garage, per salire in macchina.
Sulac si mise alla guida; il tempo sembrava non passare mai e la strada sembrava infinita.
«Forse, non avrei mai dovuto dire a Claus che era mio nonno». Disse Henry a tutti quanti.
Sulac guardò Henry dallo specchietto retrovisore.
«No, hai fatto bene a dirglielo, sono sicuro che questa cosa, anche se la scosso, l’ha reso molto felice. Anche se non me l’ha mai detto, io credo, che in cuor suo lo sperava, che foste parenti. Ti vuole molto bene e mio fratello in genere, non si affeziona così tanto alle persone». Gli disse Sulac, mentre guidava.
«Gli voglio bene anch’io». Disse Henry con un sorriso.
Così, dopo una ventina di minuti arrivarono davanti al commissariato, Sulac, parcheggiò la macchina e dopo, uscirono. Erano tesi e preoccupati. In cielo c’era una luna, bella e splendente.
Entrarono dentro al commissariato e quando li chiamarono, entrarono dentro. Un poliziotto, li attendeva dietro una scrivania.
«Lei è il… è proprio lei». Disse il poliziotto.
«Sì, sono io». Gli rispose Sulac.
Il poliziotto s’alzò per stringerli la mano.
«Vogliamo denunciare la scomparsa di Claus?». Gli disse Gabriel.
«Davvero, babbo natale è scomparso?». Gli chiese il poliziotto, con un’aria incredula.
«Sì, non stiamo scherzando». Ribadì  Gabriel.
«Da quanto?». Gli chiese il poliziotto.
«Da ieri sera, intorno alle dieci». Gli rispose Sulac.
«Cos’è successo?». Chiese ancora il poliziotto, mentre stava cominciando ad annotare tutte le risposte che gli stavano dando.
«Ha scoperto, che la sua famiglia e la nostra sono imparentate, lui è il padre di mio padre,  mio nonno». Gli disse Henry.
«Ma te sei il bambino, che l’anno scorso, ha salvato il natale?». Gli chiese.
«Sì». Gli rispose Henry.
«Stamattina, abbiamo trovato un biglietto sul tavolo in cui ci ha scritto che aveva bisogno di tempo per riflettere, per quello che era venuto a sapere. Ma, mio fratello sarebbe andato nel bosco a fare una passeggiata, fa sempre così quando è triste o pensieroso, ma torna sempre dopo qualche ora». Disse Sulac.

Così denunciarono la scomparsa di Claus. Al primo sorgere del sole, avrebbero mandato una squadra speciale per controllare se si fosse fatto del male in montagna.  Questa era la loro unica spiegazione, era caduto, magari si era fatto male e non poteva muoversi. La notte in Lapponia era molto fredda e speravano tanto che si trovasse in un posto riparato dal freddo, come una grotta.
Nel viaggio di ritorno, stettero in silenzio, non avevano niente da dirsi.
Gli bastava chiudere gli occhi per vedere la faccia sorridente di Claus, in quel momento, gli mancava come l’aria che respiravano.
Quando arrivarono a casa, Sulac, parcheggiò la macchina in garage. La temperatura esterna era sempre più fredda; avevano davvero paura che il freddo fosse fatale per la vita di Claus.
Entrarono in casa e andarono subito a dormire. Henry entrò in camera e dopo essersi messo il pigiama, si mise nel letto. C’era un letto vuoto, William era rimasto a dormire con Clary.
Era una notte diversa da tutte le altre; mentre, per tutti quanti, era una notte come le altre.
Tutti quanti si rigiravano nel letto, nessuno di loro riusciva a dormire. Allora, provarono ad addormentarsi verso il loro lato preferito, chiudevano gli occhi e provavano a svuotare la mente da ogni pensiero. Ma quando dentro di te hai un pensiero, come quello che avevano loro, non riuscirai mai ad addormentarti. Non appena chiudevano gli occhi, gli veniva in mente Claus, solo e al freddo, quando loro erano al caldo delle coperte.
Si rigiravano e poi, quando guardavano la sveglia, s’accorgevano che il tempo non passava mai. L’una…, le due…, le tre… e le quattro….
Così stanchi di rigirarsi nel letto, decisero d’alzarsi e di raggiungere il salotto; c’erano tutti tranne Henry, che dormiva profondamente nel suo letto.
Erano le quattro del mattino e di li a poco avrebbero iniziato le ricerche di Claus. Sulac teneva il cellulare acceso, nella speranza di ricevere dei messaggi positivi.
Passarono così alcune ore e dopo, un po’ arrivò un messaggio a Sulac.

“Ricerche iniziate”.

«Hanno appena iniziato le ricerche». Disse Sulac a tutti.
«Speriamo». Disse Clary.
«Vedrei andrà tutto bene». Le rispose William e dopo, le prese una mano per stringergliela tra le sue.
Erano lì in salotto e attendevano delle notizie, che sarebbero arrivate alla fine della giornata; tutti quanti non vedevano l’ora di riabbracciare Claus.
Trascorsero il resto della giornata continuando a preparare il natale; perché anche senza Claus, questa festa doveva andare avanti, per consegnare i regali il venticinque dicembre.

Henry continuò a dormire come se niente fosse e a differenza degli altri, non aveva avuto problemi ad addormentarsi.
Così, dopo essersi messo a letto, si coprì con le coperte fin sopra la testa, come per voler lasciare fuori i brutti pensieri su Claus.
Chiuse gli occhi e dopo qualche minuto, il sonno prese il sopravvento su di lui. Lì, nel suo sonno, era sereno, nonostante fosse a pezzi per la scomparsa di Claus.

“All’improvviso venne catapultato in un sogno; queste cose gli accadevano  e non le poteva impedire.
Si trovava in una casa che non conosceva e non sapeva nemmeno dove si trovava; in quel preciso istante, non capiva perché stava sognando quel luogo.
Si mise a camminare e a esplorare quella casa; lui camminava, ma nessuno lo vedeva.
Era una casa vecchia, tuttavia, era molto carina e graziosa. Allo stesso tempo, era molto inquietante, c’era troppo silenzio. Il silenzio è molto bello, ma qualche volta, può essere molto spaventoso.
Continuò così a camminare e visitò tutte le stanze di quella casa, erano davvero molto belle, però qualcosa lo mise in allarme.
Per quanto quelle stanze fossero graziose, aveva l’impressione che quella casa fosse abbandonata, perché c’era un odore di rinchiuso e su alcuni oggetti, c’era moltissima polvere.
Queste cose lo misero in allarme, tanto che ora, aveva quasi paura di girare per quelle stanze; ma il suo, era soltanto un sogno e non gli sarebbe potuto accadere niente di male.
Finalmente arrivò all’ultima stanza e si trovò di fronte a una porta, bianca e chiusa. Appoggiò una mano sulla maniglia, la tirò giù, ma s’accorse che era chiusa a chiave. Chiunque si sarebbe arreso, ma non lui.
Henry era sempre stato un bambino curioso, per questo s’abbassò per guardare dal buco della serratura, vide una stanza come le altre, bella ma molto polverosa, poco illuminata e quasi al buio.
Si mise a osservare meglio quella stanza e s’accorse che in fondo c’era qualcuno a sedere, era troppo buio per distinguere quella persona.
Dopo, nonostante la porta fosse chiusa, si ritrovò dentro quella stanza. Così, s’addentrò dentro quella stanza e s’accorse che quella persona in fondo alla stanza era Claus.
Lui stava sognando quello che stava accadendo a Claus, non poteva fare niente per aiutarlo e nemmeno poteva parlargli.
Lo vide, lì, solo, sembrava davvero triste. Avrebbe fatto di tutto per farlo sorridere, ma, aimè, non poteva far niente.
Era legato e non si poteva muovere, i suoi vestiti erano tutti sporchi di nero e strappati in qualche punto.
“Mi mancate così tanto!”. Pensò Claus nella sua mente e dopo, chiuse gli occhi.
“Non so cosa darei per dire a Henry che sono felice di essere suo nonno. Che è un onore essere il nonno di quel bambino, così altruista e che ha fatto di tutto per salvare il natale.
Voglio solo stargli vicino e consolarlo quando è triste, visto che sono l’unico che lo capisco. Per me, è come un figlio e lo voglio vedere crescere; invece, sono bloccato qui e non so se lo rivedrò ancora.
Ma, aimè sono stato scemo, mi sono rinchiuso in camera, all’inizio quella notizia mi ha sconvolto, ma poi, dopo aver riflettuto, ho capito che era una bella cosa”. Quando smise di pensare, dai suoi occhi cominciarono a scendere delle lacrime silenziose e anche Henry si commosse sentendo quelle parole.
Avrebbe voluto andargli vicino, abbracciarlo e parlargli per digli che gli voleva bene; ma non poteva fare niente di tutto questo.
Era in un sogno, non era la realtà, anche se in realtà, quello che vedeva stava accadendo veramente”.

Henry si svegliò nel tardo pomeriggio, aveva davvero tanto sonno; ma non uscì dalla sua camera, aveva bisogno di stare solo. Era triste, gli mancava Claus; quando pensava a lui, lo vedeva lontano e solo in quella stanza fredda. Gli bastava pensare un secondo a Claus, perché gli venissero le lacrime agli occhi.
Anche questa volta, il suo sogno era stato inutile, perché non sapeva dove si trovasse quella casa; per questo, c’è l’aveva con se stesso.
Era arrabbiato con se stesso e per questo, avrebbe voluto rompere tutto e tirare pugni ovunque.
Aveva passato tutto il giorno a navigare su internet, non aveva voglia di fare niente, quando in realtà, avrebbe dovuto aiutare gli elfi e tutti gli altri a preparare il natale.
Dovunque andasse, ovunque sito in cui navigasse, c’era sempre qualcuno che parlava di Claus.
La pagina facebook di Claus, era invasa di domande delle persone che chiedevano informazioni su di lui, ma Henry, non gli voleva e non si sentiva pronto per rispondergli. Nemmeno lui sapeva la risposta alla domanda “Claus è tornato?”; la sua unica domanda, quella che si ripeteva da qualche ora, “dove si trova quella casa, in cui Claus viene tenuto prigioniero!”.
Per sgracchiare le gambe, s’alzò dalla sedia, che stava davanti al computer.
Aprì la porta e davanti a se, trovò dei panini, un dolcetto e un bicchiere di latte, così li prese e dopo, la richiuse.
Si mise a sedere e incominciò a mangiare; non ci vedeva più dalla fame.

Mentre Henry era a dormire, tutta la sua famiglia era impegnata a preparare il natale. C’era chi impacchettava i regali e poi, ci scriveva l’indirizzo.
C’erano ancora degli elfi che creavano i regali con le materie prime. Addirittura, arrivavano perfino le ultime lettere di tutte le persone che gli chiedevano i regali all’ultimo minuto; in qualche modo, dovevano accontentare anche loro.
La Befana era impegnata ad accogliere i furgoni, che le consegnavano tutte le cose che venivano donate dalle persone. Anche quest’anno, le persone si erano rivelate molto generose, tantissimi regali riciclati, avrebbero ripreso vita nelle mani di altre persone; in questo modo, niente veniva sprecato.
Alcuni elfi meccanici, controllavano la slitta; doveva essere tutto apposto. Con quella slitta, ci dovevano volare e fare il giro del mondo e per questo, non ci dovevano essere problemi.
Sulac era lì, con gli elfi meccanici, a controllare la slitta, perché era incuriosito molto da questo mezzo di trasporto, visto che era appassionato di motori.
Anche senza Claus, il natale andava avanti, perché anche lui avrebbe voluto così. Erano tristi e ogni tanto, tutti quanti andavano a chiedere a Sulac se c’erano novità e ogni volta, lui gli rispondeva che non avevano ancora trovato Claus.
Avevano impiegato più squadre per la ricerca, ma per ora, non lo avevano ancora trovato e non avevano trovato nemmeno delle tracce di lui, come i suoi oggetti, i suoi vestiti o delle impronte di scarpe.
Quando gli sarebbe piaciuto a Sulac, rispondere a quella domanda che gli facevano tutti quanti, almeno ogni ora: “sì, l’hanno trovato”.
Invece, ogni volta doveva sempre rispondere che non c’erano novità e che non l’avevano ancora trovato e ogni volta, si sentiva morire dentro. Senza suo fratello, si sentiva perso, come se  gli avesse portato via una parte di se.

Per l’ora di cena, Henry decise di uscire dalla camera, per andare a cenare. Quando raggiunse la cucina, trovò tutti quanti lì, intenti a cucinare e ad apparecchiare, tranne Neal, che era nel salotto a guardare la televisione.
Sulac prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, compose un numero che aveva scritto su un pezzo di carta e poi, si portò il cellulare all’orecchio. Il telefono dall’altra parte aveva incominciato a suonare.
Tutti quanti l’osservavano in silenzio, attendevano quella telefonata da tutto il giorno.
«Pronto sono Sulac, l’avete trovato?». Gli chiese.
«No, non ci sono nemmeno delle tracce che sia stato lì. Continueremo a cercare domani, ma dobbiamo incominciare a considerare altre piste». Gli disse il poliziotto e poi, chiuse la chiamata. Sulac si rimise il cellulare nella tasca dei pantaloni e dopo, guardò uno per uno tutti i suoi familiari, nei loro occhi c’era la speranza di ricevere una buona notizia.
Sulac chiuse gli occhi per qualche secondo; in quell’istante, nella sua mente riusciva a vedere l’immagine di Claus che gli sorrideva. E più vedeva quell’immagine e più si sentiva morire dentro. Era solo un sogno della sua immaginazione e una volta aperti gli occhi, svanì tutto quanto.
«Non l’hanno trovato». Disse amareggiato.
Tutti quanti erano amareggiati; si erano visti sfumare la possibilità di passare un natale insieme a Claus.
Dopo dieci minuti, quando fu pronta la cena si misero tutti a tavola. L’elfo cuoco s’era dato da fare per preparare una cena davvero speciale, per fargli dimenticare della scomparsa di Claus. Per quanto il cibo fosse squisito, il boccone da buttare giù restava sempre amaro.
Non parlarono per niente, quando, nelle altre sere, erano abituati a discutere su ogni argomento. Era un silenzio spaventoso.
In quel tavolo c’era un posto vuoto, una sedia vuota, come il vuoto che sentivano dentro i loro cuori; mancava Claus a sedere a capotavola.
Mentre mangiavano, guardavano la televisione e a quell’ora, c’era il telegiornale che parlava interamente della scomparsa di Claus.
Le uniche parole erano quelle del giornalista.

“Claus è scomparso da più di ventiquttr’ore. Non si hanno più notizie di lui, non sappiamo il motivo, ma da fonti quasi certe, sappiamo che ha saputo qualcosa che lo ha turbato e per questo, se ne andato di casa lasciando un biglietto alla famiglia.
Squadre di ricerche lo stanno cercando in montagna, ma non l’hanno ancora trovato. Hanno interrotto le ricerche a causa del buio, ma riprenderanno alle prime luci dell’alba.
Stanno vagliando altre ipotesi, al prossimo telegiornale per i prossimi aggiornamenti”.

Henry prese il telecomando della televisione, per cambiare canale; non voleva sentire parlare di Claus. Tutti i canali non facevano altro che parlare della scomparsa di Claus; non potevano scampare a questa notizia.
«È tutta la mattina che ne parlano». Disse Neal.
«Anche la rete è intasata, la gente ne parla. La pagina facebook di Claus è piena di messaggi, di persone che sono davvero preoccupate per lui». Disse Henry, da quando si era svegliato aveva passato tutto il tempo a sentire notiziari e a navigare su internet; ma dovunque andasse, sentiva sempre parlare di Claus e allora, gli riveniva in mente Claus prigioniero in quella stanza.

“Claus dove sei?”.
“Claus dove sei andato?”.
“Come faremo a festeggiare il natale senza di te!”.
“Chi ci porterà i regali?”.
“Torna a casa, qualunque cosa ti sia successa. Non c’importa del natale, vogliamo solo che tu stia bene”.

Queste erano le cose che le persone scrivevano sulla pagina facebook di Claus. Continuavano ad arrivare messaggi ogni secondo.

Quando finirono di mangiare la cena squisita che gli aveva preparato l’elfo domestico, erano davvero sazi.
Tutti quanti, dopo aver mangiato una fetta di dolce, andarono in salotto a guardare un film, tranne Henry che era rimasto a sedere per mangiare la mela.
«Non vai con gli altri?». Gli chiese Sulac.
Henry finì di masticare il boccone di mela che aveva in bocca e poi, alzò la testa verso Sulac.
«No, ti aiuto a sistemare la cucina». Gli disse e dopo, attaccò un altro morso alla mela.
«Va bene». Gli rispose Sulac.
Sulac incominciò a prendere i piatti, le posate e i bicchieri che si trovavano sul tavolo, per portarsele vicino all’acquaio.
Dopo,  sciacquò tutto quanto sotto l’acqua corrente e mise tutto quanto sul bancone della cucina, che si trovava accanto al lavello.
Nella buca dell’acquaio mise acqua calda e sapone e dopo, incominciò a lavare.
Quando Henry finì di mangiare la mela, s’alzò dal tavolo per andare a sciacquare i piatti.
Così, si mise ad aiutarlo.
«Perché, sei strano e silenzioso?». Gli chiese Sulac, mentre continuava a lavare i piatti, i bicchieri e le posate.
«Perché hai passato tutto il giorno nella tua camera?». Gli chiese ancora e dopo, si voltò per guardarlo negli occhi.
Henry smise di sciacquare i piatti e mise l’ultimo, quello che aveva ancora in mano, sullo scola piatti.
Guardò in faccia Sulac e un attimo dopo, abbassò lo sguardo verso il basso.
«Ho sognato Claus, non so se sia una cosa che è successa veramente, ma io l’ho visto». Gli disse Henry e in quel preciso instante, rivide nella sua mente l’immagine di Claus.
«Che cosa?». Esclamò Sulac e subito dopo, chiuse la cannella dell’acqua.
«Dov’era?, stava bene?». Gli chiese tutto d’un fiato. Il respiro di Sulac diventò affannato.
«Non so se quello che ho sognato era vero, ma se lo fosse stato, stava bene, ma non benissimo.
Nel mio sogno non era scappato, per aver ricevuto la notizia che è mio nonno.
Cioè non lo so se sia scappato per questo, ma quello che so è che l’hanno rapito, si trovava in una stanza, al buio, legato e con i vestiti tutti sporchi.
Non so dove si trova questa casa, ma mi ha colpito una cosa, aveva degli oggetti molto eleganti e belli, ma sopra avevano tanta polvere. Aveva anche tante stanze e due piani». Gli disse cercando di ricordare il sogno che aveva fatto la notte scorsa.
«Una casa abbandonata». Concluse Sulac.

Sulac non perse tempo e prese il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni, per chiamare l’agente di polizia, che s’occupava del caso della scomparsa di Claus.
Sperava soltanto che gli credesse alla storia che gli avrebbe raccontato di li a poco, perché perfino per lui, era difficile credere al fatto che Henry riusciva a sognare cose che accadevano realmente.
Il telefono del poliziotto cominciò a squillare.
«Pronto sono Sulac, mi dispiace per l’ora e spero di non averla svegliata, ma le devo dire una cosa importante.
È una cosa strana, ma mi deve credere, senza pregiudizi». Gli disse Sulac.
«Non mi ha svegliato, mi dica pure». Disse il poliziotto.
Sulac raccontò al poliziotto tutta la storia che gli aveva raccontato Henry.
«Le credo, era su tutti i giornali, Henry aveva sognato che Claus aveva dei problemi economici.
Incominceremo a valutare questa pista». Gli disse e chiuse la chiamata.
«Grazie». Disse Sulac  a Henry.
Henry si voltò verso Sulac e gli sorrise.
Quando finirono di sistemare tutta la cucina, raggiunsero gli altri in salotto.
Sulac raccontò a tutti del sogno di Henry e della possibilità che Claus fosse stato rapito. 
Per quanto fosse ancora più triste accettare questa verità, ora sapevano come erano andate le cose. Avevano ancora più paura che succedesse qualcosa a Claus.
«A questo punto, credo che Henry deve diventare l’erede momentaneo di Claus, Che ne dite?». Chiese Gabriel a tutti quanti.
«Credo che sia giusto, lui avrebbe scelto te». Disse William.
«Lui ha sempre visto in te, il suo successore». Disse Clary.

Dopo aver finito di vedere il film andarono a dormire, erano veramente stanchi, perché dalla mattina alla sera, non facevano altro che preparare il natale.
Così, dopo essersi lavati i denti e messi il pigiama, andarono subito a letto.
«Non vedo l’ora che lo ritrovino». Disse Henry con un sospiro.
Tutti i suoi fratelli lo guardarono e s’accorsero delle sua strana espressione del viso, sembrava davvero molto triste.
«Vedrai lo ritroveranno presto, si sarà sperso nel bosco, oppure hai ragione te e…». William fu interrotto da Henry e non gli permise di continuare a parlargli.
Henry si voltò verso William e gli fece di no con la testa.
«No...». Disse Henry.
«Come no?, lo ritroveranno, forse hai ragione te, forse è stato rapito». Gli disse ancora William.
«Io l’ho sognato e sembrava che l’avessero rapito, era sporco e aveva paura». Disse Henry, senza pensare che quelle parole avrebbero potuto far riaffiorare alla mente del piccolo Neal, quello che aveva dovuto affrontare un anno fa.
Neal guardò in faccia Henry e in quel preciso istante, gli passò davanti agli occhi, tutto quello che aveva dovuto passare quando era stato rapito. Vide tutto, come se stesse vedendo una scena d’un film.
Anche Daniel e William rabbrividirono, perché sapevano che quello che sognava Henry, molte volte, era la verità.
Non appena misero la testa sul cuscino e si coprirono andarono subito nel mondo dei sogni; tranne Neal, non riusciva a dormire, non riusciva a chiudere gli occhi.
Come li richiudeva, rivedeva nella sua mente il volto dei suoi rapitori. Così, preso dal panico, piangeva senza farsi sentire, nel silenzio della notte.
Si svegliarono molto presto, alle prime luci del mattino, quando il cielo era ancora scuro e il sole cominciava a dare il cambio alla luna.
Quella mattina si svegliarono tutti insieme e si ritrovarono subito in cucina; avevano ancora tanto fa fare.
L’elfo cuoco aveva già preparato la colazione per tutti.
Si misero tutti a sedere, tranne Sulac che rimase in piedi.
All’improvviso, squillò un cellulare e tutti quanti si voltarono verso quel suono.
A Sulac era arrivato un messaggio, così, prese in mano il cellulare e toccando con il dito sullo schermo, lo poté leggere.
Tutti quanti lo guardavano, mentre leggeva; erano curiosi di scoprire chi gli aveva scritto. Quando lui finì di leggere, alzò il volto fino a incontrare gli occhi di tutti quanti.
L’espressione di Sulac era qualcosa di indescrivibile. Era molto spaventato e per questo, gli incominciarono a tremare le mani. Tutti quanti lo guardavano e non riuscivano a capire che cosa gli stesse succedendo.
Per questo, non riusciva a tenere fermo il cellulare, che in quel momento stava tremando insieme alla sua mano.
«Che c’è?». Gli chiese Henry; era molto preoccupato per lui.
All’improvviso il cellulare gli cadde dalle mani e quando rimbalzò sul tappeto, produsse un rumore che fece spaventare tutti quanti.
Dopo, Sulac s’inginocchiò per terra, cadendo come il suo cellulare. Si portò le mani sulla faccia.
«Zio!, che cos’è successo?». Gli chiese Clary.
Lui non le rispose, ma prese il cellulare da terra e lo alzò verso di loro e Gabriel lo prese in mano e lesse quel messaggio. Per qualche istante, rimase stralunato da quelle parole, non ci poteva credere, non potevano essere vere, dovevano essere uno scherzo di cattivo gusto; ma, se invece, fossero state vere, quale sarebbe stata la cosa giusta da fare?.
«Che cosa c’è?». Chiese ancora Henry.
«Il messaggio dice che dobbiamo fermare il natale, per riavere Claus». Disse Gabriel a tutti quanti.
«Allora l’ho sognato davvero Claus». Disse Henry.
«Sì». Gli rispose Sulac, mentre stava ancora a terra e quando alzò lo sguardo verso Henry, i suoi occhi erano leggermente lucidi.

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